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Se gli zombie attaccano l'umanità

di Federico Ferrone
  Survival of the Dead
Data di pubblicazione su web 14/09/2009  

Che gli zombie non fossero dei fulmini di guerra l'avevamo capito. Forse però non sono neanche tanto sprovveduti. Fa una certa impressione vedere il sesto film della saga dei morti di George A. Romero in concorso alla Mostra del Cinema, ancor più per chi ha visto l'autore ricevuto in sala Grande con tutti gli onori del direttore. Fortuna che una banda di aficionados urlanti e muggenti ha restituito alla proiezione un po'della sua atmosfera filologica. Survival of the Dead, dicevamo, è l'ultimo episodio di una saga più ideale che narrativamente coerente sui morti viventi, iniziata nel 1969 con La notte dei morti viventi, forse uno dei film più imitati degli ultimi quarant'anni e di certo il più scaricato (legalmente) dall'Internet Archive.

Quasi più western che horror (ma le distinzioni di genere sono ben misera cosa), il film di Romero si svolge tutto, escluso il prologo, in una piccola e sperduta isola degli Stati Uniti abitata da due famiglie irlandesi in lotta da generazioni, gli O'Flynn e i Muldoon. Inutile andare per il sottile riguardo alla trama: un gruppo di umani armati e ben intenzionati è in lotta con un esercito di zombie tornati dalla morte e decisi ad annientarli.


 



B- movie a tutti gli effetti per quanto riguarda i mezzi (limitatissimi), il continuo ricorso allo splatter e la recitazione (volutamente caricaturale) è come sempre un'opera densa di significati politici. La reinvenzione dello zombie permette al regista americano di effettuare infinite variazioni dal contenuto politico sempre più o meno esplicito. Il conflitto tra viventi e zombi è stato, negli anni, alternativamente metafora della società consumistica, della Guerra in Vietnam o in Iraq, del Reaganismo e del razzismo. In questo senso è un filone praticamente inesauribile che permette al regista di ridare linfa alla saga aggiornandola alla mutata realtà politica. Non è un caso che la serie abbia conosciuto un'accelerazione dopo il 2004, anno dell'invasione dell'Iraq e simbolo del malessere di molti americani per la nuova politica estera di Bush. Il nuovo film della saga arriva a breve distanza La terra dei morti viventi (2005) e Le cronache dei morti viventi (2007), quest'ultimo esplicitamente citato in Survival of the Dead.


 

Il regista George A. Romero
Il regista George A. Romero

Qui gli zombie sono una sorta di cattiva coscienza dei vivi, i quali risultano spesso più feroci e insensati di loro. Ovvio che il film risulti, se non incomprensibile, almeno oscuro a chi non conosce il cinema del regista e che gli effetti visivi sono più artigianali che speciali. È anche vero che occorre aspettare oltre un'ora perché la crosta splatter lasci intravedere il sottotesto politico. Nel finale però osserviamo uno zombie addentare un cavallo, aprendo così squarci metafisici. E se ci fosse un modo per includere anche i morti viventi nella nostra società? Non è che noi umani ci stiamo auto-distruggendo per nulla? Viene in mente un documentario misconosciuto: Cabale à Kaboul (2007) di Dan Alexe, storia degli ultimi due ebrei della capitale afgana: malgrado la città sia governata dai talebani i due si odiano e non cessano di farsi dispetti.

L'immagine dei due capofamiglia Muldonn e O'Flynn che si sfidano a duello, mentre una gigantesca luna sorge alle loro spalle, ricorda I Duellanti di Ridley Scott,  conferma la vocazione filosofica del film di Romero e apre la strada a un nuovo episodio della saga.





Survival of the Dead
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