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Cuticchio, artefice magico dell’opra dei pupi

di Carmelo Alberti
  Mimmo Cuticchio
Data di pubblicazione su web 17/02/2010  

Da decenni, ormai, l’arte dei pupari siciliani, quei pochi sopravvissuti alle trasformazioni sociali e ai mutamenti dell’immaginario collettivo, appare circoscritta alla realizzazione di spettacoli fabbricati apposta per i visitatori occasionali, oppure come reperti del tempo che fu. Vi sono, però, delle eccezioni, a cominciare dall’azione incessante e esemplare di Mimmo Cutucchio, discendente di una nota famiglia di opranti e ultimo artefice del “cuntu”, bravo a tal punto che nel 2001 l’Unesco lo ha tutelato con la qualifica di “patrimonio immateriale dell’Umanità”. Ebbene Cuticchio, richiesto in ogni parte del mondo, mantiene attivo con ammirevole caparbietà il suo teatrino in via Bara all’Olivella a Palermo, una delle stradine popolari di fronte al Teatro Massimo; non solo: ma in una saletta accanto ha aperto un atelier, nel quale tiene corsi e laboratori per formare giovani pupari e marionettisti.

 

Insieme a alcuni allievi, accanto a Giacomo il figlio musicista, Mimmo ha ripristinato, alcuni giorni di ogni settimana, un’abitudine in auge nell’età d’oro dell’opra dei pupi, vale a dire l’esecuzione delle rappresentazioni a puntate della storia dei paladini. Si tratta di un intricato e appassionante tessuto narrativo, elaborato nel secondo Ottocento da scrittori vicini al mondo dei pupi, come ad esempio Giusto Lodico, che dona linfa ai canovacci dei pupari snodandosi, sera dopo sera, dinanzi a spettatori  fedelissimi, i quali non solo sanno ogni passaggio della vicenda, ma si dimostrano giudici implacabili dell’esecuzione teatrale. Poiché non esiste più il tessuto immaginativo propizio per innestare un ciclo di avventure eroiche sviluppate sullo schema dell’eterna lotta tra il bene e il male, Cuticchio s’impegna, prima di tutto, a definire una drammaturgia conchiusa per ciascuna puntata, isolando alcuni episodi specifici e fornendo, nello stesso tempo, attraverso le battute di una recitazione in buona parte all’improvviso, indicazioni utili per individuare il carattere dei protagonisti, per recuperare la trama precedente e per annunciare i futuri sviluppi. In tal modo, i partecipanti hanno la possibilità di cogliere il nesso tra messinscena e racconto, in virtù della solida struttura dell’opra, uno schema che alterna momenti descrittivi e passaggi spettacolari, come le battaglie, le apparizioni magiche, i combattimenti con figure mostruose o ultranaturali, e così via.

 

L’episodio visto ha come protagonista Bradamante, la donna-paladino legata a Ruggero (o Ruggiero, come è detto nella Storia dei Paladini di Francia), l’eroe che il mago Atlante ha rinchiuso in un castello incantato, insieme ad uno stuolo di dame e cavalieri, per preservarlo da pericoli mortali. Dopo un duetto introduttivo tra i “buffi” palermitani Nofrio e Virticchio, condotta sulla divertita contestazione del divieto di fumare nei teatri, poiché uno dei due sta consumando un sigaro, emettendo volute di fumo dalle narici, si apre il siparietto sulle note del pianino di Barberia. Si ode la voce fuori campo di Bradamante che discute con il suo accompagnatore Pinabello, scrutando la profondità di una grotta oscura. Lanciando un urlo, l’eroina precipita dall’alto della ribalta sulle tavole del palcoscenico, al centro di un sepolcro sotterraneo; si rialza, maledicendo il traditore che l’ha spinta nell’abisso, accorgendosi di trovarsi dinanzi alla tomba di Merlino. La accoglie la fata Melissa, che evoca lo scheletro del grande mago, indicandole dove potrà ritrovare e liberare l’amato Ruggero.

 

Nella scena successiva Bradamante scova nella locanda che sta ai piedi del castello di Atlante il saraceno Brunello che, appena la scorge, progetta di accompagnarla nel bosco per derubarla dalle armi; naturalmente l’eroina lo sconfigge in duello e gli sottrae l’anello che ha il potere di rendere invisibili. Avvicinandosi al maniero, prima uccide un serpente mostruoso, poi è assalita da Atlante a cavallo dell’Ippogrifo; con l’aiuto dell’anello fatato Bradamante lo atterra e fa svanire l’incantesimo, riabbracciando il suo promesso sposo. Non appena Ruggero monta in groppa al cavallo alato, è trascinato lontano dalla sua disperata amante. Mentre l’eroe sorvola un giardino, posto in un’isola sperduta, percepisce la voce di un cavaliere tra le fronde di un albero; è Astolfo che, al pari di altri valorosi guerrieri, è stato irretito dalla sensualità della fata Morgana per poi essere tramutato in arbusto. Ruggero promette ad Astolfo di liberarlo ma, non appena scorge la maga, rimane fulminato dalla sua bellezza; privo ormai di discernimento, finisce tra le coltri del grande letto nelle splendide stanze della seduttrice. Bradamante torna a supplicare l’aiuto di Melissa, che si rammarica per il comportamento della perfida sorella Morgana e rammenta agli spettatori l’esistenza di Longistilla, una terza germana che sarà protagonista di altri episodi. Stavolta è la stessa Melissa che si fa trasportare da un demone evocato dall’inferno nella casa di Morgana; qui, dopo aver pregato invano Ruggero di darle ascolto, gli consegna l’anello che possiede il potere di annullare i sortilegi. Finalmente l’uomo è in grado di scoprire gli altri due volti nascosti della maga: il puparo, infatti, facendo ruotare con un marchingegno il volto della marionetta, rivela ora le sembianze di una vecchia e infine il teschio della morte. L’ira della cattiva ammaliatrice si traduce in un’accesa battaglia durante la quale Ruggero trafigge, decapita, taglia in due, fa strage dei suoi avversari, che finiscono in pezzi ammonticchiati sul palco. Recuperato l’Ippogrifo, dopo aver saputo dell’assedio di Parigi da parte dei saraceni i due eroi decidono di rientrare in Francia, Ruggero per andare incontro a Bradamante, Astolfo per contribuire alla difesa della città cristiana.

 

Si chiude qui la rappresentazione nel Teatrino dei Figli d’Arte Cuticchio, che nel mese di febbraio ha in cartellone le attese avventure di Orlando e di Rinaldo. I passaggi convenzionali dello spettacolo evidenziano un’osservanza rispettosa delle tecniche apprese dai maestri e dalla famiglia, eppure ciò non limita per niente la vocazione di Mimmo Cuticchio a realizzare, di volta in volta, una messinscena del tutto personale. Ciò si avverte nella tenuta del tempo scenico, un tempo talmente controllato nei singoli passaggi esecutivi da annullare la materialità dei personaggi di legno, e nella pulizia della recitazione, sospinta dallo stesso Cuticchio lungo i sentieri della modulazione vocale maschile, femminile, magico, mostruoso, sentimentale, diabolico, e così via.

 

La messinscena trova la propria unità formale nell’atto di combinare perfettamente gli elementi tradizionali (le coloriture dei fondali e delle quinte, le inflessioni dialettali della farsa, il suono del pianino, le interazioni di sfida fra duellanti, le grida degli assalitori, i battiti ritmati del piede, e altro ancora) con le trovate dell’artefice (vale a dire: la cura narrativa che trasforma la didascalia in battuta allo scopo di rendere chiara la trama, la fine padronanza dei movimenti del pupo insegnata dal maestro agli aiutanti, il gusto di destare meraviglia, la volontà di offrire al visitatore un’esperienza culturale). Solamente un’opra ben realizzata interagisce con la fantasia di chi osserva, muovendo una tastiera espressiva elementare e metaforica, ad un tempo. Così, mentre tiene saldamente in mano i cicli romanzeschi dei paladini, Cuticchio continua a dimostrare quanto sia genuino il suo carisma teatrale, trasponendo per i pupi l’opera lirica (Macbeth per pupi e cunto, Don Giovanni all’opera dei pupi), sceneggiando poemi e favole (La terribile spaventosa storia del Principe di Venosa e della bella Maria, Aladino di tutti i colori, La riscoperta di Troia), inventando un viaggio metateatrale (la suggestiva Visita guidata all’opera di pupi).

 

Di recente, il puparo palermitano ha deciso di pubblicare alcuni copioni, utili a quanti desiderano accostarsi al linguaggio dell’opra. Il volume, arricchito da preziose immagini, s’intitola L’opera dei pupi dalla piccola alla grande scena, a cura di Roberto Giambrone, Palermo, Associazione Figli d’Arte Cuticchio, 2008. Contemporaneamente Mimmo continua a confrontare la sua competenza con quella di altri artisti marionettisti e narratori promuovendo La macchina dei sogni, una rassegna originale, giunta alla ventiseiesima edizione, che si svolge ogni estate sulle colline di Polizzi Generosa. Nella rigorosa maestria e nel desiderio di sperimentare di Mimmo Cuticchio è possibile avvertire la profonda teatralità del mondo dei pupi, che trae il proprio significato da un rito arcaico, eppure ben radicato nell’immaginazione collettiva; è quel rito che riconduce alle origini della civiltà, che si basa sulla necessità del gioco nella formazione dell’individuo, che riprende l’incessante combinarsi di racconto e rappresentazione, di esaltazione e sacrificio, di fantasia e illusione.



Storia dei Paladini di Francia. Imprese di Bradamante e Ruggero
cast cast & credits
 

 

 

 

Mimmo Cuticchio, Informazioni:
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  

 


Cartellone, Storia di S. Rosalia,  realizzato da Pina Patti Cuticchio (2002)


 

 

 

 

 

 


 

 
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