drammaturgia.it
Home | Cinema | Teatro | Opera e concerti | Danza | Mostre | Varia | Televisioni | Libri | Riviste
Punto sul vivo | Segnal@zioni | Saggi | Profili-interviste | Link | Contatti
cerca in vai

Lamento per Farrah

di Roberto Fedi
  Farrah Fawcett
Data di pubblicazione su web 25/06/2009  

Lo sappiamo che non veniva considerata una grande attrice. Sappiamo anche che non era vero (andatevi a vedere l’intensità e la bravura con cui aveva interpretato The burning bed, in italiano scioccamente Quando una donna, un Tv movie del 1984 diretto da Robert Greewald), e comunque per noi rimane una specie di nube aurata spazzata dalla tempesta, o il segno del tempo che precipita.

Era fondamentalmente una attrice televisiva, Farrah Fawcett, se questo è un limite: ma non lo è. È che nacque agli schermi con la serie Charlie’s Angels, nel 1976, in cui interpretava Jill, una bella ragazza dai capelli biondi: e fu un successo, come suol dirsi, mondiale. La serie era carina e ben confezionata, per essere degli anni Settanta; e anche ironica e spiritosa, sempre per essere di quel periodo. Ma delle altre due ragazze che la interpretavano non resta quasi traccia nella nostra memoria (si chiamavano, per la storia, Jaclyn Smith e Kate Jackson, quest’ultima con una carriera niente male, a dire la verità, anche dopo).

Di lei ci ricordiamo e ci ricorderemo, ora che il male l’ha spenta a 62 anni, dopo tre anni di calvario accettato senza piagnistei né esibizioni da star hollywoodiana in declino. E ricorderemo i suoi capelli, di un biondo bello e ambrato, e cadenti in splendide volute su un volto un po’ magro, tutt’altro che banale, non bamboleggiante come siamo abituati a vedere nelle biondastre televisive o cinematografiche. Un volto bello e un sorriso splendido, ma veri tutt’e due: un volto un po’ lungo e magro, serio, che poteva divenire dolcissimo e ironico e che, in film come quello citato all’inizio (la storia di una moglie abusata e picchiata, che per la disperazione dà fuoco alla casa con dentro il marito alcolizzato e brutale – uno dei pochi film in cui farsi giustizia da sé è liberatorio), diveniva intenso, sofferente, credibile. Quello di una donna, insomma.

Il biondo non è un colore di capelli. È un ‘segno’, una metafora, un’aspirazione sentimentale. Come tale, bisogna saperlo portare, bisogna esserne degni. Lei lo era. Dopo Marilyn Monroe (che per altro di suo era bruna), era la donna che aveva dato ai capelli d’oro, senza strafare, il volto e l’interpretazione migliore. Aveva, anche a vederla in fotografia, una profondità di sguardo e sentimentale rara. Ne rimarrà una traccia profonda, nella nostra memoria.

Era nata in una cittadina americana che ha un curioso nome quasi fatale: Corpus Christi. Perché le bionde (certe bionde) nascono segnate da un destino, quasi da una natura divina ma spesso attraversata dal dolore: «leucoùs dè theòn pàidas èinai», aveva  già  sentenziato Platone  (Repubblica,  474): ‘i figli degli dèi hanno  i  capelli chiari’.  E  da  sempre, com’è noto, i figli  degli  dèi  possono scendere  sulla  terra: ma solo per visite  brevi,  per  luminosi  passaggi.

 




 
Firenze University Press
tel. (+39) 055 2757700 - fax (+39) 055 2757712
Via Cittadella 7 - 50144 Firenze

web:  http://www.fupress.com
email:info@fupress.com
© Firenze University Press 2013