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Sconcertati

di Roberto Fedi
  Lorin Maazel
Data di pubblicazione su web 04/01/2004  
La Tradizione, secondo il Dizionario di De Mauro, si può definire almeno nel suo significato più familiare come "consuetudine, abitudine (ad esempio: nella nostra famiglia c'è la tradizione di trascorrere il Natale tutti insieme)". Bene. Per molti di noi (più o meno due miliardi nel mondo: una bazzecola) una consuetudine piacevole, quindi una tradizione, era quella di vedersi in diretta il Concerto di Capodanno da Vienna, con i Wiener Philharmoniker: eccellente musica, con ovvia predilezione per gli Strauss, un pizzico di ironia, maestri sul podio fra i primi nel mondo, pubblico partecipe, splendida sala addobbata con i fiori, magnifici, di Sanremo.

Dal 1959, in diretta in 40 paesi del mondo (due miliardi di spettatori), la tradizione si ripeteva. Tutti contenti. Dopo la serata un po' eccessiva della fine dell'anno, accendere la televisione, magari un po' intontiti, e sentire Strauss riportava piacevolmente alla vita. L'aveva perfettamente capito Kubrick in Odissea nello spazio. Vogliamo dire la verità? Era bello. Ti riconciliava con la giornata, con il primo dell'anno, con quello che inevitabilmente, il giorno dopo, ti aspettava: l'ufficio, la città, il tram, la macchina, l'autostrada…

Tutto questo fino al capodanno 2003. Perché quest'anno 2004, cinquantesimo della Rai, niente più tradizione, niente più Strauss, niente più Vienna. Al suo posto, in diretta dalla ricostruita Fenice di Venezia, la taroccatura del Concerto di Capodanno. Musiche italiane (e che scherziamo?), Verdi, il coro del Nabucco così ci si emoziona tutti, e insomma la parodia del Concerto di Vienna, con anche i ballerini che, senza vergognarsi per il plagio evidente, saltellavano nella cornice di saloni ahimè nostrani - come, ovviamente, per tanti anni hanno fatto gli originali austriaci.
Quello di Vienna - il Concerto di Capodanno 'vero', quello originale insomma - chi voleva se l'è dovuto sentire su RadioTre in diretta, oppure registrato su RaiDue alla fine del concerto veneziano.


Chi abbia avuto questa bella pensata non è dato sapere. Certamente un provinciale, cosa che alla Rai non è certo una rarità. Così, interrompendo la consuetudine, ci è toccato vedere dal greve Pandoro della Fenice (pardon: ma possibile che nessuno abbia il coraggio di dire che è così brutta da sembrare finta? infatti…) il bravo e simpatico Lorin Maazel che si sforzava di far dimenticare Vienna, senza riuscirci (riprese televisive orrende, tra l'altro); e, registrato, il bravo e insopportabile Riccardo Muti che nonostante lui stesso e la sua altezzosità non riusciva, pur impegnandosi parecchio, a non farci apprezzare Vienna, i Wiener Philharmoniker, Strauss, il pubblico, la strepitosa Sala Grande del Musikverein. Abbiamo accettato anche il pistolotto finale di cinque minuti con il quale, credendosi evidentemente ormai il papa, il Muti ha parlato della pace nel mondo - a Venezia, il più garbato ed elegante Maazel ha semplicemente fatto gli auguri, ricordando che il teatro risorgeva dopo il famoso incendio.


È stata un'ennesima dimostrazione di provincialismo e di prepotenza da parte della Rai. Che, ormai arrivata ai cinquant'anni, dovrebbe pur sapere che la Tradizione, ma anche il Buongusto, l'Eleganza, la Raffinatezza, l'Intelligenza, sono come il coraggio secondo Manzoni: chi non ce l'ha, non se lo può dare.



Concerto di Capodanno

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Riccardo Muti

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