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Lo scarto del visibile

di Riccardo Castellacci
  Biùtiful cauntri
Data di pubblicazione su web 11/03/2008  
Biùtiful cauntri è un viaggio al termine della ragione e della civiltà, dentro le piaghe che hanno segnato tragicamente e orribilmente una terra e la sua gente. È un atto di denuncia, un grido di dolore lanciato nei confronti di una strage commessa nel vuoto pneumatico delle istituzioni, enti, mezzi d’informazione e che da quindici anni avvelena la Campania.

Biùtiful Cauntri

Ma perché, viene da chiedersi, lo spettatore dovrebbe andare a vedere in sala un film su quella che viene chiamata – assecondando quel gusto tutto italiano per l’allarmismo – "l’emergenza rifiuti"? Molti servizi e commentatori se ne sono già occupati. Una commissione d’inchiesta parlamentare ha rivelato le cause principali che hanno portato a questa situazione (il commissariamento, la scelta di affidare la gestione a un unico ente, l’accordo fra industrie del nord e camorra ecc.). Perché dovremmo pagare un biglietto per vedere quello che già conosciamo, che i telegiornali, le inchieste giornalistiche, centinaia di pagine internet, le ore di video presenti su youtube, hanno e stanno continuamente riportando? Credo per due motivi. In primo luogo perché la sala cinematografica ha ancora, per quanto messa in crisi da altri media, una forte valenza pubblica: andare a vedere Biùtiful cauntri diventa, dunque, un modo di partecipare attivamente alla denuncia. L’altra ragione è tutta interna al cinema: un film ha la capacità di penetrare il nostro immaginario e il nostro intelletto come nessun servizio Rai, nessun video internet, può fare. Ma Biùtiful cauntri riesce a rispondere solo in parte a questa seconda motivazione. E mi spiego. Il film di Esmeralda Calabria, Andrea D'Ambrosio, Peppe Ruggiero è in parte appiattito sulla denuncia, teso a dimostrare la Verità. È un peccato, perché quando il film abbandona le sue tesi e invece di dimostrare si limita a mostrare, recupera una profonda valenza tragica. Quando Biùtiful cauntri lascia da parte Bertolaso, Legambiente, i video della polizia con i camion che sversano nei campi i rifiuti tossici per farne compost, le inchieste parlamentari, le intercettazioni audio, le parole sacco che più che svelare nascondono (la "camorra", i "politici corrotti", la "massoneria deviata"), e ci conduce attraverso l’occhio freddo della macchina da presa dentro i volti, le vite distrutte di chi lotta o si arrende accanto alla montagne di immondizia, allora il messaggio diviene duro e spietato, capace di colpire intensamente l’emotività dello spettatore.

Biùtiful cauntri in alcuni punti ci fa vedere un mondo che Pier Paolo Pasolini avrebbe chiamato il "sottoproletariato urbano", quel mondo di pastori e agricoltori che da generazioni vivono dello stesso mestiere. Credevo che quel sottoproletariato fosse stato spazzato via e forse è così. Qualcosa è rimasto, ma si tratta soltanto di uno scarto che è destinato a sparire, a essere incenerito.

Biùtiful Cauntri
 
Pasolini riteneva che tra il 1961 e il 1975 si fosse realizzato un «genocidio culturale», che il mondo antico e contadino, garante della tradizione, depositario di valori assoluti, universali, fosse stato cancellato. Il documentario non solo certifica questa distruzione, ma ci mostra fino a che punto essa è stata spinta. Una cultura è stata "scartata", ridotta a vivere accanto ai rifiuti, o addirittura al loro interno. Le immagini dei bimbi rom che giocano nelle discariche abusive sembrano tratte da un filmato sulle favelas brasiliane.

Viene da chiedersi che film avrebbe fatto Pasolini sul tema dei rifiuti in Campania. Pasolini si era reso conto che l’immondizia (da immundus, ‘immondo’) era uno dei segni più evidenti del linguaggio delle cose, dell’orrore e della devastazione di una cultura. Era nei rifiuti, tuttavia, che alcuni personaggi delle sue opere ottenevano consapevolezza e recuperavano l’idea del bello: come i personaggi di Che cosa sono le nuvole?, le due marionette Jago-Totò e Otello-Davoli che alla fine dello spettacolo erano gettate in discarica, e solo allora, fuori dal teatro, vedevano le nuvole e aprivano gli occhi sulla «straziante bellezza del creato». E già in Accattone, nel suo primo film, Pasolini aveva mostrato le donne che lavoravano fra i rifiuti, riciclando le bottiglie di vetro per poche lire al giorno. Lo stesso autore aveva realizzato anche un film rimasto inedito sul mondo dei netturbini romani, scoperto da Mimmo Calopresti fra gli scaffali dell’Archivio del movimento operaio e democratico e intitolato Come si fa a non amare Pier Paolo Pasolini. Appunti per un romanzo sull'immondezza, dedicato allo sciopero degli spazzini romani, che un tempo giravano e pulivano la città solo con una granata e un secchio tirato dalla bicicletta.

La lezione di Pasolini è certo ben presente agli autori e in particolare ad Andrea D’Ambrosia che aveva realizzato sul poeta friulano il documentario Nel Paese di Temporali e di Primule. Ma essa viene approfondita solo in parte. Solo in parte si intuisce che i rifiuti sono un fenomeno dietro un altro fenomeno. E questo anche perché Biùtiful cauntri ricalca in alcuni punti troppo da vicino il linguaggio televisivo.

Il film anche se disomogeneo a livello di struttura e di scrittura (forse in parte a causa della presenza di più autori) rimane un bel colpo allo stomaco, a volte irritante, altre straziante, per una tragedia così terribile e spietata da sembrare assurda. La spazzatura sta producendo, e senza che ce ne rendiamo conto, una nuova umanità. Di che tipo e di quale grado non occorre fare molti sforzi per immaginarlo. L’immagine del gregge di pecore contaminato dalla diossina e condotto all’abbattimento sotto lo sguardo basito e impotente dell’allevatore che fino a ieri aveva accudito le sue bestie come un padre, appare una significativa metafora di questa umanità e della fine che le si prospetta.



Biùtiful Cauntri
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