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Allosanfan!

di Marco Luceri
  logo 66 mostra venezia
Data di pubblicazione su web 27/08/2009  

Sarebbe dovuta passare alla storia come la grande Mostra della contestazione, a 41 anni di distanza da quella del Sessantotto, anche allora tanto clamore per (quasi) nulla. E invece, per fortuna, probabilmente, anche quest'anno al Lido tutto si svolgerà in maniera tranquilla e ordinaria. Lasciateci alle spalle le annuali polemiche per i tagli al Fus che il governo B&B ha pensato bene di sciorinare con la scusa della crisi, eccoci dunque ai nastri di partenza. Aveva ragione il vegliardo Mario Monicelli a dire che boicottare la Mostra di Venezia per il cinema italiano è un suicidio e una fesseria, tanto che alla fine i cento cospira(u)tori guidati alla conferenza stampa di presentazione del programma da Carlo Verdone e Sergio Castellitto (!) alla fine hanno ammainato gli striscioni e si sono adeguati.

Nonostante i tempi, ogni tanto la ragione porta qualche buon frutto e questi masanielli dai guanti di seta hanno finalmente capito che la Mostra con i tagli al Fus non c'entra proprio niente e che anzi è l'unica vetrina importante rimasta in mano al cinema nostrano per farsi strada nelle sale della stagione e quindi poter sopravvivere. In un impeto di coerenza, che in quanto tale per loro non arriverà mai, essi potrebbero magari boicottare le distribuzioni dei loro film, tutte Rai-Medusa (ovvero B&B), che stritolano il mercato cinematografico del nostro Paese nell'indifferenza più generale: in questo modo sarebbero davvero utili e oltre al fumo si potrebbe magari vedere anche l'arrosto. Allora potrebbero riuscire persino a far alzare la voce al Pd! No, no, troppo bello per essere vero...

Intanto l'ineffabile Marco Muller, che a dispetto della pelata, degli occhialini e dei suoi completi neri finto-casual, è ormai diventato un uomo buono per tutte le stagioni, come quei vecchi democristianoni di un tempo, ha colto la palla al balzo e guarda un po', ti porta alla Mostra ben 22 titoli italiani, di cui 4 in concorso. A  Baaria, il nuovo film-kolossal di Peppuccio Tornatore (Medusa, ovvero B&B) toccherà l'onore di aprire la kermesse, con la sua cavalcata siculo-tunisina nella storia del Novecento italiano: pare che gli americani non aspettino altro che di vederlo sui loro schermi. Minchia. In corsa per il Leone d'Oro anche Michele Placido, con Il grande sogno, un altro film sul Sessantotto, ma il regista pugliese stavolta promette di raccontarlo “dalla parte sbagliata” (?). Cristina Comencini con Lo spazio bianco (melodramma familiare) e l'esordiente Capotondi con La doppia ora (thriller) saranno gli altri due italiani a reggere (si spera) la baracca, mentre nelle altre sezioni ci saranno i vecchi (Lizzani, Montaldo, Maselli, finanche Tinto Brass con Hotel Courbet).

Chi invece si presenta con un tris d'eccezione sono i francesi, che sbarcheranno al Lido con gente del calibro di Patrice Chérau, Jacques Rivette e Claire Denis. Tre irregolari e imprevedibili maestri che per fortuna da anni snobbano l'ovattato Festival di Cannes, preferendo Venezia e facendo ogni volta fare alla Mostra un bel salto di qualità.

Anche gli americani (come sempre) saranno a Venezia con uno spiegamento di forze davvero impressionante. Il redivivo Michael Moore con il suo film dall'ironico titolo Capitalism: A Love Story promette di farci tenere gli occhi ben aperti anche nell'era di Obama; John Hillcoatt che con The Road riporta al Lido la bellissima-bravissima Charlize Theron; il tedesco Werner Herzog (ma con una produzione USA) con Bad Lieutenant; il grande George Romero con un altro incubo post-atomico, Survival of the Dead; il corsaro Todd Solondz con Life During Wartime. I soliti noti di Venezia, George Clooney e Matt Damon, saranno invece attori protagonisti rispettivamente di The Man Who Star e The Informant (ambedue fuori concorso).

Tra gli altri titoli attesi quello della regista austriaca Jessica Hausner (Lourdes, che come si capisce bene dal titolo, è la storia di una guarigione miracolosa), quello della video-artista di origine iraniana Shirin Neshat (Women without Men) e naturalmente la nutrita pattuglia di orientali (croci e delizie di Muller), tra cui pare che il favorito sia Prince of Tears del cinese Yonfan. A John Lasseter, il padre-fondatore della Pixar, la casa di produzione americana che ha rivoluzionato la storia dell'animazione, andrà invece il Leone d'Oro alla Carriera.

PS: Messaggio per gli studenti che in questi giorni stanno affrontando i test di ammissione all'università: B&B non sta per bed&breakfast, ma per Bossi&Berlusconi; in bocca al lupo.

 

 


 


 

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