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N’est pas plus juste une image

di Marco Luceri
  Una scena
Data di pubblicazione su web 17/05/2010  

Era uno dei film più attesi del Festival di Cannes e non mancherà di far discutere e di dividere. Film Socialisme è il titolo provocatorio scelto da Jean-Luc Godard per segnare il suo grande ritorno sulla Croisette, nella poco sicura e assai competitiva sezione Un Certain Regard. Non basterebbe di certo una prima proiezione festivaliera per cercare di tirare le fila di un film prevedibilmente complesso, coraggioso e assolutamente lontano da qualsiasi opera si sia vista qui. Fa sempre un certo benevolo effetto sapere che Godard è ancora un instancabile maestro che, a differenza dei suoi coetanei della Nouvelle vague, non è morto da tempo (e non solo in senso figurato), ma prosegue una sua ricerca sulla storia del cinema, delle immagini e della cultura, cercando in esse una chiave per decifrare il caotico mondo contemporaneo.

 

Una scena del film

 

Come aveva fatto qualche anno fa Manoel de Oliverira in Un film parlato, anche in Film Socialisme lo spunto narrativo è offerto da un viaggio in crociera nel Mediterraneo, da est a ovest: l’Egitto, la Palestina, Odessa, la Grecia, Napoli, Barcellona. Tappe di un viaggio mitico e simbolico nella cultura visiva e storica che è alle origini della civiltà europea. Da una parte Godard fa vedere i mille volti e gli innumerevoli linguaggi parlati e ascoltati dai viaggiatori, in un percorso di falsa e costruita riappacificazione con la civiltà stessa (le riprese all’interno della gigantesca nave sono una parodistica messa in sequenza della stupidità contemporanea), dall’altra rappresenta un tessuto di immagini strappate alla storia del cinema (da Rossellini a Chaplin, da Ejzenstein a Hawks ecc.) e dell’arte, innestandoci sopra versi e brani recitati tratti dai capolavori della letteratura e della filosofia europea (da Balzac a Beckett, da Lévi-Strauss a Derrida).

 


Una scena del film

 

Il gusto per la citazione in Film Socialisme non ha nulla dell’euforia giocosa e a suo modo epica messa in scena da gran parte del cinema americano e asiatico contemporaneo, ma assume una forma critica, seguendo un’operazione già tentata dal maestro francese in quel film di puro montaggio visivo-sonoro che è Histoire(s) du cinéma: l’immagine come frammento del mondo, come sua rappresentazione parziale, ma totale in quanto inquadratura, cioè dettaglio. Su questo campionario pressoché infinito di elementi, Godard, usando un digitale sporco e sgranato, imbastisce un discorso retorico di pure domande, usando il meccanismo, mai abbandonato, delle didascalie e interrogandosi sul fallimento dell’utopia politica e delle illusioni rivoluzionarie, sul valore della memoria viva, sulla scomparsa del tempo mitico, sulla sopravvivenza delle lingue, sullo sguardo dei bambini e dei giovani. A un certo punto, verso la fine del film, si vede un ragazzino su una scala che dipinge quello che egli stesso chiama «un paesaggio che non c’è più». Poi la macchina da presa stacca dietro le sue spalle: è un Renoir. E’ vera quest’immagine o è falsa? È un’immagine giusta o giusto un’immagine?

 

Film Socialisme
cast cast & credits
 

La locandina


 
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