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La nebbia del tempo

Sara Mamone
  una scena del film
Data di pubblicazione su web 14/02/2009  

Tra le cose belle di questa Berlinale per certi versi in tono un po’ minore c’è il coraggio con cui si sono messi umilmente in competizione grandi del cinema come Chen Kaige, Andrej Wajda e Theo Angelopoulos. Mentre le opere dei primi due segnano le prodigiose tappe di una vitalità ritrovata, purtroppo invece il film di Angelopoulos ci è parso sbagliato dall’inizio alla fine, tranne forse nel titolo: la polvere del tempo (o forse, meglio, la nebbia) si è effettivamente posata non solo sui personaggi ma anche sul talento del regista e, in particolare, sui due doni che hanno fatto di lui uno dei più grandi in assoluto: la capacità visionaria e quella poetica, quella forza di espressione dei sentimenti attraverso le immagini che diveniva poesia visiva. Niente di tutto ciò in questa seconda parte della trilogia della Storia alla quale aveva già dedicato nel 2004 il fascinoso La sorgente del fiume, in cui la vicenda del ritorno in patria della comunità greca di Odessa cacciata dall’armata rossa nel 1921 era vissuta attraverso una straordinaria storia d’amore lunga più di un trentennio.

Michel Piccoli, Irene Jacob e Bruno Ganz in una scena del film
Michel Piccoli, Irène Jacob e Bruno Ganz in una scena del film


Anche qui l’amore è protagonista, ma un protagonista autunnale, poiché molto tempo è passato. Pur non impegnandosi a seguire le vicende del primo “episodio” e partendo da quello nuovo ci si scontra subito con una confusa complessità della trama (ah! il grande conterraneo Aristotele che si raccomandava che la trama fosse una sola!) che mette insieme la vita di Eleni con l’amante Jacob nella Russia di Stalin, la morte del dittatore, la fuga del figlio bambino di Eleni che poi finisce con la sorella di Jacob in Canada, poi la caduta del regime sovietico, il ritorno di Eleni in America e il ricongiungimento col marito, e poi la caduta del Muro di Berlino e il figlio che cresce e diventa regista e poi si sposa e poi si separa e la figlia di lui che tenta il suicidio e, per semplificare le cose, il figlio diventato regista che fa un film sulla vita dei genitori. Tre piani di lettura per tre generazioni sono veramente molto, il continuo ricorso al flash back difficile da seguire perché per giunta non sempre dati fisiognomici ed anagrafici coincidono (come considerare plausibile l’incontro tra Irène Jacob e William Dafoe nei ruoli rispettivamente di madre e figlio? Etc.) e poi la sceneggiatura, al di là dell’affollamento della trama e delle intenzioni, mette in bocca ai personaggi alcune delle frasi più fruste e banali mai sentite al cinema.

Christiane Paul e Willem Dafoe in una scena del film
Christiane Paul e Willem Dafoe in una scena del film

 

Testo così brutto da danneggiare irrimediabilmente le immagini che, anche se in questo non si può dire che la musa di Anghelopoulos sia al meglio, certo hanno sempre una loro suggestione: soprattutto quelle iniziali, con le immense distese siberiane, la neve, il silenzio ovattato che diventa non mancanza di suono ma opacità dell’immagine. Poi scene visivamente mirabili si intrecciano a immagini banali. Il coinvolgimento degli attori è totale. A parte il non plausibile William Dafoe nel ruolo del cinquantenne figlio regista anche Irène Jacob fatica molto a trovare il suo senso, malamente e comunque mai sufficientemente invecchiata (tanto valeva lasciarla come è e considerare il tempo come una variabile soggettiva). I danni maggiori sono fatti (o subiti) dai due protagonisti maschili: il povero Michel Piccoli, certo non favorito dal ruolo ma sempre più immobile e catafratto (vedere però cosa era riuscito a fare di questa apparente immobilità Manuel de Oliveira in Ritorno a casa), e il di solito grande Bruno Ganz, qui crocifisso ad un ruolo poetico, un po’ clochard un po’ filosofo, che sfiora la parodia. Certo un attore come lui ci mette sempre del suo. Ma qui il regista non gli è certo stato amico.






The dust of time
cast cast & credits
 
 


 

Irène Jacob in una scena del film
Irène Jacob in una scena del film




 
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