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Paralisi

di Flavio Marigliani
  Una scena dello spettacolo
Data di pubblicazione su web 26/11/2009  

ATTO I

 

Una stanza. In fondo una porta che dà sull’esterno. A destra una grande finestra chiusa, con spesse tende aperte davanti, dalla quale entra la luce. Giorno. A sinistra un angolo cottura con un lavandino, mensole e credenze. Al centro della stanza un grande tavolo. Alle pareti un armadio e vecchi mobili. Sparse per la stanza: sedie, una poltrona e vari oggetti d’arredamento, vecchi e consumati. Vicino alla finestra, una lampada da terra.

 

Dall’esterno un rumore assordante, poi improvvisamente il volume si abbassa e i rumori formeranno un indistinto tappeto sonoro alle prime battute degli attori.

N.B. I rumori che provengono da fuori scena dovranno essere il più astratti possibile. È importante che non richiamino alla mente dello spettatore situazioni quotidiane o concrete. Altra osservazione: bisognerà stare attenti che gli interventi di questi rumori si inseriscano tra le battute degli attori, come e dove indicato, e non si sovrappongano ad essi. Soltanto nel finale, come è scritto, gli attori dovranno recitare su una base costante di rumori: anche in questo caso la voce degli attori deve risultare sempre in primo piano e intelligibile.

 

Dopo un momento si spalanca la porta ed entra frettolosamente Roberto, che subito cerca di richiudersela alle spalle; Ivan riesce ad intrufolarsi appena in tempo ed entra anche lui nella stanza. I due sono nervosi e accaldati, come dopo una lunga corsa. Entrambi sono visibilmente scossi e preoccupati: Ivan è ansioso, Roberto più nervoso.

 

 

 

IVAN: Chiudi la porta.

ROBERTO: È chiusa.

IVAN: Chiudi a chiave.

ROBERTO: Non c’è.

IVAN: Ci deve essere. Non esiste una porta senza chiave. Fa’ vedere (si  lancia verso la porta). Non c’è.

ROBERTO: È quello che ho detto (pausa). L’hai persa.

IVAN: Io?

ROBERTO: Cerchiamola. L’avrai lasciata da qualche parte.

IVAN: Prima blocchiamo la porta.

ROBERTO: Con cosa?

 

Ivan inizia a prendere alcune sedie e a metterle davanti alla porta.

 

ROBERTO: Smettila: non bastano. Spostiamo la poltrona.

 

Ivan e Roberto insieme portano la poltrona davanti alla porta. I rumori finiscono. Un momento di silenzio, poi i due si sentono più sicuri e iniziano a calmarsi.

 

IVAN: (con meno ansia) Spostiamo anche l’armadio?

ROBERTO: (con estrema naturalezza, in un tono discorsivo) Pesa troppo. Io non ce la faccio. Sono stanco, ho corso fino adesso.

IVAN: Così potrebbe entrare chiunque.

 

Roberto si siede sulla poltrona davanti alla porta e si sfila le scarpe.

 

ROBERTO: Mi fanno male i piedi.

IVAN: Hai corso troppo.

ROBERTO: Si è anche scollata una suola. Deve essere successo quando sono inciampato su quel sasso.

IVAN: Te l’avevo detto di non correre troppo.

ROBERTO: Ho anche il fiatone. Portami un bicchiere d’acqua.

IVAN: Hai corso troppo.

ROBERTO: Ho capito! Mi porti l’acqua?

IVAN: Dove la prendo?

ROBERTO: Dal rubinetto. Ce n’è uno in cucina.

 

Ivan si avvia verso l’angolo cucina e apre il rubinetto.

 

ROBERTO: Se l’acqua esce marrone non la voglio. Ogni tanto succede.

IVAN: Cosa?

ROBERTO: Che l’acqua sia sporca. Esce marrone.

IVAN: È verde.

ROBERTO: Non la voglio lo stesso. Mi fa schifo. Guarda se c’è una bottiglia o una brocca con dell’acqua da qualche parte (Ivan inizia a cercare in giro per casa). Ne avevo preparata una prima di uscire, in caso di emergenza … E infatti l’acqua del rubinetto non è potabile (Ivan apre l’armadio). Cosa fai?

IVAN: Cerco la brocca.

ROBERTO: Nell’armadio?

IVAN: (prende una brocca di vetro piena d’acqua dall’armadio) Eccola!

ROBERTO: Chi l’ha messa lì dentro?

IVAN: Tu.

ROBERTO: Io non l’ho messa nell’armadio.

IVAN: Però c’era.

ROBERTO: Non la voglio.

IVAN: Perché? È acqua. È trasparente. Meglio di quella che usciva dal rubinetto.

ROBERTO: Non è normale che l’acqua stia dentro un armadio. Non può essere buona. Può anche darsi che sia andata a male. Chissà da quanto tempo stava lì dentro.

IVAN: A me sembra buona.

ROBERTO: Allora bevitela. Quando hai finito buttala nel lavandino.

IVAN: Non c’è dell’acqua minerale?

ROBERTO: Non bevo acqua minerale. Mi disturba lo stomaco.

IVAN: È venuta sete anche a me.

ROBERTO: Allora bevi. Hai l’acqua in mano.

IVAN: Non trovo i bicchieri.

ROBERTO: Non ci sono. Non li uso.

IVAN: E come fai?

ROBERTO: (alzandosi e avvicinandosi a Ivan, zoppicando) Quando l’acqua è pulita, bevo attaccato al rubinetto. Altrimenti bevo direttamente dalla brocca.

 


 

          Ivan
          Flavio Marigliani (Ivan) e Roberto Costantini (Roberto)


 

 

IVAN: E se è vuota?

ROBERTO: La riempio.

IVAN: E se l’acqua è verde?

ROBERTO: Ma insomma, capiterà pure qualche volta che l’acqua sia buona, no? Non devi bere?

IVAN: Mi attacco alla brocca?

ROBERTO: Bevi o buttala via. È vecchia. Puzza! (si poggia al tavolo,      massaggiandosi il piede). Mi fa proprio male.

IVAN: (posando la brocca senza aver bevuto) Siediti, se rimani in piedi è peggio.

ROBERTO: È inutile, mi sta andando in cancrena. Dovrà essere amputato. Ed è tutta colpa tua.

IVAN: Mia?

ROBERTO: Sì, mi hai fatto cadere la sedia sul piede.

IVAN: Quando?

ROBERTO: Prima che uscissimo. Mi hai frantumato il piede con la sedia, devo essermi ferito. Poi mi hai fatto fare quella corsa e la ferita si è infettata.

IVAN: Te l’avevo detto di non correre.

ROBERTO: Sì, sì, va bene.

IVAN: Fammi vedere (si avvicina).

ROBERTO: (lo respinge) Stammi lontano! Non mi toccare. Cos’altro vuoi fare? Lussarmi una spalla? Spaccarmi il femore? Ahhh (si sdraia sul tavolo).

IVAN: Ti fa così male?

ROBERTO: Terribilmente.

IVAN: Forse dovremmo chiamare il medico.

ROBERTO: No. A quest’ora non lavora.

IVAN: Ti porto al pronto soccorso?

ROBERTO: No.

IVAN: Allora che facciamo?

ROBERTO: Niente. Mi passerà. Lasciami in pace.

 

Silenzio. Un debole rumore da fuori.

 

ROBERTO: (come dall’oltretomba) Ivan.

IVAN: Sì?

ROBERTO: Puoi chiudere la finestra? C’è corrente e mi sta venendo     l’emicrania.

 

Ivan va verso la finestra, ma la trova chiusa.

 

IVAN: È chiusa. (pausa) Vuoi che tiro le tende? Magari la luce ti dà fastidio (tira le tende).

ROBERTO: Ecco adesso non si vede più un cazzo!

IVAN: Aspetta, accendo la luce (Ivan accende la luce, nel frattempo inciampa in qualche sedia).

ROBERTO: E non fare casino.

IVAN: Scusa.

 

Pausa

 

ROBERTO: Hai bevuto l’acqua?

IVAN: Non la voglio più.

ROBERTO: Allora buttala.

IVAN: Se poi ti viene sete?

ROBERTO: Ho detto che non la bevo. Buttala, non senti che puzza? È andata a male.

 

Ivan va verso la cucina, prende la brocca e versa l’acqua nel lavandino.

IVAN: Il lavandino è intasato, l’acqua non scende.

ROBERTO: Oh Dio! È un incubo!

IVAN: Che faccio?

ROBERTO: Buttala fuori dalla finestra: è insopportabile!

 

Ivan immerge la brocca nel lavandino prende un po’ d’acqua, si avvia alla finestra, si ricorda che le tende sono tirate e che la finestra è chiusa, torna verso il tavolo, poggia la brocca vicino la testa di Roberto, che si rivolta disgustato mugugnando, torna alla finestra apre le tende, apre la finestra, va a riprendere la brocca e la getta dalla finestra.

 

IVAN: Fatto.

ROBERTO: (annusando l’aria) La puzza è rimasta.

IVAN: Il lavandino non è ancora svuotato.

ROBERTO: Allora, riprendi la brocca, immergila nel lavandino e butta l’acqua fuori dalla finestra.

IVAN: Non posso.

ROBERTO: Perché?

IVAN: L’ho buttata.

 

Roberto si tira su a sedere. Un altro breve rumore da fuori.

 

IVAN: (giustificandosi) Mi è scivolata … se vuoi esco, raccolgo i pezzi e la incollo.

ROBERTO: Lascia perdere. Ne comprerò un’altra.

 

Da fuori un altro breve rumore.

 

ROBERTO: Chiudi quella maledetta finestra. Entra freddo!

 

Ivan chiude la finestra e sta per ritirare le tende, ma Roberto lo ferma.

 

ROBERTO: No, sennò non si vede un accidente.

IVAN: C’è la luce accesa.

ROBERTO: Spegnila! La bolletta la pago io.

 

Ivan va a spegnere la luce. Roberto scende dal tavolo e si avvicina al lavandino per sbirciare dentro disgustato e nauseato.

 

ROBERTO: Mamma mia che puzza! E tu volevi farmi bere questo schifo?

IVAN: Secondo me è buona.

ROBERTO: Fai una cosa: cerca uno stura lavandino.

 

Ivan cerca lo stura lavandino per la stanza.

 

IVAN: Dov’è?

ROBERTO: Non lo so, se lo avessi saputo non ti avrei chiesto di cercarlo.

 

Ivan cerca dentro l’armadio.

 

ROBERTO: Dove lo cerchi?

 

Ivan tira fuori lo stura lavandino dall’armadio.

 

IVAN: (raggiante) Eccolo!

ROBERTO: Che?

IVAN: Lo stura lavandino!

ROBERTO: Quello non è uno stura lavandino.

IVAN: Come no, guardalo (glielo porge).

ROBERTO: (lo prende) Non è possibile. Gli sturalavandini non stanno negli armadi.

IVAN: È vero. In genere no.

ROBERTO: Ecco, appunto. Non stanno mai negli armadi. Nessuno mette mai gli sturalavandini negli armadi. Non si troverà mai uno stura lavandino in un armadio.

IVAN: Certo.

ROBERTO: Ne consegue che questo non è uno stura lavandino.

IVAN: La forma è quella.

ROBERTO: (alterato) Allora vediamo se riesci a sturare il lavandino con questo! (glielo tira addosso).

 

Ivan va verso il lavandino e comincia il suo lavoro.

 

IVAN: Funziona, vedi? È uno stura lavandino.

ROBERTO: Sì, sì va bene. Sbrigati, ché quell’acqua sta impestando tutto: fra poco morirò soffocato. Se solo non facesse così freddo si potrebbe aprire la finestra.

IVAN: Ho quasi finito.

ROBERTO: Continua a farmi male il piede. Quando hai finito aiutami a cercare la chiave della porta.

IVAN: Ho quasi finito.

ROBERTO: Sì, quando hai finito aiutami a cercare la chiave.

IVAN: Finito!

ROBERTO: Vieni qui.

IVAN: Che c’è?

ROBERTO: Non riesco a camminare, aiutami.

 

Ivan prende Roberto sottobraccio, per sostenerlo. Nel frattempo ha ancora lo stura lavandino in mano.

 

ROBERTO: Ma che è … levami questo coso da sotto il naso!

IVAN: Scusa.

ROBERTO: Mettilo via.

 


 

        


 

 

Ivan lascia Roberto, che si appoggia ad una sedia, e si dirige verso l’armadio per posare lo stura lavandino.

 

ROBERTO: Che fai?

IVAN: Lo rimetto a posto.

ROBERTO: Nell’armadio?

IVAN: È dove stava.

ROBERTO: Non lo mettere lì. Impuzzolisce tutto.

IVAN: Allora dimmi che ci devo fare.

ROBERTO: (sofferente) Ma non lo so … fallo sparire, buttalo via.

IVAN: Va bene.

 

Ivan si dirige risolutamente alla finestra, la apre e getta via lo stura lavandino. Da fuori proviene un debole rumore.

 

ROBERTO: (che lo ha seguito con lo sguardo. Perplesso) Che hai fatto?

IVAN: Me lo hai detto tu.

ROBERTO: Io non ti ho detto di buttarlo dalla finestra.

IVAN: Scusa, prima mi hai fatto buttare l’acqua dalla finestra. Ho fatto lo stesso con lo stura lavandino.

ROBERTO: Non fa nulla, tanto non lo avrei più usato: è contaminato. Ne comprerò uno nuovo.

 

Un altro rumore dall’esterno, più forte.

 

ROBERTO: Vuoi chiudere quella finestra? Senti che gelo! Poi aiutami a sedermi.

 

Ivan chiude la finestra e aiuta Roberto a mettersi seduto sulla sedia. Il rumore smette.

 

ROBERTO: Cerca carta e penna.

 

Ivan va diritto verso l’armadio.

 

ROBERTO: Non stanno lì.

IVAN: Sicuro?

 

Ivan apre l’armadio e torna vicino a Roberto con un foglio di carta e una penna.

 

IVAN: Che devo fare?

ROBERTO: Devi scrivere, no? Che vuoi farci con della carta e una penna?

IVAN: (prende una sedia e si mette al tavolo) Dimmi che devo scrivere.

ROBERTO: La lista della spesa. Non c’è niente in casa e dovrò sopravvivere in qualche modo, finché sono paralizzato.

IVAN: Ok, detta.

ROBERTO: Una brocca di vetro e uno stura lavandino.

IVAN: La brocca non sarebbe meglio prenderla di plastica?

ROBERTO: Perché?

IVAN: Così la prossima volta che cadrà dalla finestra non si romperà.

ROBERTO: No, il vetro è più igienico. Soprattutto ora che ho il piede in queste condizioni, devo stare molto attento alla mia salute.

IVAN: Poi?

ROBERTO: Poi cosa?

IVAN: Cos’altro devo aggiungere alla lista?

ROBERTO: Ah, già … non so … che altro mi hai perso? La chiave della porta. Dovrò rifare la serratura.

IVAN: Cerchiamola, sarà qui da qualche parte.

ROBERTO: Io non posso cercarla: sto male. Non posso muovermi con il piede ridotto così.

IVAN: La cerco io.

 

Ivan poggia carta e penna sul tavolo, si china a terra e comincia a cercare la chiave per tutta la stanza. Nel frattempo Roberto prova ad avvicinarsi al tavolo per controllare la lista.

 

ROBERTO: Aiutami, non ci arrivo.

 

Ivan va da Roberto, lo aiuta ad alzarsi e a mettersi al posto dove era seduto lui, davanti al foglio di carta, poi torna a quattro zampe a cercare la chiave.

 

IVAN: Ti ricordi dove l’hai vista l’ultima volta?

ROBERTO: (che nel frattempo sta scrutando il foglio) No. Scrivi malissimo non si capisce nulla.

IVAN: Sicuro di non averla portata fuori con te?

ROBERTO: Sicuro. Credo di non aver mai letto una calligrafia peggiore di questa.

IVAN: Magari ce l’hai in tasca.

ROBERTO: Me ne sarei accorto. Questa cos’è una “S” o una “K”?

IVAN: (si alza e va a controllare il foglio) Una “S”.

ROBERTO: Perché fai le “S” uguali alle “K”?

IVAN: Non ho scritto nessuna “K”.

ROBERTO: Questa cos’è?

IVAN: Una “S”. “Stura lavandino”. È quello che mi hai detto di scrivere.

ROBERTO: Me lo ricordo cosa ti ho detto di scrivere, non sono rincoglionito. Hai trovato la chiave?

IVAN: Non ancora.

ROBERTO: Allora aggiungi alla lista che bisogna rifare la serratura. (gli porge il foglio  e la penna).

IVAN: Non puoi scriverlo tu?

ROBERTO: Mi fa male il polso. E poi non posso fare troppi sforzi. Non vorrei che la situazione del mio piede si aggravasse. A proposito … scrivi! (Ivan si china sul tavolo per scrivere)… portami sulla poltrona, perché qui sulla sedia faccio  troppa pressione sulla gamba. Adesso il dolore è salito dal    piede fino quasi al ginocchio. È un dolore atroce.

 

Ivan aiuta Roberto a trascinarsi sulla poltrona.

 


 

          

 

ROBERTO: Piano, non correre. Insomma uno ti dice che sta male e tu lo tratti così?   Hai la  delicatezza di un ippopotamo. Ahia (si lascia cadere sulla poltrona). Dammi una sedia, così posso stendere la gamba.

 

Ivan gli porta una sedia.

 

ROBERTO: Aiutami.

 

Ivan gli prende il piede ferito e lo poggia il più delicatamente possibile sulla sedia. Roberto urla dal dolore.

 

ROBERTO: Sei impazzito?

IVAN: Che ho fatto?

ROBERTO: A momenti mi fracassi la rotula. Questa sedia è troppo dura: mi farà venire i calli. Come se non bastasse quello che già ho. Cercami un cuscino.

IVAN: Stavo cercando la chiave.

ROBERTO: La chiave può aspettare, non è urgente. Cerca dei cuscini.

IVAN: Non ci sono.

ROBERTO: Se non li cerchi non puoi trovarli.

 

Ivan cerca con lo sguardo in giro per la stanza.

 

ROBERTO: Sbrigati.

 

Roberto soffre rumorosamente. Ivan continua a cercare i cuscini.

 

IVAN: Non pensarci.

ROBERTO: A che?

IVAN: Al dolore.

ROBERTO: Vorrei vedere te al mio posto.

IVAN: Io di cuscini non ne trovo.

ROBERTO: Guarda nell’armadio.

IVAN: Li hai messi nell’armadio?

ROBERTO: Tu guardaci.

 

Ivan cerca nell’armadio.

 

IVAN: Non ci sono.

ROBERTO: Cerca meglio.

IVAN: Ho detto che non ci sono.

ROBERTO: Non è possibile. C’era la brocca d’acqua e non ci sono i cuscini?  Saranno in fondo, sotto tutte quelle cianfrusaglie.

 

Ivan si infila dentro l’armadio.

 

IVAN: (da dentro l’armadio) Ecco!

ROBERTO: Hai trovato i cuscini?

IVAN: (uscendo trionfante dall’armadio) No. Ecco la chiave della porta!

ROBERTO: E che me ne faccio? Ti ho chiesto di trovarmi dei cuscini.

IVAN: Ma è quello che stavo cercando prima, adesso finalmente possiamo chiudere a chiave.

ROBERTO: Questo non risolve il problema del mio piede: continua a farmi male. E  la sedia è troppo dura. Possibile che non ci sia neanche uno straccio di  cuscino in questa casa?

IVAN: Non c’è.

ROBERTO: Un lenzuolo, un asciugamano, una pezza, qualunque cosa!

IVAN: Non c’è … Intanto chiudiamo la porta, così possiamo togliere la poltrona da lì.

ROBERTO: Ti dà fastidio la poltrona messa qui?

IVAN: No, ma stai scomodo.

ROBERTO: Non è scomoda la poltrona, è scomoda la sedia.

IVAN: Per la sedia non posso farci niente, la poltrona invece possiamo metterla in un  punto migliore.

ROBERTO: (sarcastico) Che genio!

 

Ivan si avvicina alla porta, scavalca la poltrona per chiudere a chiave.

 

ROBERTO: Ma che fai? Togliti di dosso!

IVAN: Devo chiudere la porta.

ROBERTO: Ahia, mi schiacci la gamba!

IVAN: Ecco, ho fatto. Non ci voleva nulla.

ROBERTO: Adesso levati!

IVAN: Vuoi che spostiamo la poltrona?

ROBERTO: No! Sto seduto qui e non mi sposto. Dammi un attimo di tregua.

 

Pausa

 

IVAN: Stavo pensando …

ROBERTO: Andiamo bene.

IVAN: … che se ti siedi sulla sedia e poggi la gamba sulla poltrona … vada meglio.

ROBERTO: E cosa cambia?

IVAN: Avresti il piede sul morbido.

ROBERTO: (sarcastico) Ah già, che bella pensata. Non faresti prima a cercare un cuscino?

IVAN: L’ho cercato e non c’è.

ROBERTO: (rassegnato) Proviamo come dici. Tanto peggio di così non può andare.

 

Ivan aiuta Roberto ad alzarsi. Roberto ha una gamba completamente inutilizzabile.

 

      

 

ROBERTO: Reggimi!

IVAN: Hai l’altra gamba.

ROBERTO: No, il dolore è troppo intenso.

IVAN: Poggiati alla sedia, o al tavolo.

ROBERTO: Il tavolo è lontano.

IVAN: Tieni, qui c’è una sedia.

ROBERTO: Non puoi reggermi tu? Se mi lasci casco.

IVAN: Appoggiati alla sedia. Io devo spostare la poltrona. Non ce la faccio a spostare la poltrona e a tenerti in piedi contemporaneamente.

ROBERTO: (con sarcasmo) Scusa se sto male.

 

Roberto prova ad appoggiarsi alla sedia. Ivan intanto comincia a spostare la poltrona.

 

ROBERTO: Non sarebbe meglio se mi sedessi?

IVAN: Siediti.

ROBERTO: Ma devi aiutarmi. Non ce la faccio da solo.

IVAN: Adesso ti aiuto.

ROBERTO: Lascia stare la poltrona e mettimi seduto.

 

Ivan lascia perdere la poltrona, va da Roberto e lo aiuta a sedersi.

 

IVAN: Va meglio?

ROBERTO: Insomma.

IVAN: Dove vuoi metterti?

ROBERTO: Sposta la poltrona sotto la finestra, così avrò un po’ di luce per leggere.

 

Ivan spinge la poltrona fino alla finestra.

 

ROBERTO: Non strusciare per terra, che righi il pavimento. Attento alla sedia. Sposta il tavolo, così passi meglio. Non c’è abbastanza spazio, sposta il tavolo ho detto. Ecco visto? Così è meglio. Non potresti alzare la poltrona invece di strusciarla per terra? Senti che fastidio … Va bene, lasciala dove sta!

IVAN: A posto.

ROBERTO: Adesso portami lì.

IVAN: Sì, un attimo.

ROBERTO: Che dobbiamo aspettare?

IVAN: Riprendo fiato.

ROBERTO: Hai spostato una poltrona, mica un armadio.

IVAN: Era pesante.

ROBERTO: Quanto vuoi che pesi una poltrona?

 

Ivan si avvicina a Roberto per aiutarlo ad alzarsi, ma Roberto lo ferma.

 

ROBERTO: Prima di alzarmi porta una sedia davanti alla poltrona.

 

Ivan obbedisce.

 

ROBERTO: Bravo. Più a sinistra. Non in faccia alla finestra: davanti alla poltrona!

IVAN: Così?

ROBERTO: Bene. Aiutami.

 

Ivan aiuta Roberto ad alzarsi e a trascinarsi fino alla finestra.

 

ROBERTO: Non correre, ho solo una gamba.

IVAN: Dove ti vuoi sedere? Sulla sedia o sulla poltrona?

ROBERTO: Devo tenere la gamba sul morbido.

IVAN: Allora girati, che ti porto sulla sedia.

ROBERTO: Eh, una parola …

IVAN: Non è difficile.

ROBERTO: Per te forse … ecco ce l’abbiamo fatta … lasciami scivolare delicatamente … piano …

 

Ad Ivan sfugge la presa e Roberto piomba brutalmente sulla sedia.

 

ROBERTO: Ah!

IVAN Ti sei fatto male?

ROBERTO: Assassino! Certo che mi sono fatto male. Aiutami a mettere la gamba sulla poltrona. Fai attenzione!

 

Ivan lo aiuta a mettere la gamba sulla poltrona.

 

IVAN: Va meglio?

ROBERTO: Insomma … non cambia nulla.

IVAN: Non so che altro fare.

ROBERTO: Non fare niente. Anzi, portami qualcosa da leggere.

IVAN: Che vuoi: un giornale? Una rivista?

ROBERTO: Quello che c’è, ho bisogno di distrarmi.

 

Ivan si mette a cercare qualcosa da leggere.

 

IVAN: Qui c’è un giornale.

ROBERTO: Portamelo.

 

Roberto prende il giornale, gli dà un’occhiata rapidissima e lo butta via.

 

ROBERTO: Non mi va di leggere il giornale, non c’è per caso un libro? … Un  romanzo … Cerca nell’armadio.

 

Ivan apre l’armadio.

 

IVAN: Non c’è.

ROBERTO: Ti pareva. Prova … non so …

IVAN: Trovato! (brandisce un libro)

ROBERTO: Dove?

IVAN: Infilato sotto l’armadio.

ROBERTO: Ah, ecco, mi ricordavo bene.

IVAN: Non era nell’armadio … Era sotto.

ROBERTO: Mi sarà caduto mentre lo mettevo a posto. Cos’è?

IVAN: Un romanzo.

ROBERTO: Che romanzo?

IVAN: Non lo so.

ROBERTO: Ce l’avrà un titolo, no?

IVAN: Certo.

ROBERTO: E qual è questo titolo?

IVAN: “L’Amministratore” di Anthony Trollope.

ROBERTO: (deluso) Ah. (pausa) Non c’è nient’altro?

IVAN: È l’unico libro che ho trovato.

ROBERTO: Va bene lo stesso. Portamelo.

 

Ivan gli porge il libro e Roberto comincia a leggere. Intanto comincia a calare molto lentamente la luce: alla fine dell’atto dovrà essere sopraggiunta la notte.

 

ROBERTO: Sai chi è Trollope?

IVAN: Quello che ha scritto il libro.

ROBERTO: No, cioè sì, ha anche fatto questo. Ma sai cosa ha fatto di veramente notevole?

IVAN: Avrà scritto dei libri.

ROBERTO: Ha inventato la cassetta della posta. È stato un uomo importante: un genio, nonostante scrivesse romanzi.

IVAN: Posso leggerlo? (prendendo il giornale da terra)

ROBERTO: Ma se lo sto leggendo io!

IVAN: Dico il giornale.

ROBERTO: Invece di perdere tempo, perché non fai qualcosa di utile? Prepara la cena.

IVAN: Dimmi cosa vuoi …

ROBERTO: Dimmi cosa c’è.

IVAN: Non so dove cercare.

ROBERTO: Forse in cucina?

 

Ivan si avvia in cucina e segue letteralmente tutte le indicazioni di Roberto.

 

ROBERTO: Apri la credenza: non quella, quella a fianco. Vedi se c’è la pasta. Ho voglia di pasta.

IVAN: Sì, c’è.

ROBERTO: Cosa?

IVAN: La pasta.

ROBERTO: Ho capito ma cosa?

IVAN: Cosa che? La pasta!

ROBERTO: Ma quale tipo di pasta?

IVAN: Spaghetti, penne e … questi non so cosa siano.

ROBERTO: Voglio quelli che non sai cosa siano.

IVAN: Dove prendo la pentola?

ROBERTO: Nell’altra credenza, quella che stavi aprendo prima.

 

Ivan apre la credenza.

 

IVAN: Non c’è. È vuota.

ROBERTO: Non può essere.

IVAN: Invece sì, ti dico che è vuota.

ROBERTO: Magari non c’è la pentola, ma non è possibile che sia vuota.

IVAN: Va bene. Non è vuota. Però la pentola non c’è.

ROBERTO: Allora cercala.

IVAN: Dove?

ROBERTO: Non lo so. Io l’avevo messa nella credenza. Dov’è ora non lo so.

 

Ivan si mette a cercare la pentola in giro per la stanza.

 

ROBERTO: Pensi di trovarla per terra?

IVAN: Dove dovrei cercare?

ROBERTO: Che ne so. Se lo avessi saputo te lo avrei detto prima. Ti avevo detto di  cercarla nella credenza, non l’hai trovata, adesso arrangiati!

 

Ivan apre l’armadio e cerca lì dentro. Roberto riprende a leggere.

 

IVAN: L’ho trovata.

ROBERTO: Bene, adesso finalmente comincerai a preparare la cena? Ho fame.

 

Ivan torna al lavandino e apre il rubinetto.

 

IVAN: L’acqua continua ad essere verde.

ROBERTO: (annusando l’aria) Si sente.

IVAN: Che posso fare?

ROBERTO: Cerca l’acqua pulita.

IVAN: Non c’è. Dovremo usare questa.

ROBERTO: Neanche per sogno. Vuoi avvelenarmi?

IVAN: Tanto si disinfetta quando bolle.

ROBERTO: Non mangio. Non mi va di morire.

IVAN: (chiude il rubinetto) Va bene. Che altro posso cucinare? Dov’è il    frigorifero?

ROBERTO: Non è lì?

IVAN: Non lo vedo.

ROBERTO: (riprendendo a leggere) Allora non c’è.

 

Silenzio.

 

IVAN: Non hai il frigorifero?

ROBERTO: Se non è in cucina, non ho idea di dove possa stare.

 

Ivan guarda in direzione dell’armadio. Poi comincerà a seguire letteralmente tutte le indicazioni di Roberto, come prima.

 

ROBERTO: (sarcastico) Non credo che lo troverai lì dentro. (senza mai staccare gli  occhi dal libro) Cerca qualcos’altro da cucinare. Forse ho dei legumi in scatola da qualche parte. Cerca nella credenza, non quella, quella a fianco. Se non sono lì dovrebbero stare in quel ripiano sotto al lavandino. Non ci  sono? Non sei capace di trovare niente. Devo pensarci sempre io? (Ivan va verso l’armadio) È inutile che vai verso l’armadio non li troverai lì dentro. Sta facendo buio, tra l’altro, vieni ad accendere la luce (Ivan va ad accendere la lampada). Ecco, tanto non cambia niente. Me l’avvicini? Un po’ più in alto, no a destra, così. Hai trovato da mangiare?

IVAN: No.

ROBERTO: (smettendo di leggere) No? Che stai facendo? Ti vuoi muovere?

IVAN: Stavo regolando la luce.

ROBERTO: Adesso l’hai fatto. Ora mettiti a cucinare.

IVAN: Ma non c’è nulla!

ROBERTO: Non è possibile, cerca meglio.

 

Ivan apre l’armadio e trova delle scatole di alluminio.

 

IVAN: Fagioli, ceci. Anche il tonno!

ROBERTO: Bravo! Quanto vogliamo andare avanti così? Se non le apri nessuno mangia!

 

Ivan torna in cucina.

 

IVAN: Come le apro?

ROBERTO: Con l’apriscatole.

IVAN: E dove sta?

ROBERTO: Lì, da qualche parte …

IVAN: Ho capito.

 

Ivan torna nuovamente all’armadio, lo apre, trova l’apriscatole, lo prende e lo porta al lavandino, dove comincia ad aprire le scatole.

 

IVAN: I piatti?

ROBERTO: Non li sai trovare da solo? 

IVAN: Immagino che siano dentro l’armadio.

ROBERTO: Allora apri l’armadio e prendi i piatti!

IVAN: Certo, apro l’armadio e prendo i piatti.

 

Ivan apre l’armadio e prende due piatti, li mette in tavola e porta anche le scatolette. Intanto Roberto continua a leggere.

 

IVAN: È pronto!

ROBERTO: Non mi sembra. I piatti sono vuoti, dovresti versare la cena nei piatti, e poi dire che è pronto.

 

Ivan versa il contenuto delle scatole nei piatti e ripete.

 

IVAN: (con lo stesso tono) È pronto!

ROBERTO: Adesso sì. Portami a tavola.

 

Ivan va da Roberto, lo aiuta ad alzarsi e a trascinarsi a tavola. Roberto letteralmente non si regge in piedi. Arrivato al tavolo si butterà su una sedia.

 


 

         

 

 

ROBERTO: Piano, piano. Ah che dolore … fino alla coscia. Non mi reggo in piedi. Guarda come mi hai ridotto, guarda!

 

Seduto a tavola Roberto si accorge di avere ancora il libro in mano e lo consegna a Ivan.

 

ROBERTO: Uh, scusa … mi ero dimenticato … lo metteresti a posto?

 

Ivan prende il libro e lo ripone nell’armadio. Intanto Roberto ha preso il piatto di Ivan e ha cominciato a mangiare.

 

ROBERTO: Già che ci sei … vedi se riesci a trovare anche delle posate, ché ti sei scordato di metterle a tavola. Tanto sono nell’armadio.

IVAN: Non ci sono.

ROBERTO: Ma sì, dài, guarda meglio.

IVAN: Ti dico che non le trovo.

ROBERTO: Be’ se non ti schifi di mangiare con le mani …

IVAN: No, per me non ci sono problemi.

 

Roberto nel frattempo ha finito di mangiare e rimette il piatto vuoto al posto di Ivan. Ora comincia a divorare la sua parte.

 

IVAN: La mia cena?

ROBERTO: Cosa vuoi? Sei stato tu a fare le porzioni: quello è il tuo piatto. Buon appetito.

 

Buio.

 

 

FINE ATTO I

 

 

 

 

ATTO II

 

Stessa scena di prima. Ora è notte. Ivan sta dormendo sdraiato sotto il tavolo. Le tende davanti alla finestra sono rimaste aperte. Roberto è arrampicato meglio che può sulla poltrona: dorme anche lui, ma è un sonno agitato. Improvvisamente si sveglia. Per la prima parte dell’atto, finché non comincerà a farsi giorno, gli attori parleranno a voce bassa, sommessa, a volte quasi sussurrando e staranno attenti a non fare rumore.

 

ROBERTO: Oddio! Un incubo … che freddo! La finestra fa spifferi da ogni parte … Ivan … Ivan … (silenzio) Questo dorme … e chi lo sveglia? … Ivan … Ogni volta che c’è bisogno di lui … Ivan! Niente … Come faccio?

 

Roberto si sporge dalla poltrona.

 

ROBERTO: … Ivan! … Ivan! … Devo urlare? Svegliati! (pausa) Devo venire lì?

 

Roberto si butta giù dalla poltrona. Comincia a strisciare in direzione di Ivan: ormai ha entrambe le gambe paralizzate.

 

ROBERTO: (borbottando) Guarda cosa mi tocca fare … Come mi sono ridotto … capitano tutte a me … Ma che ho fatto di male per meritare questo?  Strisciare come un  verme! Mi faccio pena da solo … Ivan! … Ivan! … Ivan!   Non sente … o non vuole sentire. Adesso gli faccio vedere io.

 

Roberto si è avvicinato a Ivan e gli tira un cazzotto. Ivan si sveglia di soprassalto.

 

IVAN: Ih! Che è stato? (vedendo Roberto) Che c’è? Che fai a terra?

 


 

         

 

ROBERTO: Sono due ore che ti chiamo e non rispondi.

IVAN: Stavo dormendo.

ROBERTO: Anch’io ci ho provato, ma dalla finestra entra freddo. Non riesco a dormire. E se mi addormento mi vengono gli incubi.

IVAN: Che ci posso fare?

ROBERTO: Non lo so, aiutami.

IVAN: Hai provato a chiudere le tende?

ROBERTO: Come? Sono paralizzato.

IVAN: Le chiudo io (fa per alzarsi).

ROBERTO: No, se chiudi le tende non entra più luce. Poi non si vede niente.

IVAN: Non c’è bisogno di vedere per dormire.

ROBERTO: Ma se non dormo non mi va di stare al buio.

IVAN: Prima dormivi.

ROBERTO: Avevo gli incubi.

IVAN: Non posso farci niente.

ROBERTO: È colpa tua. La cena era immangiabile. Pesantissima. Ho ancora  tutto sullo stomaco. Fra poco vomiterò.

IVAN: Qual è il problema? La finestra o la cena?

ROBERTO: Tutte e due. Stare fermo lì sotto la finestra, in mezzo alla corrente mi ha fatto venire una congestione. E poi c’è troppa luce per dormire.

IVAN: Tiro le tende.

ROBERTO: Ma se poi è troppo buio non mi sento tranquillo e non riesco a dormire.

IVAN: Allora chiudo le tende, così non entra freddo, ma accendo la luce.

ROBERTO: Sì, e chi dorme più.

IVAN: (iniziando ad alzare la voce) Ma insomma, cosa vuoi da me? Mi hai svegliato    per lagnarti? Dormivo tanto bene!

ROBERTO: Ssshhhh non strillare, ché mi torna il mal di testa. Ci credo che dormivi   bene, mica stavi al freddo.

IVAN: No. Stavo sotto il tavolo.

ROBERTO: Ah, già il tavolo, perché non ci ho pensato prima?

IVAN: Vuoi dormire sotto il tavolo?

ROBERTO: Sono un cane io, che dormo per terra? Aiutami a sdraiarmi sopra il tavolo.

IVAN: Adesso?

ROBERTO: No, domani.

IVAN: Ah, allora c’è tempo, buonanotte (si sdraia).

ROBERTO: Adesso, imbecille! Aiutami ad alzarmi.

IVAN: (alzandosi e provando a tirare su Roberto) Uff vediamo se riesco a fare un paio d’ore di sonno.

ROBERTO: Ma stai zitto, che russavi come un porco.

IVAN: Io?

ROBERTO: Sì, è impossibile dormire con te nella stessa stanza … Ahi, non tirare.

IVAN: Da solo non ce la faccio. Devi collaborare.

ROBERTO: Non ci riesco, sono paralizzato. Ho tutte e due le gambe fuori uso.

IVAN: Però ci sei riuscito a svegliarmi.

ROBERTO: Sì, con la forza della disperazione.

IVAN: Tieni, siediti su questa sedia (lo avvicina a una sedia).

ROBERTO: Che ci faccio?

IVAN: Ti ci siedi. Poi ti mettiamo sul tavolo.

ROBERTO: Chi?

IVAN: Chi cosa?

ROBERTO: Chi mi mette sul tavolo?

IVAN: Io.

ROBERTO: Hai detto “mettiamo”.

IVAN: Era un plurale maiestatis.

ROBERTO: Hai una grande considerazione di te stesso. Dovrò rivolgermi a te dandoti del voi? «Oh Vostra Eccellentissima grazia, vi sono obbligato della  gentilezza che offrite nel porgere il vostro misericordioso aiuto ad un povero relitto immondo quale mi sono ridotto …»

 

Intanto Ivan è riuscito a metterlo sulla sedia.

 

ROBERTO: Non mi va di stare seduto. Voglio sdraiarmi.

IVAN: Adesso ti mettiamo sul tavolo.

ROBERTO: (con sarcasmo) Mettetemi, vostra grazia mettetemi …

IVAN: Adesso ti metterò sul tavolo.

ROBERTO: Quanto ci metti?

IVAN: E un attimo!

 

Ivan riprende Roberto e cerca di metterlo sdraiato sul tavolo.

 

ROBERTO: Non agitarmi troppo ché mi sento male. Ho i fagioli che mi corrono su e  giù per l’esofago. Sei sicuro che non fossero scaduti? Avevano un sapore strano, non ti è sembrato?

IVAN: Non lo so: non li ho mangiati.

ROBERTO: Oh, povera vittima! Tu soffri di manie di persecuzione, lasciatelo dire. Non è possibile che tutto il mondo ce l’abbia con te. Non credere di essere così importante, non sei il centro dell’universo. Vivrei benissimo anche senza  di te!

 

Ivan lascia la presa e Roberto piomba per terra.

 

ROBERTO: Ahi! Stai cercando di ammazzarmi?

IVAN: Scusa. Mi sei scivolato.

ROBERTO: Mani di ricotta! Ti scivola tutto. (Ivan cerca di rialzarlo, ma Roberto lo respinge) Lasciami. Non toccarmi. Faccio da solo: chi fa da sé, fa per tre (con uno sforzo sovrumano riesce a tornare sulla sedia).

IVAN: Hai visto che ci riesci anche da solo?

ROBERTO: A fare che?

IVAN: TI sei messo seduto da solo. Se collabori riesco a metterti anche sul tavolo.

ROBERTO: Tu riusciresti a buttarmi fuori dalla finestra … dammi una mano ché al tavolo non ci arrivo …

 

Ivan aiuta Roberto a mettersi sul tavolo. Silenzio.

 

ROBERTO: Ricordati che devi pagarmi la serratura della porta: bisogna rifarla.

IVAN: Perché? La chiave l’abbiamo trovata.

ROBERTO: Ah, già, me l’ero dimenticato … allora c’è qualcos’altro che devi pagare … non riesco a ricordarmi, però …

IVAN: Non c’è nulla. La brocca te la compro, ma lo stura lavandino è qui, sotto la finestra.

ROBERTO: Quello è contaminato dall’acqua sporca. Ne voglio uno nuovo.

 

Intanto Ivan è riuscito a far sdraiare Roberto sul tavolo.

 

ROBERTO: Adesso ho sete.

IVAN: Sì, anch’io.

ROBERTO: Portami un po’ d’acqua.

IVAN: Come faccio?

ROBERTO: Ah già, mi hai rotto la brocca. Fa niente, morirò di sete … tanto di una morte dobbiamo morire.

IVAN: Non ci sono neanche i bicchieri …

ROBERTO: No. Avevo una brocca. Che tu hai rotto.

IVAN: Se vuoi posso portarti fino al lavandino e bevi da lì.

ROBERTO: No, chi ce la fa? Se tu non mi avessi rotto la brocca … e poi l’acqua del rubinetto è ancora sporca.

IVAN: Vediamo.

 

Ivan apre il rubinetto.

 

IVAN: No, è pulita.

ROBERTO: Macché pulita? Non senti il tanfo? Chiudi il rubinetto.

IVAN: È pulita, ti dico, guarda, la bevo … (beve)

ROBERTO: Chiudi quel rubinetto! Senti che casino che stai facendo: ho detto che ho mal di testa.

Ivan richiude il rubinetto. Intanto comincia ad albeggiare e un debole rumore viene dall’esterno. Ivan è rimasto fermo. Un momento di preoccupato silenzio poi i due riprendono a parlare, a voce un po’ più alta, come se non fosse successo niente e cercando di ignorare, per quanto possono, i rumori che vengono dall’esterno.

 

ROBERTO: Chiudi la finestra. Entra freddo.

IVAN: È chiusa.

ROBERTO: Mi è venuto mal di testa.

IVAN: Hai detto che ti stava per venire il mal di testa, non che già lo avevi.

ROBERTO: Me lo hai fatto venire tu. Adesso lasciami in pace. Voglio dormire.

IVAN: D’accordo.

 

Ivan si infila sotto il tavolo e cerca di dormire. Silenzio. Da fuori si sente un altro debole rumore.

 

ROBERTO: Non si può dormire così.

IVAN: Che c’è adesso?

ROBERTO: Il tavolo è duro.

IVAN: Vuoi tornare sulla poltrona?

ROBERTO: No, per carità! Non resisterei ad un’impresa simile.

IVAN: (che ha rinunciato a dormire e si rialza) Allora cosa vuoi fare?

ROBERTO: Voglio dormire, ma sul morbido. Cercami qualcosa che posso mettere sotto la schiena.

IVAN: (mostrando segni di insofferenza) Che ci vuoi mettere? Non ci sono cuscini, non ci sono lenzuola, non ci sono coperte!

ROBERTO: Ma quanto sei polemico … Dio mio! Sei veramente insopportabile. Va bene così, rimango sul nudo legno. Ne riparliamo quando la mia salute peggiorerà. Buonanotte.

 

Roberto prova a rigirarsi, ma deve rinunciare, perché il suo corpo non reagisce. Ivan, intanto, si è seduto su una sedia, e ha preso il giornale, per darci uno sguardo.

 

ROBERTO: Ivan.

IVAN: Eh?

ROBERTO: Che stai facendo?

IVAN: Leggo il giornale.

ROBERTO: A quest’ora?

IVAN: Non so cosa fare.

ROBERTO: Le persone normali a quest’ora dormono.

IVAN: Sì ma io ormai ho perso il sonno.

ROBERTO: Allora, visto che stai senza fare niente, aiutami a girarmi.

IVAN: Subito.


 

        

 

 

Ivan aiuta Roberto a girarsi.

 

ROBERTO: Così la schiena dovrebbe farmi meno male.

 

Ivan torna a leggere il giornale.

 

ROBERTO: Certo che è scomodo questo tavolo, non è fatto per dormirci sopra. È fatto male. Scommetto che stavi più comodo tu lì sotto. Ivan?

IVAN: Eh?

ROBERTO: Che fai?

IVAN: Quello che facevo prima: leggo il giornale.

ROBERTO: Hai comprato il giornale nuovo? Non ti ho sentito uscire. Perché se uscivi saresti potuto anche andare a comprarmi la brocca … e qualcosa da mangiare, ché mi sta venendo fame.

IVAN: No, è quello che stava qui, sulla sedia.

ROBERTO: Che cosa?

IVAN: Il giornale.

ROBERTO: Che giornale?

IVAN: Il giornale che sto leggendo.

ROBERTO: Ancora con questo giornale? Quanto sei lento … Aiutami: sto scomodo, devo girarmi.

 

Ivan aiuta Roberto a rigirarsi, poi torna seduto a leggere il giornale. Da fuori un altro rumore. Continua ad albeggiare.

 

ROBERTO: Che dice di bello il giornale?

IVAN: Le stesse cose che diceva ieri. Lo hai letto anche tu. È lo stesso giornale. È quello che stava qui sulla sedia, dove lo avevamo lasciato ieri sera.

ROBERTO: Leggi il giornale di ieri? Non è normale, sai? Non è rimasto nulla da mangiare?

IVAN: No, non c’è nulla. Hai finito tutto ieri.

ROBERTO: Be’ avrei fatto meglio a non mangiare tutta quella roba. Era scaduta, mi   ha fatto male, avremmo dovuto buttarla.

IVAN: Io l’avrei mangiata, a me sembrava buona.

ROBERTO: Certo, tu sei una fogna, mangeresti qualunque cosa. Volevi anche bere l’acqua del rubinetto!

IVAN: L’ho bevuta, era buona.

ROBERTO: Non era verde?

IVAN: No. Era buona, pulita. Ne vuoi un po’? Ti accompagno al lavandino.

ROBERTO: Non bevo l’acqua del lavandino. È sporca. Può sembrare pulita, ma ormai le condotte sono avvelenate. Che schifo: non si può più vivere in questo modo. Ivan?

 

Ivan getta via il giornale con rabbia.

 

ROBERTO: Aiuto! Non mi sento più il braccio.

 

Da qui Ivan manterrà un tono sempre più premuroso nei confronti di Roberto, ma venato da una certa ambiguità di fondo che si fa mano a mano più evidente.

 

IVAN: Che braccio?

ROBERTO: Come faccio a saperlo, se non lo sento?

IVAN: Ti sentirai l’altro.

ROBERTO: Sì, il destro.

IVAN: Non ti senti il braccio destro?

ROBERTO: No, il braccio destro lo sento.

IVAN: Allora non ti senti il sinistro?

ROBERTO: Non lo so quale braccio non mi sento: se non me lo sento! Certo che ce ne metti a capire …

IVAN: Va bene, che devi fare?

ROBERTO: Mi devo grattare.

IVAN: Cosa?

ROBERTO: Il naso. Mi prude.

IVAN: Non puoi usare l’altra mano?

ROBERTO: Quale altra mano?

IVAN: La destra, quella che ti senti.

ROBERTO: No, sono mancino. Per favore aiutami, che ti costa? Neanche questo vuoi fare? Stai qui mangi e dormi a sbafo e nemmeno mi aiuti quando sto male … bel ringraziamento!

IVAN: Va bene, ti gratto.

 

Ivan gratta il naso di Roberto.

 

ROBERTO: Oh, ecco, bravo. Adesso la fronte. E fai piano! Basta, smettila, mi stai scorticando!

 

Ivan smette di grattare Roberto e si avvicina alla finestra per guardare fuori. Roberto lo ferma subito. Intanto si sta facendo giorno.

 

ROBERTO: Che devi fare?

IVAN: Niente, stavo andando alla finestra.

ROBERTO: A fare che?

IVAN: A fare quello che si fa dietro una finestra: a guardare fuori. Le finestre esistono apposta.

ROBERTO: No, le finestre esistono per far entrare la luce. Se proprio devi stare con le mani in mano, preparami un caffè, forse mi farà bene.

IVAN: Per fare il caffè ci vuole l’acqua.

ROBERTO: Lo so.

IVAN: E l’acqua del rubinetto non la vuoi.

ROBERTO: Ho capito, non vuoi farmi neanche un caffè.

IVAN: No, no, te lo faccio, dov’è la caffettiera?

ROBERTO: Non ce l’ho.

IVAN: Come non ce l’hai? Come vuoi che te lo faccia il caffè?

ROBERTO: Non lo so … io non prendo mai il caffè in casa, non mi piace. Anzi non   lo prendo neanche fuori: non mi piace il caffè.

IVAN: Va bene, niente caffè. Adesso che lo volevo anch’io …

ROBERTO: Ohhh e ricominci a fare la vittima! Pensa a me, invece, pensa a come sono ridotto!

IVAN: Sopravviverai, ci sono io che mi prendo cura di te.

ROBERTO: Tu finora sei stato un peso morto.

IVAN: Come vuoi, posso sempre andarmene.

ROBERTO: Ma dove vuoi andartene? Non dire sciocchezze.

 

Improvvisamente bussano forte alla porta di ingresso. Ivan si preoccupa, Roberto fa finta di niente.

 

IVAN: Hai sentito?

ROBERTO: Cosa?

IVAN: Hanno bussato!

ROBERTO: Io non ho sentito niente.

IVAN: Ma sì.

 

Di nuovo dei colpi alla porta.

 

IVAN: Ecco, di nuovo!

ROBERTO: A me non sembra.

IVAN: Ho sentito dei colpi alla porta.

ROBERTO: Te li sarai sognati.

 

Ancora dei colpi alla porta, più insistenti.

 

IVAN: Adesso non dirmi che non li hai sentiti?

ROBERTO: Ma cosa devo sentire?

IVAN: Stanno bussando alla porta.

ROBERTO: Perché bussano se c’è il citofono?

IVAN: Forse è rotto.

ROBERTO: Ah, bene. Dovrò far riaggiustare anche il citofono!

IVAN: Chi sarà?

ROBERTO: Non lo so, ma non possono aspettarsi che andiamo ad aprire la porta se il citofono è rotto.

IVAN: Magari sanno che siamo in casa: ci hanno visti. O magari ci hanno sentito.

ROBERTO: Be’ non fare rumore: potrebbero pensare che in casa ci sia qualcuno.

IVAN: Ma c’è qualcuno. Ci siamo noi!

ROBERTO: Mica vorrai ricevere ospiti con la casa in queste condizioni? Come se non bastasse non posso neanche muovermi. Inoltre non è bello entrare in casa di qualcuno e trovarlo sdraiato sul tavolo.

IVAN: Ti aiuto a metterti seduto?

ROBERTO: No.

 

Di nuovo dei colpi alla porta: più forti.

 

IVAN: Insistono.

ROBERTO: Certo che sono dei gran maleducati! Se nessuno risponde è perché non sono graditi: non ci vuole molto a capirlo. Perché non se ne vanno?

IVAN: Ho paura che possano entrare.

ROBERTO: Se la porta è chiusa non entreranno.

IVAN: Potrebbero sfondarla!

ROBERTO: Allora metti qualcosa davanti alla porta.

 

Ivan comincia a trascinare quello che può davanti alla porta: le sedie, la poltrona, prova a spostare l’armadio. I colpi alla porta si fanno più insistenti.

 

ROBERTO: Non ci farai molto con quelle sedie …

IVAN: È comunque qualcosa … la poltrona!

ROBERTO: Sì, però alzala, non fare come prima che hai rigato tutto il pavimento. Adesso voglio vedere come faccio a mandare via quelle righe nere… ho   detto di alzarla!

IVAN: Non ci riesco, è pesante.

ROBERTO: Allora lasciala lì, ti prego … che fai? Se non sposti il tavolo non ci  passi … attento!

 

Ivan spostando la poltrona è andato ad urtare il tavolo.

 

ROBERTO: (furioso) Buttami per terra, adesso!

IVAN: Scusa …

 

Da fuori bussano.

 

IVAN: Perché continuano a bussare?

ROBERTO: Perché con tutto il baccano che stai facendo hanno capito che c’è qualcuno in casa.

IVAN: Cosa vogliono da noi?

ROBERTO: Non lo so, non chiederlo a me. Spero solo che non siano dei malintenzionati, perché nelle mie condizioni non posso difendermi. Sento uno strano formicolio all’altro braccio.

IVAN: (continuando le sue manovre con la poltrona) Il destro?

ROBERTO: Non lo so … quello che funzionava. Non quello paralizzato, l’altro. Hai finito con quella poltrona?

 

Ivan è riuscito a mettere la poltrona davanti alla porta.

 

IVAN: Basterà, secondo te?

ROBERTO: Assolutamente no.

IVAN: Come no!

ROBERTO: Se volevi bloccare la porta, certo non ci riuscirai con una poltrona e tre sedie.

IVAN: … l’armadio!

ROBERTO: No, ti prego, non ricominciare!

IVAN: (comincia a spingere l’armadio verso la porta) Non ci riesco. È troppo pesante.

ROBERTO: Anche la poltrona era pesante.

IVAN: Questo è più pesante: da solo non ce la faccio.

ROBERTO: Io non saprei come esserti d’aiuto.

IVAN: Ci riuscirò anche da solo.

ROBERTO: Dacci un taglio, per favore. Basta che non apri la porta e se ne andranno.

IVAN: Dici?

ROBERTO: Dico! Nel frattempo, perché non provi a mandare via quelle righe

nere?

 

Bussano violentemente alla porta.

 

IVAN: Ma quelli sfondano la porta!

ROBERTO: Tu ignorali: se ne andranno.

IVAN: Voglio vedere chi sono.

 

Ivan si avvicina alla finestra, con l’intenzione di sbirciare fuori. Roberto lo blocca di nuovo.

 

ROBERTO: Ma dove vai? Fatti vedere alla finestra, così capiscono che siamo  veramente in casa.

IVAN: È vero … però …

ROBERTO: Oh, basta! Inizio a innervosirmi. Lasciali perdere e quelli se ne vanno.

IVAN: E se poi ritornano?

ROBERTO: Ci si pensa quando ritornano. Adesso occupati della casa. Levami quelle strisce per terra.

IVAN: Come?

ROBERTO: Con uno straccio. Già che ci sei da’ una pulita e lava per terra, ché questo posto  è diventato un immondezzaio.

 

Ivan cerca lo straccio per pulire, ma non lo trova. Invece trova una scopa nell’armadio.

 

IVAN: Lo straccio non l’ho trovato, però ho trovato una scopa: dentro l’armadio.

ROBERTO: E come c’è finita dentro l’armadio?

IVAN: Non lo so. C’è la scopa, ma non c’è lo straccio.

ROBERTO: È già qualcosa. Inizia a spazzare.

 

Ivan inizia a spazzare intorno al tavolo. Da fuori un altro debole rumore.

 

ROBERTO: (tossisce) C’è bisogno che alzi tutta questa polvere? Non puoi starci attento? Non sai che sono allergico? E poi che pensi di fare così … la polvere non va sollevata, ché poi si riposa per terra: la devi raccogliere in un mucchietto e metterla sul raccoglimmondizia. Dopo la butti. Bisogna      insegnarti tutto!

IVAN: Non c’è il raccoglimmondizia.

ROBERTO: E ti pareva.

IVAN: Allora è inutile che spazzo.

ROBERTO: Voglia di lavorare saltami addosso!

IVAN: (perdendo la pazienza) Ma insomma, non posso spazzare senza  raccoglimmondizia, non posso lavare per terra senza straccio …

ROBERTO: Almeno riordina un po’ la casa: devi farmi vivere in mezzo alla confusione? Comincia a mettere a posto sedie e poltrona. Non è educato lasciarle lì davanti alla porta.

IVAN: Ma …

ROBERTO: Ma che?

IVAN: Ci sono quelle persone che vogliono entrare.

 

Colpi alla porta.

 

ROBERTO: Non c’è nessuno lì fuori. Metti a posto le sedie. Non posso vederle così!

IVAN: Le abbiamo messe là per impedire alla gente di entrare.

ROBERTO: Certo, se qualcuno volesse entrare non riuscirebbe a muoversi in mezzo a quel casino. Sai che figura!

IVAN: Ma noi non vogliamo che entri nessuno!

ROBERTO: Infatti ci siamo solo io e te. Vuoi mettere a posto quelle sedie? O devo farlo io?

IVAN: Ci penso io, tu non riesci a muoverti.

ROBERTO: Pensavo che te ne fossi scordato. Allora ogni tanto pensi anche agli altri. Meno male …

 

Ivan ha rimesso le sedie intorno al tavolo. Inizia a spostare la poltrona.

 

ROBERTO: Alza quella maledetta poltrona!

IVAN: Non ci riesco, è pesante.

ROBERTO: Allora lasciala lì!

IVAN: Lì dove?

ROBERTO: Lì dove sta!

IVAN: Così è in mezzo alla stanza.

ROBERTO: Non fa nulla. Tanto a me non impiccia. Io sono bloccato qui.

 

Bussano

 

IVAN: Continuo a sentire bussare.

ROBERTO: Io no.

IVAN: Prima lo sentivi.

ROBERTO: Non sentivo nulla neanche prima.

IVAN: Ma se hai detto …

ROBERTO: Ho detto che sentivo bussare? Ho detto che sentivo dei rumori alla porta?

IVAN: No, ma …

ROBERTO: Ho solo detto che mi dà fastidio tutto il baccano che fai te. Sei un  continuo: e prendi le sedie, e sposta le sedie, e struscia la poltrona, e apri l’armadio, e chiudi l’armadio. Datti pace … È anche irrispettoso nei confronti di chi, come me, non può più muoversi.

IVAN: Però …

 

Brevi colpi fortissimi dall’esterno, come all’inizio, ma subito interrotti.

 

ROBERTO: E chiudi le tende. Tutta questa luce mi fa venire mal di testa.

 

Ivan chiude le tende.

 

ROBERTO: Odio il buio … accendi la luce.

 

Ivan accende la luce.

 

ROBERTO: Mi dà fastidio stare al buio te l’avevo detto.

IVAN: Ti dava fastidio anche la luce.

ROBERTO: Non stai mai a sentire quando la gente ti parla, vero? Ho detto che mi dà fastidio il buio. Non la luce. Il B – U – I – O.

IVAN: Va bene, ho capito, adesso la luce è accesa.

ROBERTO: Ora cerca di non combinare danni e fai silenzio, ho bisogno di riposarmi un po’.

IVAN: Va bene.

 

Ivan si siede di nuovo sulla sedia, sfogliando il giornale. Colpi furiosi alla porta. Ivan trasale.

 


 

         

 

ROBERTO: Puoi fare un po’ più piano per cortesia?

IVAN: Non sono io.

ROBERTO: Non c’è bisogno di fare tutto quel baccano quando sfogli il giornale.

IVAN: Non hai sentito la porta?

ROBERTO: Ho sentito che torturavi il giornale.

IVAN: Hanno bussato!

ROBERTO: Fammi un favore. Siediti da un’altra parte. Qui stai con il giornale proprio dietro la mia testa. Tra l’altro quando volti pagina mi fai anche vento.

IVAN: Va bene.

 

Ivan cambia posto. E riprende a leggere. Nuova raffica di colpi alla porta.

 

IVAN: Adesso hai sentito?

ROBERTO: È inutile, non mi farai dormire. Che gusto ci trovi? È divertente infastidire un povero paralitico?

IVAN: Non sono io che busso alla porta.

ROBERTO: No: sei tu che mi impedisci di dormire! Tappati la bocca: trovati un’attività non rumorosa da fare.

IVAN: Stavo leggendo il giornale.

ROBERTO: Una cosa meno rumorosa!

IVAN: Meno rumorosa che leggere il giornale?

ROBERTO: Anche una mandria di vacche sarebbe meno rumorosa di te.

IVAN: Non sono io che faccio rumore!

ROBERTO: E chi è allora? Ci siamo solo noi …

IVAN: Me ne sto qui zitto e buono a leggere il giornale … Non vedo che fastidio possa darti!

ROBERTO: Non mi dà fastidio che leggi il giornale. Mi dà fastidio il rumore che fai quando lo leggi. Ho mal di testa, ho detto. Ti hanno insegnato ad avere rispetto del prossimo?

IVAN: Va bene, non leggo più.

 

Ivan mette via il giornale. Dall’esterno i rumori riprendono a intermittenza quasi regolare, deboli, senza mai coprire le voci degli attori.

 

ROBERTO: Ivan!

IVAN: Adesso che c’è?

ROBERTO: Non riesco più a muovermi.

IVAN: Non ti sforzare, dimmi che ti serve, ci penso io.

ROBERTO: No, non mi serve niente.

IVAN: E allora?

ROBERTO: Era per parlare. Non ti si può dire niente?

IVAN: Vuoi che chiami il medico?

ROBERTO: Il medico non ha ancora iniziato il turno. È presto. Che ore sono?

IVAN: Non so … non ho l’orologio.

ROBERTO: Vai in giro senza orologio?

IVAN: Non ne hai uno in casa?

ROBERTO: No … ah, ecco cos’altro devo comprare: un orologio da muro. Cerca la lista della spesa e aggiungi.

IVAN: Dove l’hai messa?

ROBERTO: Io da nessuna parte. Ce l’avevi te.

IVAN: Ti sbagli, l’ultimo ad averla presa eri te.

ROBERTO: Ecco: hai perso anche la lista della spesa.

IVAN: Adesso la cerco.

 

Ivan comincia a cercare la lista della spesa in giro per la casa: la trova nell’armadio, insieme alla penna.

 

IVAN: Trovata! Era nell’armadio.

ROBERTO: Chi ce l’ha messa?

IVAN: Non lo so, chi ce l’ha messa?

ROBERTO: (sarcastico) Io!

IVAN: Allora potevi dirlo subito.

ROBERTO: Ero ironico, come posso avercela messa io se sono paralitico?

IVAN: Non ci avevo pensato.

ROBERTO: Ecco non pensare: è meglio.

IVAN: Scrivo: orologio da muro … c’è da mangiare?

ROBERTO: Pensi sempre a mangiare!

IVAN: Dovremo mangiare ogni tanto.

ROBERTO: Hai fame?

IVAN: No, adesso no, ma …

ROBERTO: Allora pensaci quando ti verrà fame. Intanto occupati delle cose più urgenti.

IVAN: La brocca e l’orologio. Vado.

ROBERTO: Dove vai?

IVAN: (ambiguo) A comprare quello che ci serve.

ROBERTO: E mi lasci qui da solo?

IVAN: Che dovrei fare?

ROBERTO: (che parla sempre più faticosamente) Te lo dico io. Aspetta che venga il medico. Lo chiami al telefono e gli dici di venire … non ora … più tardi …  quando lui è qui, tu vai a fare la spesa.

IVAN: (avvicinandosi a Roberto, sempre con fare ambiguo) D’accordo, allora aspettiamo. Quando lo devo chiamare?

ROBERTO: Fra poco … te lo dirò io … se lo chiami adesso non lo trovi allo studio … intanto non stare con le mani in mano … sistema un po’ la casa che è ancora in disordine.

IVAN: Va bene.

ROBERTO: E vedi di fare le cose per bene.

IVAN: (ambiguo) Sì.

 

Da fuori il volume dei rumori aumenta improvvisamente. Si vede Ivan che continua a riassettare casa e ad accudire Roberto. Ancora qualche secondo, poi:

 

Buio

 

 

FINE



 




 
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