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Le veneziane del ricordo

di Giovanni Pirari
  Una scena dello spettacolo
Data di pubblicazione su web 08/04/2009  

Guy Cassier, tra i cinque registi premiati con l’XI Premio Europa Nuove Realtà Teatrali, ha presentato negli spazi del Teatr Polski di Wroclaw Sunken Red, un monologo della durata di novanta minuti basato su Bezonken rood, romanzo autobiografico dello scrittore olandese Jeroen Brouwers. Lo spettacolo, una co-produzione delle compagnie teatrali Toneelhuis e Ro Theater, è interpretato da Dirk Roofthooft, che recita il monologo anche nella sue versioni in lingua olandese, francese e spagnola.

La produzione, fedele al testo di Brouwers, inscena la sofferente memoria del personaggio, che dalla notizia della morte della madre è mosso a ricordarsi del periodo trascorso insieme a lei in un campo di prigionia giapponese durante la seconda guerra mondiale. L’attore è già presente sulla scena mentre gli spettatori prendono ancora posto in sala. È impegnato a raschiare i calli dalle piante dei suoi piedi, mentre fuma una sigaretta dietro l’altra. Aprire lo spettacolo su un tale atto tra i più taciuti ed insignificanti dell’intimità di un individuo, induce un contatto diretto, confessionale, col racconto, ed insieme infonde un senso di degrado e di solitudine, che prepara la cornice emotiva in cui ascoltare i ricordi della sua mente fredda e turbata.



Il racconto, che descrive come gli anni di prigionia abbiano segnato indelebilmente il rapporto con la madre e ogni relazione amorosa nel corso della sua vita, viene continuamente interrotto dallo squillo di una sveglia, posta a ricordare al personaggio l’assunzione di farmaci, sempre rimandata per accendere un’ennesima sigaretta e riprendere la narrazione trascinata a strattoni. L’allestimento, curato da Peter Missotten, è spartano e surreale. A parte una sedia sulla quale il carattere impersonato da Roofthoft si abbandona ad un patetico atto masturbatorio, non vi sono elementi che imitino realisticamente l’interno di una abitazione umana. Una costruzione di basse vasche allineate, in cui piccole condutture lasciano zampillare dell’acqua, occupa quasi tutto il lato destro del palco, offrendo all’attore insieme un ostacolo e il pretesto per interrompere e variare continuamente la direzione dei suoi passi. Il fondale è interamente occupato da gigantesche veneziane, sul cui gioco d’aperture e chiusure s’impernia a mio avviso la più interessante invenzione di questa produzione teatrale.



Quando le veneziane vengono chiuse, esse si trasformano in uno schermo su cui viene proiettato il busto ingigantito di Roofthoof, che immediatamente sottrae tutte le attenzioni all’attore in carne ed ossa per concentrarle su di sè. Le gigantografie proiettate su questo insolito schermo variano di dimensione nel corso dello spettacolo, riproducendo il personaggio ora per intero, ora solo nel volto, e dando vita a interessanti dialoghi di forme con l’ombra dell’attore. Queste proiezioni, che rappresentano la memoria del narrante, scompaiono quando le veneziane si riaprono, e noi improvvisamente riscopriamo quel corpo che brontola i suoi frammenti di voce in scena.

Sunken Red non è uno spettacolo facile da seguire. Il testo è intenso e toccante, ma la mancanza di azione e la dizione monotona richiesta dal carattere malato e crepuscolare interpretato da Roofthoof impegnano anche la volontà più determinata per farsi seguire sino all’ultimo dei novanta minuti di durata. Oltre al desiderio di scoprire l’opera originale di Jeroen Brouwers, solo il ricordo del riuscito impiego poetico della tecnologia video sopravvive al ritorno delle luci in sala.





Sunken red
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