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Contratti d'amore in vacanza

di Gherardo Vitali Rosati
  Toni Servillo e Betti Pedrazzi
Data di pubblicazione su web 20/04/2009  

Gioca con la voce, Toni Servillo, allunga le vocali e le distorce, usa toni insolitamente alti e un timbro nitido e forte che par quasi amplificato. Nel suo allestimento della goldoniana Trilogia della villeggiatura si è riservato il buffo ruolo del parassita Ferdinando, creando esilaranti siparietti con la sua anziana pretendente Sabina (la bravissima Betti Pedrazzi). Ha riunito grandi nomi del teatro italiano – come Paolo Graziosi e Gigio Morra – con attrici giovanissime – Anna Della Rosa ed Eva Cambiale – per dar  vita ad una bella rappresentazione – premio Ubu come Spettacolo dell’anno per il 2008 – che riassume in tre ore e mezzo le tre fortunate commedie di Goldoni. Le smanie della villeggiatura, Le avventure della villeggiatura, Il ritorno della villeggiatura vengono tagliate e ricomposte a partire dal copione che Giorgio Strehler stese nel 1954. Di lì il Maestro prese le mosse per nuove importanti edizioni – a Vienna, nel 1974, e a Parigi nel 1978 – di lì vuol ripartire Servillo, scegliendo di non seguire i percorsi indicati da Massimo Castri – che montò le tre commedie in anni diversi – e da Mario Missiroli.

Tommaso Ragno (Guglielmo) e Anna Della Rosa (Giacinta)
Tommaso Ragno (Guglielmo) e Anna Della Rosa (Giacinta)



Il materiale è molto e Servillo sembra preoccuparsi del tempo. Ecco allora che nella prima parte gli attori recitano a un’assurda velocità, sciorinando le loro battute in un modo difficilmente comprensibile. Si sottolinea così la fretta dei preparativi per quella partenza imminente più volte messa in discussione. Ma il procedimento finisce per annientare la straordinaria bravura di alcuni degli attori, appiattendo totalmente la recitazione in un’improbabile corsa verso la seconda. È lì che si inizia veramente ad apprezzare lo spettacolo, quando il tempo sembra fermarsi all’improvviso nel riposo della villa di campagna. Servillo-Ferdinando se ne sta sdraiato con i suoi occhiali da sole in attesa della cioccolata. E fra una partita a carte e una gita al caffè si avvicendano gli eventi centrali delle commedie. Giacinta, promessa sposa a Leonardo, si innamora di Guglielmo. E nasceranno poi molti altri amori: fra i servi, Paolino e Brigida, fra Ferdinando e Sabina e fra i vicini di casa, Rosina e Tognino.

Che poi di amore ce n’è ben poco, poiché Ferdinando si lascia convincere dalla sua vecchia pretendente con una donazione di diecimila scudi, Leonardo vuol sposare Giacinta per avere la sua dote e a Rosina tocca in sorte lo sciocco Tognino perché figlio unico del medico condotto. Forse i soli ad amarsi realmente sono i servi, liberi di assecondare i loro sentimenti; per tutti gli altri sembra non esserci scampo dalle rigide norme della società borghese. A Strehler Servillo sembra essersi ispirato anche per la scenografia – firmata da Carlo Sala – caratterizzata da pochi elementi disposti sempre in maniera simmetrica e dal fondale bianco utilizzato per le scene di esterni. Belli i costumi in stile settecentesco di Ortensia De Francesco, che con il loro sfarzo ben corrispondono all’insensata attenzione per la moda delle due protagoniste.

Toni Servillo (Ferdinando), Tommaso Ragno (Guglielmo), Paolo Graziosi (Filippo), Gigio Morra (Fulgenzio)
Toni Servillo (Ferdinando), Tommaso Ragno (Guglielmo), Paolo Graziosi (Filippo), Gigio Morra (Fulgenzio)



Le già citate perle del cast danno vita a momenti di grande intensità e realismo. Oltre ai due straordinari “vecchi” – Graziosi e Morra – che sanno giocare con le pause, indugiare negli sguardi e sottolineare con ironia le ossessioni dei loro personaggi (come quella di Filippo per il picchetto) si distinguono anche Andrea Renzi e Tommaso Ragno, nei panni dei due innamorati. Ma la vera protagonista delle tre commedie goldoniane è Giacinta, che si fa meneur du jeu arrivando a decidere anche le sorti degli altri personaggi. È una donna combattuta fra l’amore per Guglielmo e la parola data a Leonardo, che sa le regole della sua società e non vuol contraddirle. Così complessa che è impossibile incarnarne tutte le sfumature. Ci prova Anna Della Rosa, raggiungendo una buona credibilità nelle scene centrali, quando si interroga sul suo sentimento colpevole. Meno convincente nella prima parte, quando la folle velocità le impedisce il necessario approfondimento, riducendola ad una semplice macchietta.

Limiti, questi, che non intaccano l’amaro effetto del finale, quando si concludono i matrimoni d’interesse. Ottimi i tagli al testo, numerosi ma quasi impercettibili, che consentono uno sviluppo coerente ed equilibrato dell’azione. Il tempo della rappresentazione scorre velocemente, si ride e si riflette. Si ammira il talento di Servillo e dei suoi colleghi e si apprezza uno spettacolo esteticamente curato, dove anche l’occhio trova la sua consolazione.  




La trilogia della villeggiatura
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