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Genova per loro

di Roberto Fedi
  Bogdanov
Data di pubblicazione su web 14/10/2010  

Noi non siamo di quelli che di fronte all’incredibile vicenda dei ‘tifosi’ (buona questa) serbi e a tale Ivan Bogdanov che, passamontagna e maglia nera con il teschio, sfasciava uno spicchio di stadio di Genova, urlavano «uccideteli». Vabbè che a Genova la polizia ha una certa tradizione, ma insomma.

 

Però martedì sera, Rai Uno prima serata, vedendo un paio di centinaia di delinquenti capitanati dal suddetto e pluritatuato Ivan (una star, ormai) e la polizia che li lasciava fare mentre smontavano lo stadio, o almeno una sua parte, e lanciavano sassi, fumogeni, mortaretti et alia in campo, nel caos più assoluto, beh ci siamo indignati. Inutile ribadire che se il sottoscritto con una decina di nostri lettori andasse a fare un po’ di casino a Belgrado, forse non torneremmo vivi. Non si vuole il sangue. Ma nemmeno, accidenti, che una città come Genova sia messa a ferro e fuoco impunemente da un plotone di serbi militarizzati, senza che nessuno o quasi intervenga. Mah. Due pesi e due misure, evidentemente, rispetto a una certa Genova di qualche anno fa.

 

Ma qui ci preme osservare come la Tv ha affrontato l’evento, indubbiamente d’emergenza e insolito. Come sempre, spreco di gente: due a commentare la partita (Gentili & Dossena), uno a bordo campo di cui non ricordiamo il nome, e un altro duo (Mazzocchi & Collovati) su un’altra postazione dello stadio. Non si è mai capito perché, dove al massimo ma proprio al massimo c’è bisogno di due, alla Rai ce ne infilino cinque, ma lasciamo perdere.

 

I poveretti erano del tutto impreparati a quello che stava succedendo. Appena passabili, ma proprio appena, quando si tratta di valutare un fuorigioco, erano drammaticamente senza argomenti di fronte a quello che si vedeva in video. Oscillavano fra l’estremismo (bisognerebbe chiuderli nello stadio, ha detto qualcuno: alla Pinochet, insomma) e il buonismo (i giocatori serbi applaudono i loro tifosi per calmarli…). Quando i giocatori serbi, che ci parevano ben poco decisi a calmare gli animi (appena la partita poi sospesa è iniziata, con mezz’ora di ritardo, uno di loro ha fatto un intervento su Mauri, giocatore italiano, da portargli via una gamba), sono andati sotto la tribuna dei delinquenti (fascisti, anche: uno aveva uno striscione con su scritto «I love fascism», e il saluto era quello) facendo con le dita il segno del ‘3’, i nostri acculturati commentatori, nessuno escluso, hanno detto che li ammonivano che se continuavano così la partita sarebbe stata persa a tavolino per tre a zero. Questi poveretti, e ripetiamo: nessuno escluso, pensano evidentemente che tutto il mondo si esaurisca nel calcio, onnicomprensivo. E invece le tre dita sono il segno distintivo degli ultranazionalisti serbi (significa originariamente Dio, Patria e Zar, ed è un simbolo antichissimo ripreso durante la guerra da Arkan e compari, e dico poco): altro che gesto per rabbonire i delinquenti.

 

Insomma, una pagina bestiale per la Tv di stato, la Rai, che manda in giro ignoranti, in senso etimologico, che pensano che il mondo sia esclusivamente quello che vedono su ciò che una volta si chiamava il rettangolo verde. Quando la telecronaca, in cui le voci si accavallavano in un crescendo di adrenalina, è finita, abbiamo tirato un sospiro di sollievo.

 

Nel frattempo Genova bruciava, ma i nostri eroi stavano lì a discettare se l’Uefa avrebbe dato o no la partita vinta all’Italia. Siccome probabilmente sarà così, alé: tutto è bene quel che finisce bene.

 

Alla prossima.

 

 




 
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