Resistere al freddo. Resistere al dolore. Resistere alla tentazione della stanchezza. Resistere allinferno. Resistere due ore col fiato sospeso in un teatro mentre un uomo racconta storie, così forti, così tue, che nemmeno lapplauso liberatorio alla fine riesce a scollartele di dosso. Tutto questo è La bellezza e linferno, lo spettacolo con cui Roberto Saviano inaugura una formula nuova per dare respiro alle sue parole. “Io sono un abusivo del teatro”, dichiara ancor prima di cominciare, abbattendo in un sol colpo le riserve di chi storce il naso a chiamarlo attore. “Il teatro è un posto dove puoi difendere la parola dal trambusto che la sta investendo adesso in Italia”. Dice “parola” per non dire “verità”. Ma già la verità di un uomo controllato a vista da una scorta che lo precede in scena con severità militare ha smantellato i canoni dello spettatore teatrale. Il pubblico non vedrà la rappresentazione di una finzione, ma una realtà messa a fuoco con gli strumenti dello scrittore e del teatro, talmente efficaci da catapultare tutti nelle storie raccontate. Non parlerà di Gomorra, anche se molti se laspettano: il suo racconto è un viaggio dalla Siberia allIran di Ahmadinejad, dallArgentina di Maradona e Lionel Messi allAfrica di Miriam Makeba e Ken Saro-Wiwa. Storie di persone che hanno combattuto per esprimere il proprio talento e sconfiggere linferno in cui vivevano.
Le luci si sono abbassate da 5 minuti e già ti schiaffeggia il video di una ragazza ammazzata in Iran mentre manifestava per i suoi diritti, per poter vestire come vuole, amare chi vuole, poter essere libera. La bellezza insanguinata di Neda si sovrappone alla bellezza stuprata di Taraneh, sempre iraniana, bellissima, bruciata per metà del corpo. “La bellezza e la felicità fanno sempre paura al potere”. Mentre incalza il ritmo di un frammento di Bregovic, Saviano passa a spiegare, con piglio scientifico, le ragioni del successo dellAK47, meglio conosciuto come Kalashnikov, il mitragliatore sempre accanto a Bin Laden, larma che più ha ucciso nella storia del mondo, forse più della peste. 650 colpi al minuto, 2 parti in legno e 5 in metallo, il caricatore a banana che lha reso addirittura oggetto di design. Il fucile è lì tra le sue braccia – scarico ma egualmente minaccioso – e mentre lo illustra chiede di passarlo tra le prime file. Spettatori presumibilmente pacifisti e non violenti si scoprono curiosi e avidi di soppesare tra le mani questo strumento di morte, come un giocattolo pericoloso.
Se brandire un fucile in scena è lacme del gesto teatrale, i fogli di appunti che Saviano tiene nellaltra mano, con lingenuità di chi vi cerca un po di sicurezza, restituiscono la realtà di uno scrittore non attore, che vive prigioniero della sua incolumità. Con inattesa leggerezza, il racconto si sposta sul goal più bello di Maradona rifatto identico da Lionel Messi, il più grande giocatore attualmente in circolazione, che ha dribblato con ostinazione la malattia che gli impediva di crescere. Il ritmo è sempre serrato e teso, nonostante qualche apertura al sorriso e al sospiro. Pata pata cantata da Miriam Makeba a Castelvolturno prima di morire, e i video dal telefilm più famoso del continente africano, Basì and Co., dello scrittore Saro-Wiwa, impiccato per aver denunciato la compagnia petrolifera Shell di aver danneggiato lecosistema nigeriano, sono rivoli coloriti che confluiscono nellobiettivo dello scrittore napoletano: mettere la letteratura e larte al servizio della società, mostrare come superare linferno inseguendo il proprio sogno di bellezza. Persino nei gulag raccontati dal volto scavato di Varlam Salamov la resistenza umana riesce a scovare lanima a 40 gradi sotto zero. Una resistenza che si trasforma in superamento dei propri limiti, in smania di vivere e spassarserla, per Michel Petrucciani, il pianista dal corpo piccolo e deforme, che con la sua musica ha sedotto decine di donne e strappato lapplauso finale a Roberto Saviano.
Si piange senza lacrime di questi personaggi, molto più vivi che negli articoli raccolti tra le pagine de La bellezza e linferno edito da Mondadori. Faticosissimo, per intensità e partecipazione, questo tempo unico al Piccolo Teatro Studio di Milano, con la regia complice e intelligente di Serena Sinigaglia. Il pubblico eterogeneo di giovanissimi e teste canute è stremato, ma si incanala rispettosamente in coda, per stringere la mano allo scrittore e ringraziare luomo Saviano, magari sperando di portar fuori un po del suo coraggio e regalarlo ai cinici pigri che lo considerano un fastidioso cialtrone.
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