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A cosa serve il night shot

di Luigi Nepi
  [REC]2
Data di pubblicazione su web 04/09/2009  

[REC]2 è il sequel di quel [REC] che i due registi spagnoli Jaume Balagueró e Paco Plaza avevano portato a Venezia due anni fa, registrando un notevole successo. Il primo film non è che una semplice variazione sul tema del famoso The Blair Witch Project (quello in cui veniva fatto vedere il nastro trovato in una telecamera appartenuta a dei ragazzi persi nel bosco delle streghe), dove una mini troupe televisiva (cameraman e presentatrice), “registra” una nottata di lavoro di una squadra di pompieri di Barcellona, che casualmente si trova ad intervenire in un palazzo dove sono stati segnalati inusitati episodi di violenza. La troupe e la squadra, arrivano paradossalmente troppo presto e per questo vengono chiusi dentro il condominio dalla stessa polizia, che in questo modo intende impedire il diffondersi dell’epidemia, alla base di tutta questa violenza. Come nei più classici film di genere zombies, tutto parte da un “paziente zero” che assale e morde gli altri propagando il virus. [REC], in fin dei conti, non è altro che la “soggettiva” della telecamera di Pablo che segue la presentatrice Angela Vidal (la brava e simpatica Manuela Velasco) sempre più spaventata, ma anche sempre più decisa a documentare ciò che sta accadendo, fino a quando (ultima rimasta) non verrà anche lei risucchiata dall’inquietante figura umanoide che vive nell’attico. Questa premessa è necessaria perché [REC]2 non può essere visto senza aver prima visto il primo (il cui finale diventa l’incipit del nuovo film), altrimenti diventa veramente difficile capire il senso di ciò che accade e soprattutto perché una squadra speciale della polizia (con tanto di cameraman e telecamerine montate sull’elmetto) sia mandata dentro un palazzo “sigillato” insieme ad misterioso funzionario del Ministero della Salute.

Se [REC] aveva una certa freschezza ed un’unità narrativo-formale, che ne facevano un horror decisamente efficace, [REC]2 smarrisce un po’ queste caratteristiche, perché, come spesso accade, l’aumento del budget a disposizione dei registi non sempre porta a risultati proporzionalmente migliori (anzi...). Ecco che i punti di vista si moltiplicano, alla “visione” del cameraman, si aggiungono quelle dei singoli componenti della squadra (con un effetto videogioco del tipo “spara-spara”, con tanto di punta del fucile bene in vista e respiro affannoso), e poi quello della telecamera di un gruppo di ragazzi, che (come in The Killing di Kubrick) fa tornare indietro il tempo del racconto offrendo un altro punto di vista sulle cose, e fa procedere la storia fino a quando non verrà ritrovata, incredibilmente sana e salva, Angela Vidal con in mano la telecamera di Pablo, che permetterà di arrivare al colpo di scena finale.

Alla “semplicità dell’orrore” del primo [REC], questo secondo capitolo sostituisce la complessità dei riferimenti biblico-mitici, che tentano di spiegare ciò che sta accadendo nel palazzo, provocando così la straniante sensazione di essere andati a vedere un film di zombies e ritrovarsi nel mezzo di una variante dell’Esorcista, con tanto di prete pistolero, che ha il volto, la fisicità e, a volte, il comportamento di un cattivo di una storia a fumetti. [REC]2, come in tutti le opere in cui ci si preoccupa più di spiegare che di mostrare, patisce questa scelta di dare un senso a tutto ciò che era successo nel film precedente, anche se gli appassionati del genere non mancheranno certo di divertirsi (e capiranno finalmente a cosa serve il night shot delle loro videocamere).

La frammentazione del punto di vista e la concezione che esiste solo ciò che è documentato, cioè ripreso dalla telecamera (anche da quella danneggiata, scarica o caduta) sono i temi alla base del film che, in definitiva, sostiene che l’incredibile necessita dell’immagine e non c’è “realtà” al di fuori del girato. Tutto questo, unito all’uso quasi sfrontato del digitale, richiamano alla mente un altro horror, che ha segnato la storia degli ultimi anni della Mostra: Redacted, il bellissimo film di Brian De Palma sulla guerra in Iraq. Ovviamente Balagueró e Plaza rimangono distanti anni luce dal maestro americano anche perché, come hanno dichiarato loro stessi, hanno deciso di realizzare questo sequel per la sorpresa di come il pubblico si “appropriasse” del film “espropriando” gli autori, e forse è proprio questo desiderio di “riappropriazione” dell’opera che fa sì che il primo funzioni decisamente meglio del secondo.



[REC]2
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