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In mancanza di meglio...

di Roberto Fedi
 
Data di pubblicazione su web 18/11/2008  

In mancanza di meglio, ci si può divertire anche così. Nella settimana appena trascorsa, tra Alitalia ormai stracotta e altre amenità ahimè poco amene, almeno due cosette che riguardano la televisione ci hanno divertito. Come il lettore capirà sono, entrambe, un segno dei tempi: ma, come dicevamo, in mancanza di meglio…

Cominciamo dalla più recente, e forse (diciamo: forse) meno seria. Dunque, siamo a domenica 16 novembre su Stadio sprint, insulsa trasmissione sul calcio che va in onda per un tempo interminabile su Rai Due subito dopo la fine delle partite di calcio. È fatta di interviste, e non aggiunge nulla a quello che lo spettatore ha già visto sui vari canali a pagamento, o ha sentito alla radio, ed è di una noia mortale. Niente filmati, ovviamente (quelli vanno per la prima volta a Novantesimo minuto, sempre sulla Rai, una trasmissione che ha il ritmo di una lumaca zoppa), ma solo “commenti e impressioni”, come recita il sito dedicato a questa palla di piombo. Quindi, il nulla: essendo le interviste sul calcio quanto di più inutile, banale, scontato, ripetitivo, logorroico, pletorico, tautologico eccetera eccetera si possa vedere o sentire nell’universo mediatico. Tanto che avremmo una proposta da fare a questi Einstein del giornalismo. Di registrare un paio di interviste ai giocatori e agli allenatori a inizio anno – come si fa con le fotografie per le figurine Panini – e mandarle in onda qua e là durante il campionato. Tanto, frasi come “ce la metteremo tutta”, “Del Piero non si scopre adesso”, “il campionato è lungo”, “le fasce sono importanti” e scemenze del genere vanno bene sempre.

Ora, in Stadio sprint, che vista la lentezza tartarughesca è un nome che già fa ridere di suo, in studio c’è tale Varriale, che una volta stava, o forse sta ancora, a bordo campo nelle partite della Nazionale e simili. È costui uno che, almeno a noi, risulta insopportabile: sembra che il calcio l’abbia inventato lui. Petulante, saccente, e dall’incoercibile accento campano-napoletano. Sullo schermo sfilano allenatori & giocatori: più o meno stanchi, più o meno eccitati, ma tutti chiaramente scocciatissimi (giustamente) di trovarsi lì a essere interrogati sul niente. Ma domenica 16 è arrivato Walter Zenga, grande portiere ai suoi tempi e ora bravissimo allenatore del Catania. Che con Varriale si è messo a litigare per parecchi minuti senza risparmiarsi. Fin qui, tutto bene: il fatto era che nessuno capiva per cosa e sul perché. Un po’ come, sarà capitato a tutti, quando a un semaforo o a un parcheggio si vedono due che si dicono parolacce: ci si ferma, si chiede a qualcuno “ma che è successo?”,  quello dice “boh”, e i due però continuano a dirsene di santa ragione.

Così per minuti. Ora, Zenga avrà pure esagerato; ma non si capiva perché il Varrialino (è bassino) si agitasse tanto, muovendosi come un ossesso. Una scenetta deprimente, a dirla tutta. Sulla Rai, poi. Ma su una cosa Zenga ci ha colpiti: quando ha detto a Varrialino, che sbraitava e così facendo esaltava l’accento napoletano, “si chieda un po’ chi l’ha messa lì”. E Varrialino: “Non certo llllei!” (con molte ‘elle’). Così  però c’è rimasta in sospeso una domanda, che non avrà risposta, e che è la seguente: visto che non è Zenga che ha messo lì Varriale, chi ce l’ha messo? Perché, che sia lì perché è bravo, beh: questa poi no. Infatti non ha risposto “sono qui perché ho vinto un concorso”, per esempio. Rimaniamo con la curiosità.

L’altro pezzo di vita, divertente anche questo (in mancanza di meglio… ) è il caso tutto italiota della Presidenza della Commissione di Vigilanza Rai. Che sfidiamo chiunque che non sia un politicante consumato a dirci a che cosa, non in teoria ma in pratica, serva o sia servita in questi anni – se non a distribuire stipendi e prebende, si capisce.

Bene: sapete forse com’è andata. Dopo 45 votazioni (diconsi 45), tutte senza esito, ecco che viene eletto tale Villari. Chi era costui? Boh. È un senatore del Pd, zona Margherita, dicono gli informati. Ne sappiamo come prima, ma procediamo. È costume che il Presidente, che scriviamo con la maiuscola per pura ironia, sia un esponente dell’opposizione. Bene. L’opposizione aveva indicato come candidato Leoluca Orlando, già sindaco di Palermo, già fondatore e affondatore della Rete (e che era costei? boh), e ora evidentemente disoccupato se pure onorevole e in forza alle truppe di Di Pietro. Ma non c’era alcun accordo sul nome. Alla 46.a (ci pare) votazione ecco il colpo di scena: quelli della maggioranza, più un paio dell’opposizione, votano tutti per il Carneade Villari. Che quindi viene eletto.

Salta su il Veltrini, pardon Veltroni (insomma: quello che si crede Obama) che grida: “si dimetterà subito!”.  E la cui auctoritas deve essere così alta che il Villari, pur essendo del partito dell’Obama de noantri, ha detto che non ci pensava neanche. E infatti, a tutt’oggi (17 novembre), è ancora lì. Eletto democraticamente anche dalla maggioranza, quindi – in una democrazia – regolarmente in carica. O no?

Ora, qualcuno si chiederà perché abbiamo unito queste due storie tristi. Perché c’è una domanda che le accomuna: ma quelli, chi ce li ha messi lì? (nel secondo caso, potete scegliere fra il Villari e il Veltrini, tanto cambia poco).

PS. La domanda non riguarda Walter Zenga, che è lì solo perché è bravo. Il che dimostra, lasciatecelo dire, che in questo irredimibile paese (lo scriviamo con la minuscola, senza ironia) il calcio è rimasto una delle poche cose serie. Altro che Rai.






Stadio Sprint

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