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Una coppia qualunque

di Marco Luceri
  Valeria Golino
Data di pubblicazione su web 16/03/2009  
Giuseppe Piccioni è un regista che i film li sa fare. Eccome. E lo diciamo paradossalmente a malincuore, perché è anche uno dei nostri cineasti più ingiustamente bistrattati e incompresi. Forse tra molti anni (ma speriamo di no) qualcuno gli renderà giustizia, guardando alla sua già nutrita filmografia come a un corpus di opere in cui scovare cose non eccelse, ma anche, ed è giusto ribadirlo, film pregevoli. Se fosse nato e vissuto in Francia Piccioni avrebbe sicuramente avuto ben altra fortuna, invece deve accontentarsi di essere italiano e di vedere i suoi film (come del resto la maggior parte del nostro cinema), mandati allo sbaraglio sul mercato nazionale e quindi destinati a un frettoloso oblio.



Giulia non esce la sera, il suo ultimo film, appartiene sicuramente alle migliori cose italiane viste sugli schermi in questo primo scorcio di terribile 2009. La storia è molto semplice: c'è uno scrittore, Guido, poco convinto di se stesso e degli altri (Valerio Mastrandrea) che riesce a entrare nella cinquina finale per l'assegnazione di un importante premio letterario. Mentre è in giro per la promozione del libro, conosce una giovane istruttrice, Giulia (Valeria Golino), in una piscina. Tra i due nasce un tenero amore, ma la ragazza è difficile, ha un passato burrascoso (ha ucciso l'amante e non se ne pente), e un presente irrisolto (il marito e la figlia non la vogliono più vedere). Storie di ordinaria quotidianità, potremmo dire, dense di un realismo garbato e al contempo corrosivo, rette da una sceneggiatura che magari fatica a spiccare il volo, e quando lo fa, nella seconda parte del film, forse troppo bruscamente, provoca un certo spiazzamento emotivo. Ma a parte questo, e certe ridondanze che il regista marchigiano poteva evitare (come i personaggi di un romanzo di Guido che gli si manifestano in molte occasioni, come fantasmi) il film eccelle proprio nella descrizione del mondo in cui questi personaggi qualunque si muovono.



Insistiamo sull'aggettivo qualunque perché è proprio questo il tono del film, il registro più consono alla sensibilità registica di Piccioni, quello cioè che una volta si chiamava "marca autoriale", quello che, insomma, distingue e rende riconoscibili i suoi film rispetto a quelli di tanti altri. L'ambiente in cui si muove Guido, per esempio, non è analizzato attraverso l'imperante ottica "sociologica": lo scrittore non è ritratto attraverso gli stereotipi, i tic e le manie dell'intellettuale: non ha la barbetta, non veste né giacche di velluto né dolcevita, non porta gli occhialini, non esprime velleitarie posizioni politiche di sinistra, non cerca di assomigliare né a Moretti né a Veronesi. Guardandolo con un occhio distante, Piccioni lo dipinge come un uomo che vaga senza nessuna vera motivazione in un mondo che gli resta sostanzialmente estraneo; è semmai incline alla malinconia, come è medio nelle ambizioni e innocuo nella scrittura. Uno che non sceglie, insomma, un personaggio perfetto quindi, stranamente affidato a Mastrandrea. L'attore romano è però riuscito nel miracolo di averlo reso afferrabile e lineare, cancellando del tutto le caratterizzazioni eccessive tipiche del suo stile e anzi fornendo un'interpretazione davvero originale. Il ragazzo sta maturando.



Al contrario Giulia è una donna determinata nelle sue scelte, che non si pente tanto delle sue azioni, quanto delle conseguenze a cui è andata incontro. E' perciò circondata da un vuoto incolmabile, e non da un dolore, che sarebbe insopportabile. Giulia sopporta eccome e vive in questa sorta di fluidità permanente, di non essere inerte, in cui come sprazzi vitali, si riaccendono le passioni. Ma poi tutto si rivela di nuovo precario, quasi inutile. Valeria Golino costruisce un personaggio più cerebrale e meno istintivo dei suoi precedenti, meno realistico insomma, ma per questo straordinariamente credibile (la sua innata sensualità è facile che emerga: come ai grandi attori, le basta un vestito, un costume, una semplice acconciatura per entrare in scena e catalizzare su di sé l'attenzione dello spettatore; sotto la maschera di Giulia, riemerge a tratti, sempre, l'eroina romantica e disadattata che è la sua peculiarità di attrice nell'immaginario comune). Ecco perché la dinamica relazionale tra i due non è la passione accecante da melodramma, ma una quasi amicizia, una soffusa complicità che non può che trovare nel mondo artefatto e solitario della piscina la sua dimensione più appropriata. In piscina si è sempre fondamentalmente soli e la sospensione dal mondo circostante è percepibile sulla pelle. E' qui che Guido e Giulia, in fuga dalla vita, trovano non uno sfondo, ma un mondo.

A fare da contorno ai due una manciata di ottimi interpreti, dalla puntuale maturità di Piera Degli Esposti alla straordinaria e intensa fisicità di Sonia Bergamasco, una delle più grandi attrici italiane di oggi, inspiegabilmente sfruttata quasi per niente dal nostro cinema, fino ai simpatici esordienti che interpretano i due bambini, Domiziana Cardinali e Jacopo Domenicucci.




Giulia non esce la sera
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