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I mostri

di Roberto Fedi
 
Data di pubblicazione su web 12/04/2008  

Ora che la campagna elettorale è finita, e in attesa del voto, possiamo rivelarvelo.

Non ne abbiamo perso un solo minuto. Sì, lo sappiamo: avevamo detto il contrario. Anzi, avevamo giurato a noi stessi e a voi che non ve avremmo né parlato né accennato; e che il televisore sarebbe stato rigorosamente spento e silenzioso in occasione dei riti della propaganda. Non perché non ci interessasse – siamo cittadini responsabili, oh. Ma  per il fatto che volevamo, come suol dirsi, mostrare una serena atarassia di fronte a questi 65 giorni (tanto è durata), e dedicarci ad altro: letture, cinema, amici, affetti, lavoro, viaggi. E magari il Tibet (a proposito, e senza scherzi: forza ragazzi, almeno chi scrive è con voi e col Dalai Lama, per quel che può valere).

Cose che abbiamo fatto, con soddisfazione.

Ma a un certo punto la CEI (Campagna Elettorale Italiana: sì, sembra la Conferenza Episcopale Italiana, ma ci è venuta così – segni del destino acronimico) ci ha presi, invischiati, risucchiati, inghiottiti, fagocitati. È stato più forte di noi. D’accordo: alla Tv erano tutti brutti, spesso spaesati. Ok, abbiamo visto gente un po’ strana, sentito linguaggi settoriali da brivido, visto gente con la barba e senza, uomini e donne (poche), cravatte decenti e orrende.

Abbiamo sentito che il candidato W. non ha mai pronunciato il nome del candidato S., preferendo callide e circonvolute perifrasi del tipo ‘il mio principale avversario’ (e poi qualche malevolo dice che non è laureato. Ma a che serve il pezzo di carta oggi, signora mia…), ricambiato seduta stante con baroccheggianti volute linguistiche del tipo ‘il candidato del partito di Prodi’ (a proposito: chi era costui? Boh). Abbiamo anche visto il candidato del Partito dei Grilli Parlanti, che non è Pinocchio accidenti.

Insomma. Abbiamo visto cose che voi umani… Ma quello che ci prese, avrebbe detto Dante (nessuno lo ha nominato: e poi dice che siamo in un momento di dantologia sfrenata), e che ci impedì da allora in poi di staccarci dallo schermo come se fossimo diventati ventose elettorali, fu un punto. Anzi, un doppio punto, reso tale dalla par condicio. E fu quando in un Tiggì, bello come uno starnuto, i dieci-secondi-a-testa videro queste due inquadrature, con sonoro.

Numero 1. Titolo del servizio: il candidato W. in Sicilia ha parlato della mafia. Stacco. Inquadratura del candidato W. che dice: La mafia è una brutta cosa. Con pause e aria da Mosé che ha appena letto il comandamento numero XI.

Numero 2. Titolo del servizio: il candidato S. a Roma parla dei giovani e del lavoro. Stacco. Inquadratura del candidato S. che dice: volete essere ancora chiamati bamboccioni? Risposta unanime (dei bamboccioni): Nooooooo!

Cavolo, ci siamo detti. Questa sì che è una bella CEI (Campagna Elettorale Italiana, ma qui anche Celenterati E Invertebrati). E chi ne perde più un secondo? Infatti, oggi che non si può più fare, ci sentiamo un po’ più soli.

Quasi quasi, per svagarci, ci trasferiamo in Tibet.

PS. Il titolo del pezzo doveva essere I Nostri. A giuramento: il nostro PC si è rifiutato di scriverlo. Quando si dice le intelligenze artificiali.








 
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