In punta di matita
In questi ultimi anni si è assistito alla glorificazione della tecnologia digitale applicata all'animazione. Grandi case di produzione come la Pixar , la Dreamworks , la Fox e la Warner hanno fatto a gara per affinare la computer grafica applicata all'animazione, fino ad ottenere prodotti “più veri del vero”, che cercano di riprodurre esattamente il reale, con il paradossale risultato di arrivare, con molta fatica e potentissimi processori, a ricostruire artificialmente il paesaggio che si vede dalla finestra (e siamo ancora in attesa del misterioso Avatar di James 'Titanic' Cameron).
In un panorama di questo genere irrompe, educatamente, in punta di matita, Hayao Miyazaki, forse il più grande regista di animazione vivente, che a distanza di quattro anni da Il castello errante di Howl (presentato a Venezia nel2005, in occasione della consegna del Leone d'oro alla carriera), ci delizia con la sua ultima fatica Gake no ue no Ponyo (Ponyo sopra il dirupo sul mare). Settanta artisti hanno disegnato a mano centosettantamila disegni per confezionare questo autentico gioiello di delicata leggerezza. Colori pastosi, tratto semplice, quasi un ritorno alle figure dei suoi esordi (Heidi, Anna dai capelli rossi), Miuyazaki incanta con una storia semplice e magica.
Fujimoto è una specie di novello Nettuno, che ha rinunciato alla sua natura umana per sposarela Madre del Mare e, nella sua base sottomarina, sta lavorando perché il mare torni ad avere l'importanza che ebbe al momento della nascita della vita sulla terra. Le figlie di questa coppia sono strani pesci rossi con la faccia umana; una di loro riesce a fuggire e ad avvicinarsi a terra, dove uno sporco peschereccio, trainando una rete a strascico, la incastra in un barattolo. Sosuke, un bambino di cinque anni che vive su una scogliera, la libera, la chiama Ponyo e promette di occuparsi sempre di lei. Fujimoto recupera Ponyo che però è venuta in contatto con il sangue di Sosuke, per cui inizia a trasformarsi in una bambina. Il padre ferma il processo di trasformazione, ma lei fugge di nuovo versando nell'oceano l'Acqua della Vita, il prezioso elisir del padre. Questi fatti scatenano gli elementi: un maremoto sconvolge la baia, la luna si avvicina alla terra, la marea sommerge tutta la cittadina, Ponyo ritrova Sosuke, insieme inizieranno un viaggio magico alla ricerca della madre del bambino. Anche Fujimoto li sta cercando, ma, questa volta, per assecondare i voleri della piccola Ponyo e tutti si ritroveranno nella base sottomarina per l'atteso lieto fine.
Dopo la terra de La città incantata e l'aria de Il castello errante di Howl ecco l'acqua delle profondità marine di Ponyo, dove la base di Fujimoto è un luogo dove chiunque vive e respira senza bisogno di ossigeno. Non vi sono più barriere, non solo di razza ma nemmeno di specie, le continue trasformazioni di Ponyo da pesce a uccello a bambina e viceversa, uniscono tutti in un unico destino: figli della stessa evoluzione. L'ecologia, il razzismo, la genetica, l'evoluzionismo, l'amicizia, l'onestà, l'amore, la vecchiaia, la famiglia, il potere... Miyazaki ci parla di questo e di tutto quello che siamo capaci di vedere, in un'opera che sfiora un'infinità di tematiche, senza mai voler dimostrare niente, leggera e bella come Ponyo quando corre sulle onde.
In un festival dove tutti sembrano in ansia da prestazione per cercare di dimostrare qualcosa, dove, anche nel più poetico dei film turchi, irrompe, inesorabile, lo psicologismo più prevedibile (è possibile che tutti soffrano del complesso di Edipo?), finalmente arriva un film che chiede solo di essere visto e che riesce ad unire il mondo delle favole occidentali (La sirenetta ma anche Pinocchio) con la tendenza al divino tipica giapponese. Akira Kurosawa diceva di lui: «Talvolta lo paragonano a me. Mi dispiace per lui perché lo abbassano di livello». E chi sono io per potergli dare torto?
In un panorama di questo genere irrompe, educatamente, in punta di matita, Hayao Miyazaki, forse il più grande regista di animazione vivente, che a distanza di quattro anni da Il castello errante di Howl (presentato a Venezia nel
Fujimoto è una specie di novello Nettuno, che ha rinunciato alla sua natura umana per sposare
Dopo la terra de La città incantata e l'aria de Il castello errante di Howl ecco l'acqua delle profondità marine di Ponyo, dove la base di Fujimoto è un luogo dove chiunque vive e respira senza bisogno di ossigeno. Non vi sono più barriere, non solo di razza ma nemmeno di specie, le continue trasformazioni di Ponyo da pesce a uccello a bambina e viceversa, uniscono tutti in un unico destino: figli della stessa evoluzione. L'ecologia, il razzismo, la genetica, l'evoluzionismo, l'amicizia, l'onestà, l'amore, la vecchiaia, la famiglia, il potere... Miyazaki ci parla di questo e di tutto quello che siamo capaci di vedere, in un'opera che sfiora un'infinità di tematiche, senza mai voler dimostrare niente, leggera e bella come Ponyo quando corre sulle onde.
In un festival dove tutti sembrano in ansia da prestazione per cercare di dimostrare qualcosa, dove, anche nel più poetico dei film turchi, irrompe, inesorabile, lo psicologismo più prevedibile (è possibile che tutti soffrano del complesso di Edipo?), finalmente arriva un film che chiede solo di essere visto e che riesce ad unire il mondo delle favole occidentali (La sirenetta ma anche Pinocchio) con la tendenza al divino tipica giapponese. Akira Kurosawa diceva di lui: «Talvolta lo paragonano a me. Mi dispiace per lui perché lo abbassano di livello». E chi sono io per potergli dare torto?
Ponyo
Il regista Hayao Miyazaki
Cast & credits
Titolo
Ponyo |
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Sotto titolo
Ponyo on the Cliff by the Sea |
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Origine
Giappone |
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Anno
2008 |
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Durata
101' |
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Formato
35 mm, 1.85:1 |
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Colore | |
Soggetto
Hayao Miyazaki |
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Regia
Hayao Miyazaki |
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Produzione
Studio Ghibli |
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Sceneggiatura
Hayao Miyazaki |