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13 artisti 

di Laura Bevione
  un'immagine del circo
Data di pubblicazione su web 01/05/2002  
Il saggio finale del tredicesimo corso del Centro Nazionale delle Arti del Circo (CNAC) di Châlons in Francia è diventato uno spettacolo vero e proprio, ospite di festival e stagioni teatrali in giro per l'Europa, e prodotto da una compagnia creata ex novo, la DCA, vale a dire Decouflé e Complici Associati. Il numero tredici del titolo non si riferisce soltanto al corso, ma anche ai componenti della troupe e al diametro in metri della pista da circo, e la compagnia non manca di evocarne i molti significati più o meno simbolici: il valore di porta fortuna, le tredici porte del corpo femminile, le tredici lunazioni annuali del satellite, ecc. Un numero, tuttavia, che è in essenza un pretesto, senza un reale sviluppo nello spettacolo, che inanella uno dietro l'altro singoli "pezzi" fra di loro sostanzialmente irrelati benché avvalorati tutti dalle invenzioni di Philippe Decouflé, coreografo e ballerino, nonché regista di videoclips, cortometraggi, spot pubblicitari, oltre che delle cerimonie di apertura e di chiusura delle olimpiadi invernali svoltesi ad Albertville nel 1992.



alcuni artisti
alcuni artisti


La provenienza dal mondo della danza di Decouflé appare ben evidente già a partire dal pezzo iniziale: i tredici artisti si spogliano lentamente, eseguendo elaborate coreografie ovvero prove di abilità acrobatica, e mostrano al pubblico i propri corpi, che saranno allo stesso tempo strumento e oggetto principale dello spettacolo. Il corpo è il mezzo che consente giochi e acrobazie ma è anche il protagonista assoluto di un circo che, se da una parte dichiara la propria deferenza alla tradizione, dall'altra se ne allontana, non esitando a parodiarne, seppure con divertita benevolenza, alcuni aspetti. E' il caso del finale dedicato all'arte degli ammaestratori, qui impegnati con una tigre impagliata, un cane invisibile di cui vediamo solo guinzaglio e museruola, un gorilla molto "umano" e un favoloso animale finlandese (il giocoliere del gruppo, originario proprio del paese scandinavo).

Decouflé pare in qualche modo combattuto tra il fascino che l'irregolare e "magico" mondo del circo esercita su di lui e la vena indiscutibilmente innovatrice e dissacratrice che contraddistingue il suo lavoro. Così, il francese ci mostra i camerini in cui gli artisti si cambiano e si preparano per lasciarci spiare e intuire i segreti di una realtà "altra" e affascinante, ma, allo stesso tempo, in alcuni pezzi usa quel medesimo luogo come spazio aggiuntivo, da cui gli artisti cantano per accompagnare le evoluzioni dei compagni in pista oppure completano la coreografia. La deferenza verso la tradizione è vinta dall'esuberanza inventiva di Decouflé che, anziché mettersi al servizio del circo, ne utilizza tecniche ed espedienti per realizzare concretamente le proprie originali invenzioni.

I suoi tredici artisti sono allo stesso tempo acrobati e danzatori e non esitano a mettere in parte in discussione i propri ferri del mestiere: il trapezio si anima quasi e diventa un antagonista da domare, mentre le palline del giocoliere sono protagoniste di un numero affatto parodico e ironico.

L'atteggiamento che definerei quasi schizofrenico di Decouflé indebolisce però lo spettacolo che soffre dell'assenza di un disegno drammaturgico che unifichi e dia un senso ai vari pezzi che rischiano, così, di ridursi a pur suggestive esibizioni di destrezza e agilità che tuttavia non lasciano al pubblico altro che l'immediata ammirazione senza vera e profonda emozione.


 


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