Il traguardo si avvicina piano piano. Tra telefonate concitate, tra i più disparati problemi di organizzazione, tra fans di lusso che si intrufolano durante le prove. Poi arriva il momento magico dell'inizio del concerto, e la scena è tutta per loro fino alla fine. I protagonisti di Shine a Light, l'ultimo film di Martin Scorsese sono infatti i Rolling Stones, ripresi al Beacon Theater di New York nell'autunno 2006. L'occasione: una serata organizzata dallex presidente Usa Bill Clinton in favore di un ente per la tutela ambientale. Questa pellicola, al di là degli aspetti tecnici e del valore cinematografico, dà la misura di come il gruppo sappia stare in scena nonostante gli oltre 40 anni di onorata carriera. Perché se in studio di registrazione eventuali difetti possono venire occultati grazie alla tecnologia attuale, sul palco questo è impossibile. Lo è a maggior ragione in unoccasione dove molte telecamere stanno continuamente attaccate ai musicisti per cogliere i momenti più adatti al prodotto film. Eppure, sarà che i Rolling Stones hanno passato periodi di tutti i tipi, affrontando dal palco situazioni oltre il limite del sopportabile (lomicidio di un ragazzo per colpa degli Hells Angel raccontato nel film Gimme Shelter), sono proprio loro e non la pellicola costruita su di loro a catalizzare lattenzione dello spettatore.
Lasse che tiene in vita il gruppo è formato dalle due menti Mick Jagger e Keith Richard. Insieme hanno scritto i brani degli Stones e insieme, in un modo diverso luno dallaltro, hanno incarnato lanima della formazione. Jagger, grazie al suo fisico asciutto, continua a muoversi come un folletto da una parte allaltra del palco e soprattutto a interpretare con la sua ampia voce da blues bianco i brani senza alcuna sbavatura. Richards, sguardo diabolico con bandana e orecchini di ordinanza, controlla sornione la situazione sia di fronte sia con le spalle al pubblico. Il suo modo di suonare la chitarra ritmica è indubbiamente unico. Tiene infatti la tracolla ponendo lo strumento ai limiti del ginocchio. A volte pizzica due o tre corde contemporaneamente, in altri casi muove il plettro dal basso in alto o sulla tastiera: trucchi per evidenziare un battito (meglio chiamarlo beat) percussivo che ha sempre caratterizzato il suono del gruppo. Entrambi hanno poi la funzione di dirigere il gruppo dove lunico sopravvissuto con loro dagli inizi è il batterista Charlie Watts.
Da anni siede dietro ai tamburi proponendo uno stile essenziale quanto funzionale al rocknroll della formazione. Più complessa la figura di Ronnie Wood, chitarrista solista giunto dopo Brian Jones e Mick Taylor. Lex Faces è il partner ideale per lo stile e il lavoro di Richards: è lui che collabora agli arrangiamenti nella fase preparatoria ed è sempre lui che tira fuori lestro dalle intenzioni e dagli schemi musicali fissati in precedenza. Non per niente è uno Stone a tutti gli effetti, mentre dopo il bassista Bill Wyman nessuno si è fregiato del titolo suonando lo stesso strumento. Il resto dei musicisti sul palco è capitanato da due fedelissimi come Darryl Jones al basso e il tastierista Chuk Levell al quale è affidato il compito di maestro di palco dietro i due leader.
Per quanto riguarda i brani, la parte più attesa, è lo stesso Jagger a spiegare come si fa una scaletta mescolando pezzi notissimi ad altri meno famosi o più recenti. I primi sono rigorosamente all'inizio e in fondo al programma. Ecco quindi che le luci si accendono su Jumpin' Jack Flash e si spengono dopo Satisfaction. In mezzo a tutto questo perle come As Tears Go By con le due chitarre a 12 corde di Richards e Wood in arpeggio all'unisono, Champagne & Reefer con ospite Buddy Guy (splendida voce blues nera), Sympathy for The Devil con l'entrata di Jagger da fondo platea, la curiosa ballata country & western Faraway Eyes con Wood alla Pedal Steel Guitar, le scatenate She was hot e Brown Sugar. E poi gli altri ospiti: l'emozionato Jack White (White Stripes) in Loving Cup e la supersexy Christina Aguilera in Live with me. Tutti elementi che concorrono al desiderio di rivedere il film. Anche perché, restando alla cinematografia musicale di Martin Scorsese, ricordiamo l'aura di malinconia dell'ormai mitico The Last Waltz con l'ultima esibizione di The Band. Qui invece è lo stesso Jagger in un'intervista (tra le tante del passato recuperate dal regista e inserite in mezzo al concerto) a spiegare come a oltre 60 suonati si possa fare, e bene, lo stesso mestiere.
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