In unatmosfera di vivace acclamazione, soprattutto da parte dei numerosi esponenti della comunità magrebina, è andato in scena al Teatro Universitario di Santa Marta “Giovanni Poli” Bladi mon pays, testo e regia di Driss Roukhe, un artista molto conosciuto sia in Marocco, sia in Europa.
Il lavoro, che per il notevole successo nel mondo arabo ha avuto più edizioni, è stato prodotto dal Teatro Nazionale Mohammed V di Rabat-Marocco, con il sostegno dellIstituto Italiano di Cultura in Rabat.
A Venezia è stato presentata lultima versione, elaborata dallo stesso Roukhe nel 2007, con la partecipazione di Abdelkebir Rgagna e Said Bay, due bravi interpreti che in una lingua mista tra larabo e il francese delle banlieue descrivono le vicende di due fratelli, Habib, colui che narra, e Kader, il perseguitato, giunti in Francia da clandestini. Si tratta di un lavoro aspro e violento che svela il devastante destino degli immigrati africani, sospinti fuori dai margini della società, perseguitati dalle polizie e costretti di continuo a nascondersi.
Per reagire allapartheid Kader continua a sognare la sua patria; rinchiuso tra le pareti spoglie di una stanza semioscura, spesso in preda ad attacchi convulsivi, sempre pronto a puntarsi una pistola alla testa per la voglia di farla finita, scrive il romanzo impossibile di una vita negata, riempie pagine e pagine di pensieri malinconici. Habib, invece, si è inserito subito tra le schiere della malavita parigina e non esita neppure a coinvolgere nei suoi loschi traffici gli amici, provocando luccisione della fidanzata del fratello.
Il rapporto conflittuale tra i due rimanda con insistenza al miraggio di un Marocco bel paese, una terra sognata e accogliente, al contrario delle contrade europee, insidiose e razziste: è un atto daccusa esplicito che condanna latteggiamento del mondo occidentale verso chi non può più tornare più indietro, pena lammissione di aver fallito. Mentre unultima crisi di respirazione travolge il destino infelice di un uomo senza nazione, a Habid non resta che dichiarare la inevitabile fine dellinnocenza.
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