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La grande estasi di un uomo qualunque

di Marco Luceri
  My Son, My Son, What Have Ye Done?
Data di pubblicazione su web 06/09/2009  

Alla fine il film a sorpresa è stato davvero una sorpresa: Werner Herzog affianca a Bad Lieutenant: Port of Call New Orleans (il suo personalissimo remake del capolavoro di Abel Ferrara), una pellicola sofisticata e inusuale come My Son, My Son, What Have Ye Done?. I film sono ambedue in concorso, cosa forse mai successa nella storia della Mostra di Venezia.

Ispirato a vicende reali, la pellicola è in realtà la rielaborazione in chiave contemporanea di un mito antico: Brad Macallum (Michael Shannon), un aspirante attore che recita in un dramma antico, commette nella realtà il crimine che sta mettendo in scena durante le prove per lo spettacolo: l’assassinio della propria madre. My Son, My Son, What Have Ye Done? inizia proprio quando i due agenti di polizia (di cui uno è interpretato da Willem Dafoe) incaricati del caso arrivano davanti alla villa dove Brad si è barricato, per cercare di tirarlo fuori. Arriveranno sul luogo anche la fidanzata (Chloë Sevigny) e l’amico regista (Udo Kier) e, insieme ad alcuni testimoni del crimine, ricostruiscono le vicende che hanno condotto Brad alla follia, fino all’inaspettato scioglimento finale.





La ricostruzione della vicenda personale di Brad avviene attraverso la presentazione di vari punti di vista, rispondenti ad altrettanti personaggi, ma alla fine della “ricostruzione del quadro” non si riesce a capire il motivo che ha portato il giovane allo sconsiderato gesto, come se ogni tentativo di spiegazione fosse inutile proprio perché è l’intera realtà rappresentata a essere, appunto, incomprensibile. Se dunque l’accavallarsi di questi flashback non spiega niente, essi servono tuttavia allo spettatore come schermo attraverso il quale poter conoscere meglio la personalità di Brad e di ciò che lo circonda.

La presunta follia del ragazzo inizia dopo un viaggio in Perù, quando il giovane, con un gruppo di amici, arriva al contatto con una Natura primigenia. Questo tema herzoghiano per eccellenza, ovvero l’impotenza dell’uomo di fronte al mistero degli elementi naturali, vale tanto più in questo film in cui lo spazio scenico degli interni (la casa di Los Angeles dove vivono madre e figlio) è arredata con dei fenicotteri/feticcio, scorie di una civiltà che ri-produce tutto sotto le sembianze del falso, che cerca di circondarsi di oggetti finti credendoli utili a sostituire una Natura che non si possiede e non si controlla.


 

My Son, My Son, What Have Ye Done?
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