Piace e molto che a curare la sezione danza del Festival dei Due Mondi Spoleto sia Alessandra Ferri perché prima di tutto la ‘nostra Alessandra conosce a fondo la materia per essere stata unétoile di prima grandezza; poi perché la lunga esperienza ‘sul campo le consente di guardare oltre i confini delle rigide scuole di pensiero e individuare le mutazioni in atto nel panorama orchestico attuale.
Un panorama in cui quello che oggi conta davvero non è tanto lappartenenza a questo o a quel codice espressivo, che comporta necessariamente una rassicurante e per certi versi utile ma semplicistica classificazione, quanto il pieno possesso dello ‘strumento corpo. Uno strumento sempre più affinato e potenziato dalla padronanza di una forte tecnica di base classica e contemporanea, indispensabile per rendere concreti i concetti di “danza assoluta” e di “danza materica”. Una danza astratta, lirica e priva di gravità la prima, una danza fisica, materiata e ancorata a terra la seconda, che sanno prendere le distanze dallatletismo acrobatico, estraneo allidea della danza darte.
E proprio allinsegna della danza darte è il trittico Coreographing Today, una produzione in esclusiva per il 52° Festival dei Due Mondi di Spoleto con la quale Alessandra Ferri riunisce al Teatro Romano tre giovani e affermati coreografi, esponenti di una raffinata e potente poesia cinetica. Il quarantunenne Alexei Ratmansky, ora coreografo principale dellAmerican Ballet Theater e prima direttore del Balletto del Bolscioi, il trentacinquenne Christopher Wheeldon, a capo della Morphoses The Wheeldon Company ma in passato coreografo residente del New York City Ballet, e il trentanovenne Wayne McGregor, primo coreografo del Royal Ballet e direttore della Random Dance.
Tre nomi appartenenti alla nouvelle vague del teatro di danza che sono senza dubbio eredi di una gloriosa tradizione accademica novecentesca ma, al tempo stesso, la reinterpretano con esiti di elevatissima qualità ascrivibili alle categorie di “danza assoluta” e di “danza materica”. Ed è proprio il russo Alexei Ratmansky a portare alta la bandiera della “danza assoluta” con Russian Seasons su musica di Leonid Desyatnikov, interpretata dai Principal e Soloists del New York City Ballet. Dodici formidabili elementi in eleganti costumi pastello con le ballerine incorniciate da aderenti copricapo del colore dellabito. Il balletto, di stampo neoclassico, procede per quadri che propongono duetti, quartetti, sestetti, improntati alla purezza delle linee, alla precisione dei salti maschili e dei giri femminili, alla velocità dei fouettés in arabesque, alle tenute in attitude, ai preziosismi del lavoro dei piedi delle ballerine, purtroppo in mezza punta e non in punta per il rischio di cadute su un palcoscenico scivoloso per la pioggia. Certo una disdetta che ha impedito di vedere queste stupende tersicoree ‘viaggiare on pointed shoes ma che comunque consente di apprezzare questa “danza assoluta” da cui traspaiono chiare influenze stilistiche ‘alla Balanchine nel nitore del fraseggio e nellimpostazione geometrica delle sequenze, ‘alla Robbins nella rapidità dei legati e nellironica leggerezza del tutto, ‘alla Kyliàn nelleleganza dei modi e nella ricercata fluidità musicale. Tutti elementi che denotano lindubbia preparazione di Alexei e i sorprendenti risultati di una ricercata e personale mellificatio coreutica.
Erazor di Wayne McGregor su musica di Plaid è invece un esempio di “danza materica” presentata dalla Random Dance. Dieci soggetti che estremizzano il movimento immergendo il codice classico in un salutare ‘bagno contemporaneo, a cui non è estranea la lezione di Forsythe, e dimostrano la longevità di una scuola di pensiero ancora in grado di superare i propri limiti senza rinnegare se stessa.
Nel pezzo i talentuosi danzatori inanellano una serie di legazioni in cui saltano tutte le barriere e mettono in luce lintelligenza di un corpo che esegue in mezza punta balances fuori asse, estremi decalés, allungamenti e contrazioni improvvise, taglienti jetés, tenute estreme delle posizioni, scoordinate pose fra busto, braccia e gambe. Un turbinio di disarticolati e frenetici passaggi stoppati allimprovviso per consentire ai protagonisti di esibirsi a turno al centro dello scena e richiamare lattenzione dello spettatore su un corpo bello da vedere nellarmonica disarmonia di dinamiche distoniche.
E se “danza assoluta” e “danza materica” hanno il loro spazio rispettivamente in Russian Seasons e in Erazor, è in After the Rain di Christopher Wheeldon con la Morphoses The Wheeldon Company che entrambe ‘dialogano in un incontro ravvicinato dai toni morbidi e pacati su musica di Arvo Pärt. Nella prima parte le ballerine in scarpe da punta, affiancate dai rispettivi partners, si lanciano in ardui virtuosismi ‘alla Forsythe ma al tempo stesso lirici ‘alla Kyliàn eseguendo in ogni possibile direzione larabesque e mantenendo il controllo della gamba à la seconde, mentre i loro corpi esaltati dalla purezza di una danza “assoluta”, libera dal peso, ricordano splendidi aironi.
Ma è con il duetto di Wendy Whelan e Craig Hall che la “danza materica” fa la sua apparizione anche in After the Rain e dà gravità al lirismo della “danza assoluta” della prima parte con un passo a due contemporaneo infarcito di prese, lifts à la seconde, launches in arabesque, contribuendo ad approfondire un ‘dialogo manifestamente apprezzato dal pubblico con calorosi e convinti applausi.
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