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Attualità di un dramma antico

di Marco Luceri
  I Malavoglia
Data di pubblicazione su web 06/09/2010  

Ecco un testo letterario che non finirà mai di sedurre i cineasti italiani: sarà perché è uno di quei classici che ti accompagnano sin dall'infanzia, o forse perché è uno dei ritratti più veri e scorretti della storia italiana (l'aveva capito Luchino Visconti nel 1948, quando diresse La terra trema), oppure perché semplicemente è una fonte inesauribile d'ispirazione, insomma I Malavoglia si riaffaccia nuovamente sullo schermo. È Pasquale Scimeca (uno che sta a Giovanni Verga come Kenneth Branagh sta a William Shakespeare), regista siciliano impegnato da sempre a raccontare le miserie e i contrasti della sua terra d'origine, ad aver riportato al cinema la celeberrima famiglia di Acitrezza, ma rispetto alle prove precedenti, in particolare quella di Rosso Malpelo, Scimeca è riuscito a “riattualizzare” Verga, ambientandolo ai giorni nostri senza però farsi travolgere dal suo amore sconfinato (e quindi spesso didascalico) per il testo letterario.


Una sua autonomia stilistica e poetica I Malavoglia di Scimeca infatti ce l'ha: anche se la sceneggiatura pesca a piene mani dal romanzo, lascia però molto spazio a nuove situazioni e a inediti personaggi. Nelle vicende di questa povera famiglia di pescatori siciliani si affacciano infatti i drammi del mondo contemporaneo: l'immigrazione clandestina, lo sfruttamento degli extracomunitari, la precarietà del lavoro giovanile, le speculazioni bancarie, il traffico di droga, la disgregazione sociale ecc. Il bello viene proprio qui: il testo di Verga è solo una traccia che serve a condurci in questi meandri bui e insidiosi e non il contrario. Scimeca insomma è riuscito nella non facile operazione di fare un film nuovo pur restando ancorato all'antico.

La conquista del lavoro e della dignità umana da parte degli umili accomuna soprattutto il destino di Alef, clandestino marocchino sbarcato sulle coste siciliane e quello dell'instancabile 'Ntoni, pescatore ventenne e a suo modo già lucido, coraggioso, infaticabile custode della fatica millenaria dei nonni. Visto da questa prospettiva, ovvero quella dei giovani italiani, accomunati ai coetanei extracomunitari, il nostro Paese ne esce come il ritratto di una terra in cui i ricchi diventano sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri e chi non ci sta spesso fa una brutta fine (che sia questa l'immagine che lascerà alla storia il ventennio berlusconiano in declino?), se non altro per una tragica incapacità ad affrontare la vita.


Il film di Scimeca sarebbe stato di ben altro spessore se però il regista, comunque fedele a una messinscena realista e priva di fronzoli, non si fosse lasciato prendere la mano verso un finale comunque troppo “buono”, facendo veleggiare il film verso la generica e italica retorica “alla fine tutto si aggiusta”. Peccato, perché concludere un film del genere con la bella immagine della cella in cui due disgraziati recitano nello stesso istante il Padre nostro e la preghiera ad Allah sarebbe stato davvero un gran bel finale.

 

I Malavoglia
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