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Una testimonianza preziosa

di Marco Luceri
  The accordion
Data di pubblicazione su web 01/09/2010  
Sei minuti per “riacciuffare” Jafar Panahi, il grande assente di questa edizione della Mostra di Venezia. Può sembrare poco, ma di questi tempi può essere davvero tanto. Stiamo parlando di The Accordion, il cortometraggio (apertura delle Giornate degli Autori) che il regista iraniano è riuscito a far giungere al Lido, nonostante i divieti e le costrizioni che da ormai più di un anno continua a subire nel suo paese. Privato del passaporto e quindi impossibilitato a muoversi dall’Iran, Panahi è ancora in attesa di un giudizio definitivo delle autorità iraniane sui fatti di cui è stato (ingiustamente) accusato insieme ai suoi famigliari e amici durante i giorni della “rivoluzione verde”. Grazie alla straordinaria mobilitazione del cinema internazionale, che ha manifestato in tante occasioni solidarietà nei suoi confronti, Panahi è stato scarcerato, ma tuttora gli è vietato lavorare: per usare le sue stesse parole, è come se ora vivesse in una prigione ancora più grande di quella in cui era stato rinchiuso.

 

È quindi un’occasione forse unica quella di poter vedere questa breve storia, che trasuda umanità quanto e forse più di un lungometraggio. Siamo tra i suk di una qualsiasi grande città iraniana e due ragazzini, fratello e sorella, vagano per le strade suonando rispettivamente una fisarmonica e un tamburo per racimolare qualche spicciolo. A un certo punto non si accorgono di essere entrati nel cortile adiacente a una moschea: subito giunge un uomo che, tra urla e spintoni, accusa i ragazzini di empietà e sottrae loro la fisarmonica, dileguandosi rapidamente tra la folla. Il ragazzo non ci sta, e sebbene la sorellina cerchi di distoglierlo («Non lo vedi che è più povero di noi?» – gli dice preoccupata), si mette alla ricerca del presunto ladro con in mano una grossa pietra. Troveranno l’uomo ben presto, ma vedranno che, come diceva la bambina, è solo un disperato come loro.

 

Panahi tratteggia con straordinaria umanità questo breve ma intensissimo racconto sulla realtà umana dei poveri, senza fare nessuna morale, né attaccando i costumi religiosi e culturali del suo paese. La sua è una parabola dal piglio “neorealista”, che non fa distinzione tra buoni e cattivi, ma che cerca di trovare le ragioni del comportamento umano, al di là delle apparenze. È proprio questo il pregio del film: oltre a mettere in scena uno spaccato di vita semplice, riesce, nella brevità della sua durata, a essere penetrante e a parlare con un linguaggio immediato di temi universali, che vanno dalla lotta per la sopravvivenza alla solidarietà, in un pezzo di mondo, sembra suggerirci il regista, in cui il presunto rispetto dei dogmi religiosi nasconde in realtà la miseria più nera. Riallacciandosi così alla poetica e allo stile dei suoi film più riusciti, come Il cerchio che qui a Venezia vinse tanti anni fa, Panahi continua a condurre con i mezzi che ancora gli restano la sua personale battaglia per la libertà. Senza paura di sembrare retorici, oggi questa sua voce sembra levarsi da Teheran ancora più forte. 

The accordion
cast cast & credits
 



 
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