drammaturgia.it
Home | Cinema | Teatro | Opera e concerti | Danza | Mostre | Varia | Televisioni | Libri | Riviste
Punto sul vivo | Segnal@zioni | Saggi | Profili-interviste | Link | Contatti
cerca in vai

Ritorno dall'inferno

di Luigi Nepi
  Antichrist
Data di pubblicazione su web 27/05/2009  

Lars Von Trier non sta bene. Lo ha detto spesso nei mesi scorsi e lo ha ribadito anche a Cannes. Allo stesso tempo i selezionatori del festival di Cannes devono essere diventati più cinici, perché non hanno dimostrato alcun rispetto per un regista che, avendo già vinto la Palma d’oro (nel 2000 con Dancer in the Dark), avrebbe potuto essere invitato come "evento speciale" e non necessariamente messo in concorso con un’opera che sembra fatta apposta per essere stroncata.

Von Trier è un ottimo promoter di sé stesso e per il suo ritorno (?) dall’inferno della depressione ha deciso di scandalizzare, realizzando un film programmaticamente provocatorio, fin dal titolo: Antichrist. La storia è piuttosto semplice da raccontare: un bambino cade da una finestra proprio mentre il padre e la madre (Willem Dafoe e Charlotte Gainsbourg) stanno facendo l’amore, segue l’elaborazione del lutto in una baita perduta nel bosco fino a che lei impazzisce e sevizia lui, il quale, alla fine, reagisce. Il film è godardianemente diviso in sei parti: un prologo, quattro capitoli ed un epilogo. Il prologo (come l’epilogo) ha come colonna sonora la stupenda aria Lascia ch’io pianga dal Rinaldo di Händel ed è girato in bianco e nero con una high speed cam (di quelle usate nei crash test automobilistici), l’immagine è però riprodotta in super slow motion, per cui il film si apre sui volti dei protagonisti, imperlati dalle gocce dell’acqua della doccia. I due iniziano lentamente il loro amplesso, mentre il bambino, inconsapevolmente, si suicida. Il risultato è una straniante versione porno dell’incipit di Europa ’51 di Rossellini, a metà strada tra il videoclip e lo spot pubblicitario d’autore.


Il film continua con lui che, come psicologo e contro ogni precetto deontologico, prende in cura lei, vittima di una violenta depressione. Per questo si trasferiscono a "Eden", la loro baita sperduta nel bosco, dove da soli tenteranno di superare il dolore e le paure di lei. Lasciando da parte ogni commento sul nome del luogo, e sui mostruosi animali che lo infestano (zecche fameliche, una cerbiatta con un feto che le esce per metà dal corpo, una volpe filosofa che mangia sé stessa e un corvo immortale), i due, con alti e bassi, continuano il loro percorso di ritorno alla vita tra dialoghi improbabili (che vanno dagli antonionismi di "Ti insegnerò come respirare", alla scontata invocazione di lei: "Picchiami. Fammi male") e qualche sequenza non priva di un certo interesse. Il tutto fino all’improvvisa svolta horror, dove, durante uno dei loro numerosi amplessi, lei impazzisce cominciando ad infierire sul suo corpo e, soprattutto, su quello del marito in ogni modo possibile ed inimmaginabile, fino all’inevitabile reazione di lui.

Sebbene Antichrist sia un film a tratti imbarazzante, qualcosa è pur sempre possibile salvare. Per esempio è decisamente interessante la riflessione che Von Trier fa sul rapporto tra azione e parola, ai quali riconosce due tempi o, meglio, due ritmi, diversi. Nei numerosi scambi di battute tra i due protagonisti, il regista tende a privilegiare la fluidità del dialogo, sezionando la ripresa con microellissi, sottolineando così come l’azione soffra di un ritardo cronico rispetto alla parola (in definitiva pensiamo più velocemente di quanto agiamo). Ma, ovviamente questo non è sufficiente a risollevare le sorti di un film pensato per scandalizzare e permeato di una smaccata supponenza intellettuale. Così come non bastano le ottime prove di Willem Dafoe e soprattutto di Charlotte Gainsbourg, (chiamati sineddoticamente "Lui" e "Lei" nei titoli di coda), che si pongono docilmente agli ordini del regista, con il risultato di finire per contribuire alla "seriosità" dell’opera. A questo proposito bisogna comunque riconoscere che il premio come migliore attrice dato dalla giuria di Cannes a Charlotte Gainsbourg (che fa piacere vedere ritornata, lei sì, dall’inferno di un’operazione al cervello per un’emorragia cerebrale), non può dirsi totalmente immeritato, soprattutto per il coraggio dimostrato nel recitare una parte così difficile, controversa e, per certi versi, decisamente imbarazzante (i meno giovani potranno anche apprezzare come la sua silhouette sia perfettamente sovrapponibile a quella della madre Jane Birkin).

Von Trier si riappropria (dopo la serie televisiva The Kingdom) del genere horror procedendo iperbolicamente per accumulazione e stratificazione di citazioni sempre alte e colte, senza mai concedersi un momento di leggerezza. A parte i citati Rossellini e Godard, Von Trier chiama in causa il Kubrick di Shining (con l’isolamento dei protagonisti e il rapporto tra pazzia e scrittura), il Dreyer di Vampyr (del quale replica il punto di vista del morto al funerale del bambino) e il Buñuel di Un chien andalou (al cui taglio dell’occhio viene sostituito lo scioccante e autoinflitto taglio della clitoride). Anche se su tutti va comunque il dichiarato omaggio a Tarkovskij (al quale il film è addirittura dedicato), di cui Von Trier saccheggia i tempi, i colori e gli ambienti, non riuscendo, peraltro, ad arrivare neanche alle suggestioni del devotamente tarkovskijano Muukailanen del giovane finlandese Jukka-Pekka Valkeapää, visto lo scorso anno a Venezia. A proposito di Venezia 2008, Antichrist si pone al polo opposto di uno dei casi di quella Mostra: Encarnaçao do demonio, di José Mojica Marins, settantenne autore di culto brasiliano, fatto vedere in tarda notte come "evento speciale" e da molti giudicato tra i migliori film passati in laguna, con la conseguenza che in tanti hanno rimproverato a Müller la mancanza di coraggio per non averlo inserito in concorso. Confrontando i due titoli si capisce chiaramente che lo spunto iniziale è lo stesso, ma in Marins è sviluppato con una leggerezza ed un’autoironia tali da rendere godibile anche l’efferato catalogo di orrori e mutilazioni che attraversa il suo film (decisamente più impressionanti di quelle di Von Trier, con scene addirittura da snuff movie).

Antichrist vorrebbe essere un film "malato" sull’origine demoniaca della natura, ma, purtroppo, Von Trier è anche un mistificatore compulsivo (ha persino nobilitato il suo nome con il suffisso "Von"), per cui l’opera suona fortemente "falsa", l’eventuale grido di aiuto in essa contenuto rimane nascosto sotto una coltre di manifesti intellettualismi appesantiti da un pastiche di citazioni, sempre, inevitabilmente, "alte". Von Trier dovrebbe cercare di "alleggerire" il suo personaggio e, soprattutto, il suo cinema e se il precedente Il grande capo poteva andare nel senso giusto Antichrist è sicuramente un passo falso.

 

Antichrist
cast cast & credits
 



Lars Von Trier


 
Firenze University Press
tel. (+39) 055 2757700 - fax (+39) 055 2757712
Via Cittadella 7 - 50144 Firenze

web:  http://www.fupress.com
email:info@fupress.com
© Firenze University Press 2013