Per la prima volta nella sua storia (ben 139 anni) il più grande e blasonato circo americano è approdato in Italia, dividendosi nei suoi dieci giorni di permanenza tra Roma e Milano. Il “più grande show della Terra”, come è definito lo spettacolo durante la caotica e frizzante parata iniziale, non (solo) per megalomania tipicamente americana, ma come omaggio ad una tradizione che nasce nel 1786 (anno in cui il mitico Phineas Taylor Barnum inizia a chiamare così il suo mastodontico circo), ha riempito di allegria, meraviglia e, indiscutibilmente, di qualità performativa, il Palalottomatica di Roma e il Palasharp di Milano.
Una volta scansata la tentazione di rimpiangere caratteristiche tipicamente italiane (o meglio “orfeiane”) del circo, non ultimi lo chapiteau così evocativo, lo speaker che introduce e spesso commenta i numeri, la pausa lunghissima tra la prima e la seconda parte dello show che permette lallestimento della gabbia per le tigri (autentico spettacolo nello spettacolo, liquidato dagli americani in pochissimi minuti e da una struttura “ad incastro” a occhio e croce più pratica e funzionale della gabbia a comparsa degli Orfei), il circo Ringling Bros. and Barnum & Bailey cattura e convince, con esibizioni che lasciano spesso a bocca aperta, e intermezzi comici assolutamente accattivanti. E proprio da questultimi riteniamo si debba partire per mettere in evidenza uno dei punti di forza dello show: anche a giudicare dallintensità degli applausi ricevuti, non di rado mescolati ad autentiche ovazioni, la vera star dello spettacolo è stato il clown tuttofare che di tanto in tanto è comparso sulla scena non soltanto per riempire spazi e tempi opportuni, ma anche per meravigliare con le sue poliedriche abilità. Giocoliere, acrobata, equilibrista, l'artista ha impressionato e divertito con i suoi gag a cavallo di una bicicletta scomponibile, trasformata di volta in volta in automobile, monociclo, cumulo di rottami. Altri due augusti (antico nomignolo dei pagliacci colorati e maldestri, contrapposti al più elegante e composto clown bianco) hanno invece divertito con una comicità per noi insolita, fondata sulla sincronizzazione di suoni con gesti che molto ricordano la slapstick comedy: così il clown che cerca di portare via dalla pista un pannello di legno fa ridere non soltanto perché mentre lo fa urta e fa cadere due inservienti, ma anche perché si sente un simpatico “boing” che accentua leffetto comico del gesto. Difficile non farsi venire in mente i gag di Tom e Jerry.
Per quanto riguarda invece i numeri veri e propri, si può dire che quasi tutti sono stati allaltezza delle aspettative: di ottima qualità la performance dei giocolieri-comici, che con il loro numero dinamico e frizzante, hanno dato prova di una grande intelligenza scenica, oltre che di talento nellarte della giocoleria con le clave; altrettanto convincente il numero dellillusionista, che nonostante abbia proposto due dei più classici numeri di magia – la scomposizione in pezzi e l'attraversamento con lame di una delicata fanciulla – è riuscito ancora una volta a meravigliare. Originali e ben riusciti i numeri delle moto da cross in una grande sfera dacciaio e delle prove di precisione con una balestra, mentre non ha convinto la performance un po insicura dellartista impegnato con un grande attrezzo rotante che lo portava a diversi metri di altezza.
Un capitolo a parte dovrebbe essere scritto sui numeri che hanno coinvolto degli animali (in tutto tre): sono ormai di dominio pubblico le proteste di Lav e Enpa contro il RBBB Circus per il presunto maltrattamento degli animali impiegati nello show; qualora le accuse abbiano un fondamento e un riscontro oggettivo nella realtà, tale deplorevole comportamento non può che trovare condanna immediata da parte di tutti; la situazione cambia e assume sfumature diverse se gli animali sono trattati nel pieno rispetto delle norme: in questo caso, il contenzioso riguarda lopportunità e la giustezza dellimpiego di animali in esibizioni e contesti che li costringono a compiere movimenti completamente estranei alla loro natura, per uno scopo che, alla fine dei conti, è solo commerciale. Nello spettacolo si sono esibiti cinque cani bassotti, addestrati davvero molto bene, quattro leoni e due leonesse (che hanno fatto molto poco, a parte mostrarsi agli occhi degli spettatori in tutta la loro maestosità)e tre elefanti, cuore e simbolo della protesta animalista, che invece hanno dovuto sollevarsi sulle zampe posteriori, sdraiarsi e girare ripetutamente su se stessi. Volendo aggrapparsi allalibi della tradizione antichissima, che ha visto limpiego (esclusivo) degli animali ai suoi arbori, risulta comunque difficile non rimanere colpiti dalla gratuità dei tacchetti utilizzati dalla ragazza che si è arrampicata sopra le teste dei due pachidermi per poi esibirsi in una prodigiosa spaccata.
Al di là di un giudizio morale, che avrebbe bisogno di uno spazio a parte, lo spettacolo è scivolato via nelle sue due ore gradevole e frizzante, allaltezza della sua storia centenaria.
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