La complessità di quello che è unanimemente considerato uno dei poemi più significativi della letteratura universale è notoria. Basti pensare che a lungo si è discusso sulla sua effettiva rappresentabilità a teatro, osservando, fra laltro, che la sua straordinaria lunghezza (12111 versi) non permetteva certo una messinscena integrale dellopera. Fra chi si è cimentato nel voler rappresentare per intero il capolavoro che Goethe scrisse e riscrisse per tutta la sua vita (lo iniziò nel 1773, a ventiquattro anni, e continuò ad apportare modifiche fino al 1832, anno della sua morte), si ricorderà Peter Stein che nel 2000, a Berlino, diresse uno spettacolo che durava 21 ore.
Per mettere in scena il grande poema, Glauco Mauri ha lavorato alla traduzione e alladattamento con il sapiente aiuto di Dario Del Corno, apportando inevitabili tagli, ma decidendo di presentare entrambe le parti del testo. La versione che vediamo è assai più corta delloriginale (forse un decimo), ma, con la sua durata di tre ore, già supera i tempi a cui le consuetudini teatrali contemporanee ci hanno abituato. Il criterio seguito in questa operazione è stato quello di «amalgamare le scene delloriginale, concepite secondo lo schema della discontinuità, lungo un flusso continuo, in cui si svolgesse il dramma di Faust e di Mefistofele», come spiega Del Corno nel bel saggio pubblicato sul programma di sala.
Considerata la delicatezza di questo complesso lavoro, si rimane sorpresi dalla scelta di iniziare lo spettacolo con una filastrocca del XVII secolo che riassume in venti versi la storia di Faust e che rimpiazza il ben diverso Prologo in teatro. Capiamo certo la necessità di tagliare, ma non quella di aggiungere versi, per di più affidandone linterpretazione a un Cantastorie, Mino Francesco Manni, con occhiali da sole, cilindro e scarpe da ginnastica che, più che portare quella nota di divertimento di cui parla lo stesso Goethe, risulta eccessivamente costruito e ottiene quindi leffetto di distanziare il pubblico dallo spettacolo.
Il Prologo in Cielo assume già toni più semplici e credibili, e con larrivo di Faust, nella prima scena della tragedia, latmosfera finalmente cambia raggiungendo un equilibrio che ci predispone ad accogliere le straordinarie parole del protagonista. Glauco Mauri e Roberto Sturno si alternano nei ruoli di Faust e Mefistofele: Mauri interpreta i due personaggi da vecchi, mentre Sturno li incarnerà da giovani. Dellabilità attoriale dei due protagonisti non si può dubitare: entrambi capaci di trasformarsi radicalmente nellinterpretare i diversi personaggi, dimostrano una padronanza magistrale del corpo e della voce.
Brave anche Dora Romano e Cristina Arnone, che interpretano diversi personaggi, ma che ricordiamo soprattutto per i ruoli di Marta (Romano) e Margherita (Arnone). Nel quartetto che si crea fra i quattro personaggi sin qui citati ci sono momenti ben riusciti: le due coppie ben si bilanciano alternando la comicità e la spregiudicatezza di Marta e Mefistofele con la profondità e lamore di Faust e Margherita. Ma la scena indubbiamente migliore dello spettacolo è la prima della Seconda Parte: nella Sala del Trono del Palazzo Imperiale, una musica allegra e ritmata introduce lingresso dei cortigiani, tutti seduti su buffe sedie interamente scolpite e dipinte.
Altre scene sono create con questi colori fantasiosi: come quella della strega (Marco Blanchi), per la quale Odette Nicoletti ha disegnato un costume immenso, che sembra vestire un essere di dimensioni inumane. Ma vi sono anche i toni più scuri della Margherita in prigione o di Marta. Mauro Carosi ha poi concepito una scenografia rosso-inferno, automatizzata e capace di trasformarsi presentando un ben più allegro giardino.
Lo spettacolo è dunque curato nei dettagli: dal testo, ai costumi, alla scenografia, alla musica originale di Germano Mazzocchetti, niente è lasciato al caso. Il risultato cè: il testo irrappresentabile viene infine rappresentato e i tagli permettono comunque di seguire senza difficoltà. Le note più stridenti restano i momenti come lincipit, in cui ci si rifà a una liberissima fantasia creativa andando un po a tradire alcuni passaggi del testo.
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