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Amori (poco) strani

di Roberto Fedi
  Stranamore, Alberto Castagna
Data di pubblicazione su web 13/05/2003  
Il titolo, Stranamore, non è male, anche se ovviamente non è certo originale - per chi avesse un'improvvisa amnesia, è il nome dello scienziato interpretato da Peter Sellers che, in Dr. Strangelove, or: How I learned to Stop Worrying and Love the Bomb, di Stanley Kubrick, 1964, è il consigliere del presidente americano che farà scoppiare la bomba atomica. Non c'entra niente con il film del 1964, ma è evocativo. Fin qui tutto bene.

Il presentatore è Alberto Castagna, che dopo personali vicissitudini è tornato a condurre il programma che l'aveva reso famoso, limitandosi a svolgere la parte in studio e spedendo in giro a trovare persone un collaboratore, quest'anno Corrado Tedeschi (e qualche volta Maddalena Corvaglia). E anche qui tutto bene, se uno si accontenta, perché Castagna ha dalla sua un modo di porgere non sfacciatamente cinico come quello di altre signore e signorine di programmi simili dedicati ad amori più o meno veri, più o meno persi, più o meno riacchiappati a telecamere aperte fra lacrime, barriti e applausi.

La collocazione è anche questa azzeccata, su Canale 5 la domenica in prima serata: è un programma soft, da guardare - chi lo guarda - alla fine della giornata di vacanza. Ci si può distrarre, tanto è fatto di storielle o siparietti l'uno indipendente dall'altro. Se una storia non piace, o se gli inevitabili ospiti d'onore (la parte peggiore del programma) stancano, si passa per cinque minuti su un'altra rete. No problem.

Detto questo è detto tutto. Ma rimaniamo ancora un po' con Stranamore, perché ci serve per qualche considerazione sui programmi 'veri' della Tv. Che hanno due caratteristiche: se sono falsamente veri, insomma spudoratamente finti, fanno bene o male spettacolo, e trovano proprio nella loro falsità la loro ragione e giustificazione; se sono reali, o almeno ne hanno tutte le caratteristiche, ci lasciano imbarazzati. Così Stranamore: che presenta storie di una quotidianità sconcertante, ambientate in periferia, in negozi dal tono medio, in cinema multisale anonimi, in strade lontane dai centri illuminati. I protagonisti sono ragazzi e ragazze senza storia, che per una volta (il cosiddetto quarto d'ora) arrivano in televisione, incontrano Castagna e lo chiamano Alberto, gli danno del tu, ci rimangono male - neanche tanto - perché l'innamorata o l'innamorato sono definitivamente perduti, o si riabbracciano contenti magari per lasciarsi un paio di mesi dopo.

E le storie che raccontano sono di una banalità irrimediabile - in senso narrativo, vogliamo dire, non certo personale. Lui era troppo geloso, e allora lei se ne è andata; lei lo aveva tradito, e lui se ne era andato; lei lo amava non riamata, e lui se ne era andato. Qualcuno accetta di ripensarci, qualche altro no. Tutto qui. Come sempre, viene da chiedersi perché persone apparentemente normali accettino questi passaggi davanti alle telecamere, per sottoporsi a queste figure. Insomma, non potevano farsi una telefonata invece di mandarsi un impacciato messaggio registrato per televisione?

Viene allora il sospetto che, pur di apparire sugli schermi, si sia disposti a perdonare quasi tutto. Lo schema furbo della trasmissione, e anzi interessante per chi studia comunicazioni di massa, è appunto questo: il medium è il messaggio. Anzi, il medium è tutto. Riscatta amori banali, tradimenti grossolani, quotidianità soffocanti.Quando l'inviato va a recuperare il tradito, o l'abbandonato, o il fuggitivo, la folla intorno lo applaude. Dirsi 'scusami' per telefono non fa né caldo né freddo, ma dirselo in Tv ti fa sentire come un protagonista di Incantesimo. Permette l'identificazione. Il giorno dopo, domani, sarà un altro giorno.

Così, Stranamore non riesce a farci incavolare come altri programmi. Perché a suo modo è onesto: ci fa capire che, nonostante il titolo, questi amori non sono affatto strani. E che la realtà quotidiana, ahimè, è banale. È un programma per così dire antifrastico: accendendo i riflettori e facendo luccicare i lustrini, ci presenta vite opache, in penombra. Che la televisione illumina per dieci minuti, al tempo stesso però dichiarando la sua impossibilità a rendere felici. È, a modo suo, una perfetta confessione pubblica di impotenza.

Per questo non ci dispiace.


Stranamore

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