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Il novello "incompreso"

di Sara Mamone
  Je suis heureux que ma mère soit vivante
Data di pubblicazione su web 07/09/2009  

Nel primo giorno di vacanza al mare l’apparentemente armoniosa vita di una normale famigliola francese viene turbata (sarà poi sconvolta) dalla rivelazione che il figlio più grande ricorda la sua vera madre, un ricordo che non aveva rivelato a nessuno ma che si fa sempre più insistente e denuncia una sofferenza a lungo covata, espressa soltanto con tratti ribelli e che diventa sempre più un’ossessione: un’ossessione che travolge la famiglia adottiva, i rapporti faticosamente costruiti, che aumenta le incomprensioni e segna anche una distanza con l’amatissimo fratello minore che nulla ricorda e vive la sua vita di figlio con la nuova coppia. Nel corso degli anni il ragazzo, sempre più combattuto e inquieto, inizia la sua personale ricerca della madre che trova finalmente, di nuovo madre ma non poi così maturata. Prende a frequentarla di tanto in tanto, di tanto in tanto si prende cura del nuovo fratello, diventa sempre più estraneo alla famiglia adottiva, sempre estraneo alla nuova. Le infelicità sommate, la mite continua ricerca d’amore di questo novello “incompreso” che con senso di colpa per le sue piccole ribellioni si assume i pesi dell’una e dell’altra situazione, sfoceranno poi in tragedia, nel raptus che si scatenerà  inevitabilmente nei confronti del suo vero amore, quella madre così irresponsabile nella sua giovinezza, sempre passiva e inerte nella sua maturità.


 

Finalmente un tema forte, vero, attuale, nella cinematografia francese che tanto ancora si crogiola in esercizi di stile ombelicali (Persécution, ad esempio) a meno che non affidi la sua vitalità al fertile meticciato magrebino. Un film che è impregnato di cultura profonda des moeurs, di autentica capacità di indagine psicologica, con un dialogo mai sopra le righe, con l’esperienza del dolore come forma di espiazione e di coscienza e, quindi, di assunzione di responsabilità. L’epilogo segnerà proprio, nella madre sopravvissuta alla violenza del figlio, la presa di coscienza  delle proprie responsabilità e quindi finalmente la capacità di aiutarlo, nella dichiarazione processuale che gli farà ottenere tutte le attenuanti possibili e che si incrocerà con la dichiarazione del figlio prima del verdetto: ”sono felice che mia madre sia viva”. Viva, forse, per la prima volta.

Claude e Nathan Miller inedita coppia padre-figlio (il logicamente più famoso padre Claude e il figlio Nathan) danno con Je suis heureux que ma mère soit vivante un bell’esempio di integrazione generazionale oltre che artistica e non solo perché il film, come già il titolo esplicitamente annuncia, mette sullo schermo una vicenda in cui sono presenti appunto due generazioni, ma perché possiede insieme una freschezza ed una maturità naturali, perché alla truffauttiana sensibilità paterna (Claude è stato per anni il più stretto collaboratore di Truffaut) Nathan aggiunge una ruvidezza giovanile sincera. Che fa sì che la profonda cultura non diventi astrazione, che comprende e sa descrivere la deriva psicologica e mentale di tanti esseri fragili incapaci di reggere alla crudeltà della vita di periferia, senza riferimenti, né economici, né affettivi, né morali, l’annaspare di un’umanità moderna difficilmente comprensibile a chi appartiene ad una generazione ancora saldamente ancorata a principi di giudizio. Anche la recitazione è minimale, i dialoghi perfetti ma scarni; i silenzi lunghi, prolungati, esprimono non solo la povertà di una società che ha perduto la capacità di parlare, ma consentono ai bravissimi interpreti una recitazione espressiva efficacissima. Consentono anche allo spettatore di non sentirsi aggredito e lo aiutano a partecipare ad un dolore interiore tanto più radicato quanto più afasico.

Fuori concorso, presentato alle giornate della critica ci pare fino ad ora uno dei film più riusciti della mostra.

Je suis heureux que ma mère soit vivante
cast cast & credits
 



 

 


 




 

 
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