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La stupida Sonja

di Roberta Balduzzi
  Sonja
Data di pubblicazione su web 16/02/2010  

Al Teatro della Tosse di Genova proseguono gli appuntamenti internazionali, con una produzione del Nuovo Teatro di Riga di Alvis Hermanis, regista lettone tra i più interessanti sulla scena europea, il cui lavoro è stato consacrato da prestigiosi premi. Lo spettacolo presentato alla Tosse è tratto da un racconto della scrittrice Tatjana Tolstaja, che Hermanis ha adattato per il teatro, realizzando una messinscena in cui all'iperrealismo si affianca l'illusione onirica.

                                                  


Jevgenjis Isajevs in una scena dello spettacolo

 

Sulla scena è ricostruito dettagliatamente un appartamento modesto, ma ordinato e provvisto di qualsiasi necessità. Il palco accoglie, infatti, una camera da letto, un salotto e una cucina, in cui non manca nulla: letto, guardaroba, consolle con specchiera, credenza, tavolo, fornelli, pensili, e ancora stoviglie, catini, teglie e così via. In questa piccola abitazione irrompono due ladri col viso coperto da una calza di nylon e iniziano a frugare. Improvvisamente, però, i malviventi si distraggono, mangiano, si mettono comodi, trovano un vecchio album di fotografie, quindi si azzuffano sul letto. Di fronte a un pubblico incredulo, uno dei due attori (Gundars Abolin) si spoglia e veste gli abiti di una donna: sottoveste, camicia da notte, calze e parrucca con bigodini. Nello spettacolo, fin a questo punto muto, irrompe una voce: “C’era una persona e adesso non c'è più. Ne è rimasto solo il nome: Sonja”. Si tratta dell'altro attore (Jevgenijs Isajevs), che osserva con sguardo divertito la “stupida” Sonja e racconta imbarazzanti episodi di cui si è resa protagonista. Nessun testimone della vicenda è sopravvissuto per riportarla, ma l’appartamento ha conservato tracce della sua abitante sufficienti a ridarle vita. Il racconto è ambientato tra gli anni trenta e quaranta a Leningrado e s’interrompe bruscamente durante l’assedio tedesco, che ha distrutto la città nel 1941. Girano dischi dell'epoca nel vecchio grammofono inglese, mentre Sonja si aggira per l'abitazione, prepara una torta, si trucca e si profuma.

 

Nel frattempo, il narratore rivela quanto fosse brutta e grassa, quanto poco gusto avesse nel vestirsi e quanta bontà la rendesse sempre disponibile ad aiutare i conoscenti. La goffagine di Sonja era in contrasto con la bellezza e la spigliatezza dell’amica Ada. Mentre, sulla scena, la protagonista prepara con ogni crisma un pollo da infornare, viene raccontato il terribile scherzo con cui Ada fece illudere Sonja di essere amata, intrapprendendo con la sventurata un fitto scambio epistolare, in cui si fingeva un uomo sposato, tale Nikolaj, che si dichiarava perdutamente innamorato di lei. La passione con cui Sonja si lasciò coinvolgere dalla corrispondenza, rese impossibile ad Ada interromperla; continuò così a scrivere, in parte per pietà nei confronti dell’amica, in parte per il gusto di proseguire lo spietato gioco che si concluse solo quando la guerra gettò nell’oblio i protagonisti del racconto. Alla fine dello spettacolo, l’illusione lascia spazio alla realtà e gli attori sono di nuovo i ladri che saccheggiano la casa, riempiendo anche una sacca con le lettere d’amore tra Sonja e Nikolaj, ancora conservate nella credenza.

  


Un momento dello spettacolo
 

Sonja è uno spettacolo poetico ed emozionante, in cui la gestualità ha un ruolo fondamentale nella realizzazione della messinscena, concepita su un tessuto drammaturgico di stampo narrativo. Gli spettatori non riescono a distogliere lo sguardo dai movimenti vellutati della protagonista, di cui ascoltano affascinati e coinvolti la storia. La palese stupidità di Sonja la relega ai margini della società, ma la sua ingenua bontà la induce a fidarsi senza indugi di amici e conoscenti. La delicata ironia dello spettacolo si esprime nelle azioni di Gundars Abolins, nella sua gestualità e nell’incredibile espressività del suo volto. Queste caratteristiche, insieme alla portentosa fisicità dell’attore, sono indispensabili per la buona riuscita di una rappresentazione che è quasi muta, se non fosse per gli interventi narrativi di Jevgenijs Isajevs, che accompagnano, quasi fossero didascalie, le nitide immagini che si concretizzano sulla scena. Lo stesso Isajevs non osserva passivamente i movimenti di Sonja, ma li segue, in un’interazione a distanza che genera un continuo scambio tra realtà e finzione, tra presente e passato. Le azioni si svolgono nell’unità di luogo dell’appartamento e nell’unità di tempo di una giornata, benché il racconto ci parli, in realtà, di una vicenda che si sviluppa attraverso una decina d’anni. Persuasi dalla veridicità degli oggetti presenti sulla scena, gli spettatori osservano la donna portare a compimento una serie di attività legate alla sua routine quotidiana, diventando così involontari e attenti voyeurs.

La triste storia della Tolstaja, ricca di personaggi e attenta all’analisi intima della loro psiche, richiama da vicino molta letteratura drammaturgica e narrativa russa dell’otto-novecento. Il racconto ci parla di un amore profondo e sincero, basato su un’illusione, generata, a sua volta, da una vera propria messinscena, di cui Ada è sceneggiatrice, nonché regista.



Sonja
cast cast & credits
 


Il regista Alvis Hermanis


 
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