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Iranian hard-boiled

di Marco Luceri
  Tehroun
Data di pubblicazione su web 08/09/2009  

Alla Mostra di Venezia ogni tanto può capitare di potersi concedere il lusso dell’inaspettato. E’ ciò che ci è piacevolmente capitato guardando Tehroun, il film del regista iraniano Takmil Homayoun Nader, presentato nella Settimana della critica, tutto ambientato a Teheran. Il film inizia mostrandoci il cammino di un uomo che vaga spaesato per le strade della capitale iraniana con in braccio un bambino, di cui si serve per fare compassione mentre fa l’elemosina. Il nostro, giovane perditempo e svogliato, vive in una casa fatiscente con due amici dalle vite assai discutibili e divide i soldi guadagnati mendicando con un socio violento e senza scrupoli. La moglie è lontana e non sa niente degli squallidi traffici del marito. Un giorno però, l’uomo, che ogni tanto lavora come giardiniere, affida la custodia del bambino a uno degli amici, che se lo fa ingenuamente rapire da una prostituta. Persa l’unica fonte certa di guadagno e dunque entrato in combutta con il socio, che pretende di essere risarcito, l’uomo dovrà rimettersi alla ricerca del bambino rapito per salvarsi la pelle.

E’ qui che il film, che all’inizio si presenta per l’appunto come un’ennesima versione di Ladri di biciclette, vira verso l’hard-boiled più riconoscibile e duro, scoprendo lentamente una Teheran sotterranea che tanto somiglia alle città americane del prolifico genere cine-letterario, con tutti gli stereotipi del caso: gangster violenti, prostitute sciocche e pericolose, palestre notturne, traffici di droga e di bambini, affari clandestini, falsi mendicanti, finanche un gruppo di banditi che si travestono da militari per compiere dei colpi ai danni di cittadini innocenti, oltre, naturalmente, a una calcolata dose di violenza e sparatorie.

La Teheran rappresentata non è solo, però, quella riconoscibile del genere (a memoria personale è il primo film iraniano di questo genere passato al Lido negli ultimi dieci anni), ovvero quella notturna, sordida e perennemente stretta in una morsa di smog, ma anche la capitale-simbolo di un paese che agli occhi dell’Occidente, nonostante la sovraesposizione mediatica che gli viene dedicata, resta in gran parte oscuro e impenetrabile. Tolte infatti le perenni questioni dedicate alla dittatura islamica, alla sua programmata violenza (in particolare verso le donne) e alla sua politica anti-occidentale, Tehroun ha il pregio di farci immergere nella realtà quotidiana di Teheran, nella sua pulviscolare vita sotterranea fatta di miserie, ricatti e violenze di ogni tipo: una società corrotta e in preda allo smarrimento, dove le studentesse diventano prostitute, i bambini vengono rapiti e venduti e chiunque può organizzarsi in una gang e farsi giustizia da solo. Questo il ritratto noir e inedito (e per questo meritevole di essere visto e rivisto) di una metropoli ancora tristemente sconosciuta.



Tehroun
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