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Air Doll (Kuni Ningyo)

Federico Ferrone
  Kuki Ningyo
Data di pubblicazione su web 19/05/2009  

Pinocchio è vivo e lotta insieme a noi. Solo che oggi invece di essere un burattino toscano è una bambola gonfiabile che vive in una metropoli giapponese e ha fattezze che ricordano la bellezza adolescenziale di alcune protagoniste dei manga.

Kuki Ningyo è una sorta di rielaborazione, metropolitana e nipponica, del libro di Collodi. Dai tempi di Godzilla, il cinema giapponese, Shinya Tsukamoto in testa, ci ha abituato a strani ibdridi tra macchina e uomo, mutanti e cloni. Ma qui, più che nell'ambito delle bambole assassine, siamo in quello di una moderna favola sulla solitudine.

una immagine del film

 

Da quando è stato abbandonato dalla moglie, il cameriere Junichi vive una vita solitaria alleviata solo dalla sua bambola gonfiabile (che ricorda un po' il suo antico amore) cui si rivolge come una vera persona, coccolandola e confidandosi con lei. All'improvviso, senza motivi plausibili, la bambola comincia a prendere vita e sviluppare un'anima. Di giorno, mentre l'amante-padrone è fuori, lei comincia a girare per la città, trovando lavoro in un videonoleggio, occupandosi di un anziano signore e cercando così di comprendere il mondo in cui è stata catapultata.

Il regista Kore- Eda Hirokazu, già a Cannes nel 2001 con Distance e nel 2004 con Nobody Knows, è considerato una delle più interessanti figure del suo paese. Qui adatta il manga di Yoshiie Goda per una nuova variazione sul tema del burattino (o dell'animale) trasformato in essere umano con tanto di riflessione, prometeico- psicologica, sulla diversità e su cosa significhi vivere, amare e dare la vita. La storia, quindi, non è del tutto originale e ricorda almeno due film recenti: Lars e una ragazza tutta sua di Craig Gillespie e l'episodio diretto da Michel Gondry (storia di una ragazza che si trasferisce nella capitale giapponese e si trasforma in sedia per la troppa solitudine) all'interno del collettivo Tokyo !, inedito in Italia.

 

La prima metà del film è eccessivamente dilatata e rischia di scoraggiare gli spettatori. In essa viene tratteggiata la scoperta della vita da parte della protagonista, attraverso binari piuttosto prevedibili incentrati soprattutto sulla sua ingenuità (domande infantili, equivoci etc). Ma col passare del tempo il film prende una piega più complessa, la scoperta si muta in delusione e volge poi alla disperazione. In una strepitosa sequenza la protagonista si ferisce mentre rimette in ordine alcuni dvd e comincia a sgonfiarsi, venendo salvata dal collega che tampona la ferita con del nastro adesivo e la rigonfia soffiandole nell'ombelico. “Innamoratasi” del suo salvatore, la bambola, convinta che anch'egli sia fatto come lei, lo ferisce allo stomaco pensando di poterlo rigonfiare, uccidendolo. È l'inizio di un doloroso cammino iniziatico attraverso il dolore.

 


 

Come accadeva per il replicante Rutger Hauer in Blade Runner, la protagonista si ritrova faccia a faccia con il suo creatore, in una straziante scena nella quale i due si affrontano in un laboratorio pieno di bambole gonfiabili senza vita che ricordano a loro volta quelli di Bubble di Steven Soderbergh. L'esito dell'incontro non sarà l'omicidio, come nel film di Ridley Scott, ma la parabola della bambola, che prende coscienza della sua artificialità malgrado il suo desiderio di afferrare le ragioni della sua vita, si concluderà comunque in maniera tragica, in un bidone dei rifiuti. Se mai uscisse in Italia varrebbe la pena dare un'occhiata.

 

Kuki Ningyo
cast cast & credits
 

Una immagine del film




 
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