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Che belle stragi!Ovvero: Un requiem per la Reality TV

di Roberto Fedi
  Cappella degli Scrovegni - La strage degli Innocenti [particolare]
Data di pubblicazione su web 13/01/2004  
Ci avrete di sicuro fatto caso: quando da qualche parte succede un fatto delittuoso, un omicidio per esempio, la faccenda ha diverse - e qualche volta visibilmente diverse - risultanze nei vari Tg della penisola. Vediamone qualcuna.

Se c'è stato un omicidio, per esempio di mafia o camorra di quartiere o presunta tale, la cosa viene liquidata in quattr'e quattr'otto. Qualche filmato della scena del delitto, sciatto; la notizia, spesso detta dallo speaker fuori campo, e si passa ad altro. Insomma, è pura cronacaccia nera: un morto per strada, che se lo meritava. Fine. Del resto, come qualcuno ha detto autorevolmente (si fa per dire): con la mafia, la camorra e derivati bisogna imparare a convivere. E i Tg, veloci nell'apprendere, hanno già imparato.

Se il morto invece non se lo meritava (stiamo interpretando, come sopra, un sentimento diffuso, anche questo abbastanza evidente), allora si manda un inviato. Che intervista qualche passante, che ovviamente non sa nulla; e, nel caso proprio fortunato, un parente - che più stretto è, meglio è; e se poi piange questo sì che buca lo schermo. Si va avanti per minuti.

Ma niente suscita il generale giubilo, di tutti i Tg e annessi e connessi, come una bella strage. Magari, quando proprio va bene, familiare. Ah: è un sospiro di sollievo, una ventata di energia, un ringalluzzirsi di tutti. Chi legge il Tg non vede l'ora di dare la notizia, e infatti spesso e volentieri la dà per prima: domenica 11 gennaio, per esempio, in quasi tutti i Tg "la strage di Viganò" (come l'hanno ormai etichettata) ha di gran lunga surclassato le notizie sulla Parmalat, su cui ormai si glissa volentieri. Passata quindi la Parmalat (per esempio nei titoli del Gr1 di domenica 11 gennaio, ore 13, non è stata neanche citata, a tutto vantaggio della "strage di Viganò"; e nel Tg1 delle 20 dello stesso giorno è slittata in secondo piano rispetto alla stessa "strage"), ci vuole qualcosa di eccitante. La cosa, come per altre stragi quotidiane, segue questo copione.

Prima fase. Si dà la notizia. Visibilmente il giornalista del Tg (qualsiasi Tg) è eccitato. La faccina viene atteggiata a compunzione e dispiacere, ma l'occhio brilla. "Strage della follia a Viganò", annuncia. Tre parole di circostanza, il numero dei morti, e poi via al servizio.

Seconda fase. Parte il servizio. L'inviato fa vedere una panoramica della villetta: finestre semiaperte, porta socchiusa, strada anonima. Dietro, la voce del suddetto racconta la vicenda: sono sempre presenti lo sconcerto e la sorpresa. La voce qualche volta è concitata. Non di rado la camera inquadra il campanello della famiglia, con il nome in primo piano. Che è un topos su cui vorremmo qualche delucidazione: serve a creare l'ambiente? oppure a testificare che la villetta/appartamento/condominio è proprio quello e non il primo che è capitato a tiro? oppure a imprimere nella memoria dello spettatore il nome di quei poveretti? Mistero.

Terza fase. Le interviste. Sempre ai passanti, ai vicini di casa, a chi è capitato lì per curiosità ed è abbastanza esibizionista da approfittare del momento lugubre per dire "io c'era", e per poi correre a telefonare ai parenti perché non perdano il Tg per vederlo in televisione. Gli intervistati hanno di solito facce da schiaffi, o da imbecilli, o tutt'e due: quella era una famiglia perfetta, affermano con sicurezza in un italiano televisivo e barbaro-dialettale. E chi poteva supporre? e chi avrebbe mai detto che…? Tanto gentile, tanto onesto, tanto lavoratore… I figli giocavano coi miei, oh madonna! Oh poveretti.

Ne esce uno spaccato agghiacciante. Di gente che non sa nulla del vicino di casa, che non osserva, che se ne frega, che ha chiuso le finestre quando sentiva i pianti, che non vede e non sente, che pensa solo alla televisione, che capisce solo quello che vede in Tv e non quello che ha sotto gli occhi. Che partecipa ai drammi finti delle trasmissioni del pomeriggio e ci fa un piantino, ma che non sa nulla del disgraziato, vero, che abita a due metri.

Si tratta, in questi casi, di servizi giornalistici orrendi, simbolo di un giornalismo televisivo degradato e improvvisato. Ma che hanno un senso, alla fine.

Sono, di fatto, la pietra tombale della "reality television". Dimostrano, in modo inequivocabile, che la "televisione della realtà", ma della realtà vera, non esiste: per incompetenza, per cinismo, per menefreghismo. Esiste solo quella falsa e consolante dello show. E che è solo quella che la 'gggente' capisce: il resto, la realtà vera, è solo mestamente e modestamente tragica.

E allora, chi se ne frega.


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