Sono riprese in Tv, perché in libreria non si sono mai interrotte, le avventure del commissario Montalbano; con i milioni di spettatori consueti. La produzione è, inutile dirlo, nettamente al di sopra delle ‘serie nostrane, sia per la qualità degli interpreti che per la realizzazione. Raramente, tanto per dire, è capitato di vedere una Sicilia così ben fotografata e scelta, nelle varie locations. Detto questo, siano consentite un paio di osservazioni.
La serie mostra la corda. È naturale, dopo tanto. Ma qui il rischio era, ed è, maggiore: perché vista lambientazione, e la particolarità dello stile di Camilleri, la ripetizione rischia lo scivolamento nel folklore. Non tanto per i luoghi, ma per le situazioni ripetitive (Catarella che non riesce ad aprire la porta è il caso più tipico, ma anche le sceneggiate fra il commissario e il medico legale sono gratuite) e per il linguaggio. In Camilleri linvenzione stilistica era stata forse risolutiva: un linguaggio un po italiano e un po siciliano, ben miscelato, a cui il lettore si era affezionato subito. Portandolo in televisione, giustamente sia gli sceneggiatori che soprattutto gli attori avevano supplito a quella commistione con il gesto, lespressione, una certa sicilianità di contorno, e dialoghi con qualche intonazione dialettale. Un risultato eccellente. Ma, alla lunga, qualcuno deve essersi un po fatto prendere la mano, cercando una qualche soluzione meno scontata. Da qui (abbiamo visto laltra sera La pista di sabbia) un uso insistito e qualche volta francamente gratuito della parolaccia, o almeno della parola che ‘spicca nel contesto del dialogo. A cui ci è sembrato che si indulgesse un po troppo: la parolaccia essendo, come ognun sa, in questi casi il metodo più facile per la ricerca dellespressività, altrimenti appiattita.
Zingaretti è bravo, naturalmente. Anzi, non interpreta più: è, per così dire, il commissario Montalbano. Il che lo porta però, qualche volta, un po a gigioneggiare. Padrone della scena, in qualche caso se ne approfitta. La scena, lunga e inutile, del pranzo con la fanciulla cavallerizza con cui ha una relazione di una mezzoretta in una scuderia è per esempio una caduta, un riempitivo, che nelle prime serie non ci sarebbe stato.
Si nota, insomma, una certa stanchezza, che allunga i tempi e non li ‘stringe come accadeva una volta. È vero, i gialli di Camilleri sono sui generis, e ciò che conta non è tanto la soluzione finale quanto latmosfera, i personaggi, lambiente. Anche naturalmente una certa ironia. Ora questultima se nè andata del tutto, e lo svolgimento è lento, con pause a volte piuttosto stanche e noiose. I personaggi parlano troppo, si raccontano, e lindagine è più parlata che svolta con lazione. Che, dove cè, è banale: lo scontro a fuoco, nello sceneggiato di cui sopra, fra un poliziotto e tre malviventi è quasi ridicolo e senza nessuna emozione; la scena dei tre malviventi suddetti che spiano dal mare in una barchetta il commissario nella sua bella casa sul mare (ma come fa un commissario a permettersela?) è quasi comica. E quindi tutto si basa sulle chiacchierate fra i personaggi, i resoconti narrativi durante i dialoghi, e poco più.
Infine, la struttura ‘gialla. Che, con tutto il rispetto, ormai non tiene quasi più. La pista di sabbia, ad esempio, presentava una storia semplice e inverosimile, ma talmente ingarbugliata che alla fine quasi non ci si capiva nulla: mentre, dintorno, si svolgeva appunto il nulla.
Magari sarà stato un momento di debolezza. Ma, come per tutti i commissari, forse anche per Salvo Montalbano è arrivata lora della meritata pensione.
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