Il tempo del sentire
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Non c'è dubbio: il Demofoonte di Niccolò Jommelli è opera per palati raffinati. E' lavoro di cesello armonico e melodico, elaborazione fine di dettagli in ogni sua componente. Orchestra tenuta sollevata come un velo di tulle – come il tulle dietro il quale si articolano le scene delicate di Margherita Palli – che vela e svela il gioco drammaturgico convenzionale dei buoni e dei cattivi, dell'amore, della rinuncia, dell'inganno; arie scolpite: il susseguirsi regolare di un battito cardiaco rassicurante dove il gesto, come si addice all'opera seria, è contenuto ed elegante, espressione di un illuminismo ricercato che consegna ai personaggi il tragitto lungo di un teatro musicale che nasce barocco e che, dopo oltre un secolo, ne conserva il tratto aulico e aristocratico: un gesto còlto dal regista Cesare Lievi nella limpida espressività del muoversi e del recitare. Arie e recitativi che sfilano perenni come evento inarrestabile: nella penna di Jommelli ognuno è nutrimento del successivo.
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Ad ogni pezzo chiuso corrisponde un impulso, un lampo imprevisto: nell'aria «Non curo l'affetto » di Creusa, Jommelli raccoglie da Gluck e consegna a Mozart l'arte drammatica di “muovere” il canto al suo interno; introduzioni strumentali ampie che ci tengono col fiato sospeso in attesa dell'aria (come in « Tu sai chi son, tu sai» sempre di Creusa) dove il suono si impone alla mente con squarci improvvisi, pre-romantici, e aperture immense di sonorità inaspettate; si vedano ancora « Il caso mio già noto» di Dircea e successiva aria «Se tutti i mali mie» che, ad ogni vocale, ha mille note dal tratto accorato inaudito; recitativi accompagnati di fattura perfetta e ariosi colmi di effetti e di affetti come « Ah padre amato, non ti posso ubbidir» di Timante. Jommelli sa che il testo metastasiano è canto puro. E poi, tanto per ricordare,nel duetto finale del secondo atto « Che barbaro addio!» si capisce da dove proviene il Don Giovanni… E ancora altri gioielli come « Non odi consiglio» di Adrasto nel terzo atto e poco dopo Timante sostenuto dai fiati in un recitativo che va oltre ogni regola per la ricercatezza strumentale e gli umori vocali precorrendo la modernità del canto recitato. Scuola napoletana, scuola italiana: dopo l'intuizione e la volontà di Riccardo Muti di riportarla alla luce, finalmente tutti ora la rincorrono: felice idea! Perché non sarebbe stato possibile il lungo percorso del teatro musicale senza le grandi penne di quel periodo artistico.
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L'allestimento del Demofoonte – primo in tempi moderni, inaugurato al Festival di Pentecoste a Salisburgo e passato per l'Opéra Garnier di Parigi – si avvale dei bei fondali di Rinaldo Rinaldi: marine che riportano alla memoria le suggestioni di Salvator Rosa o le atmosfere, ora cupe ora incendiate, di Francesco Guardi; della struggente nostalgia di un tempo classico evocata dalle bianche e nude colonne sparse e rovesciate a terra per volontà di Margherita Palli; dei costumi, che suggeriscono ruoli e caratteri di Marina Luxardo realizzati dalla Sartoria Tirelli di Roma; delle luci, che muovono e scandiscono il tempo drammaturgico di Luigi Saccomandi. I cambi di scena avvengono a fondale abbassato, di fronte al quale l'interprete resta solo in proscenio, quasi a ricordare la vena popolare più sincera di questo genere teatrale musicale. Della seconda compagnia del 7 luglio, si devono sottolineare tre voci femminili di notevole spessore: l'intensa Dircea di Barbara Bargnesi, Timante della bravissima Giacinta Nicotra, l'avvolgente Creusa di Auxiliadora Toledano. L'Orchestra Giovanile Cherubini, alla fine in mezzo agli applausi, scandisce a colpi serrati il bisillabo del Maestro chiamandolo in palcoscenico. Un'orchestra dal suono maturo e dal piglio mutiano con l'inconfondibile impulso dell'energia vitale: una pulsazione tenuta costante in una partitura difficile, sconosciuta e, come in gran parte del Settecento musicale, pericolosissima. Ma partitura gonfia di suono; teatro di suono.
«Lasciarsi andare alle arie…» dice Muti. Una tecnica d'ascolto forse più ricorrente nel teatro antico e, ancora oggi, nel teatro orientale. Ormai si è perso da noi il piacere del consumarsi del tempo nel tempo. Ma è vero: Demofoonte è musica che allunga e amplifica il tempo del “sentire”.
Cast & credits
Titolo
Demofoonte |
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Anno
2009 |
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Data rappresentazione
7 luglio 2009 |
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Città rappresentazione
Ravenna |
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Luogo rappresentazione
Teatro Alighieri |
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Prima rappresentazione
4 novembre 1770 |
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Evento
Ravenna Festival 2009 |
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Libretto
Pietro Metastasio |
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Regia
Cesare Lievi |
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Interpreti
Marcello Nardis (Demofoonte) Barbara Bargnesi (Dircea) Giacinta Nicotra (Timante) Nicola Marchesini (Matusio) Auxiliadora Toledano (Creusa) Irini Kirakidou (Cherinto) Pamela Lucciarini (Adrasto) |
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Produzione
Salzburger Festspiele, Ravenna Festival, Opéra National de Paris |
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Scenografia
Margherita Palli |
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Costumi
Marina Luxardo |
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Luci
Luigi Saccomandi |
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Orchestra
Giovanile Luigi Cherubini |
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Direzione d'orchestra
Riccardo Muti |
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Note
(3 - 5 lulgio) Demofoonte (Dimitri Korchak), Dircea (Maria Grazia Schiavo), Timante (Josè Maria Lo Monaco), Matusio (Antonio Giovannini), Creusa (Eleonora Buratto), Cherinto (Valentina Coladonato), Adrasto (Valer Barna-Sabadus) |