Non cè niente di meno sorprendente al festival di Venezia che il film a sorpresa. E infatti, tra lilare scoraggiamento del pubblico, è comparso il film cinese. Lilarità è scomparsa quasi subito e lo scoraggiamento ha assunto le forme più nobili della compartecipazione morale fin dalle prime inquadrature quando, nellarido deserto, deserto immediatamente di speranze, sono comparsi i segni di un campo di rieducazione dei tempi del Grande Timoniere il compagno Mao Tse Tung.
Nulla compare in superficie e non vediamo gli uomini lavorare, sono esausti, rintanati come topi nei loro dormitori sotterranei. Non cè violenza verbale, né risse, solo il lento estinguersi, ad uno ad uno, dei prigionieri “nemici del popolo” responsabili di non si sa quali colpe, nemmeno più sorvegliati in questa terra desolata nonostante la fedeltà del capo-campo alla causa e i suoi tentativi di dare un po di efficienza alla squadra di lavoratori ormai decimata. Tutto è decanato, non ci sono veri aguzzini, pare che lo sfinimento non li abbia resi necessari, anzi cè attesa, quasi una sorta di comprensione da parte del direttore del lager che, quando la situazione diventa insostenibile, organizza con difficoltà il rimpatrio delle larve umane, in attesa che, con la primavera, possano giungere dei rincalzi finalmente sani ed efficienti. La punizione di questi uomini sarà il disprezzo al quale saranno sottoposti per sempre in quanto “revisionisti”.
Al di là della campionatura di casi umani (lallievo e il professore, la sposa che giunge a confortare il marito e lo trova cadavere) laspetto più interessante del film è forse proprio questo squarcio sullillusione, sul coinvolgimento di chi visse quegli anni e quella rivoluzione, credendoci e credendo che gli orrori fossero lo scotto inevitabile per un avvenire radioso la cui direzione era affidata ad una mente superiore e imperscrutabile. Perché certo il maoismo è stato una delle religioni del secolo scorso. Ed è importante che, nellattuale frenetico progresso che in quel periodo ha comunque le sue radici (sia per evoluzione o sia per negazione) il paese si ponga qualche domanda non andando indietro allepoca Ming ma appunto alla sua storia immediatamente alle spalle. Oltre questo non siamo riusciti a vedere in un film elegante ma molto ripetitivo. Se però lo scopo di una Mostra è non solo lanciare film sul mercato ma consentire la visione di film che probabilmente il mercato non lo raggiungeranno mai la “sorpresa” di oggi è a suo modo esemplare.
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