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La leggerezza degli angeli

di Sara Mamone
 
Data di pubblicazione su web 07/02/2009  

Il film è tratto da una storia della scrittrice inglese Rosa Tremain. Katie è una giovane stremata operaia della banlieue parigina, mamma di una deliziosa bambina resa troppo saggia dalla necessità. Mentre la vita si trascina sempre più stentata ma mai priva di tenerezza, la donna incontra Paco, uomo assolutamente normale, giusto mélange di ingenuità e attenzioni. Nasce un amore che li porta a vivere insieme e a sperare di fare, con il bimbo nato da questo amore, una famiglia normale. Tutto sembra andare per il verso giusto fino a che la donna scopre due ematomi simmetrici nella schiena del bimbo: accusa il marito di violenza e questi, indignato, scompare. Il film, realista fino a sfiorare il documento, cambia improvvisamente tono  e stile quando le ferite si dispiegano in due piccole alucce e la mamma e la figlia, sbigottite, si trovano a dover fronteggiare problemi che travalicano il normale stress provocato da un neonato. Impavida l’una e obbediente la seconda, decidono di preservare la diversità del bambino nel segreto affettuoso e solidale della casa. Fino a che sarà possibile.

Poi gli eventi prendono il loro corso: il bimbo viene scoperto, Paco ritorna e la famiglia, prima di cedere alle lusinghe del solito micidiale mix televisione-soldi, si ricostituisce. Fino al giorno dell’ostensione quando, presentato ai media affamati, il bimbo miracoloso prende davvero il volo e scompare, nobile e giocoso, all’orizzonte, pianto soltanto da chi gli ha veramente voluto bene, cioè la piccola famigliola che non riesce a riprendere il corso di un’esistenza normale. Soprattutto la mamma, annientata dal dolore e dal senso di colpa. Una notte, quando il dolore è divenuto insopportabile, si reca sul lago dove il piccolo era sparito e lo trova, sull’altra sponda libero e felice nelle sue ali maestose.        

Appena il tempo di confidargli il suo amore e il giovane angelo se ne parte per sempre, a vivere la sua vita lasciando la mamma finalmente pacificata, pronta a riprendere il corso della propria, normale esistenza. Fine dell’apologo. Che ha un suo stile ed una sua grazia leggeri, sfuggendo alle intenzioni del suo autore, “non interessato all’aspetto fantastico  [del racconto] ma al modo in cui trattava il tema della famiglia, del nostro posto in essa e dello squilibrio che può creare l’arrivo di un nuovo membro, sia questo un nuovo partner o un bambino”.

Per fortuna l’angiolino gli ha tenuto una mano sulla testa e, per quanto ha potuto, si è beffato di queste pesanti intenzioni.








Ricky
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