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Santo subito

di Roberto Fedi
  Benigni santo
Data di pubblicazione su web 13/02/2008  

Stanno per concludersi su RaiUno, serata sul tardi, le registrazioni da Santa Croce in Firenze (estate 2006) di Roberto Benigni che legge e ‘commenta’ (le virgolette sono d’obbligo, scusate) Dante. Non ne abbiamo mai parlato perché non era un programma originale, e perché di Benigni abbiamo in questa sede discusso anche troppo, e in certi casi è meglio il silenzio. Comunque, se volete sapere il nostro parere, non ci piaceva.

Nessuno, naturalmente, trascura la capacità di performer di Benigni: raccogliere sia pure in serate estive qualche migliaio di persone in una piazza non è da tutti. Detto questo, è detto tutto, almeno per le sue esibizioni dantesche. Che sono – lo diciamo con cognizione di causa, credeteci sulla parola – a voler essere generosi quanto di più banalizzante, generico, dilettantesco si possa immaginare. L’ha detto anche Vittorio Sermonti, il miglior lettore e divulgatore di Dante che abbiamo mai ascoltato. Dire che un verso o un’immagine è “spettacolare” (anzi, “spettaholare”), non ci sembra onestamente niente di più di una banalizzazione.

Così, Benigni che legge Dante è, né più né meno, che uno spettacolo di Benigni, che con Dante non c’entra gran che al punto che, siamo pronti a scommetterlo, tutto questo danteggiare benignesco non crediamo che abbia portato nessuno a leggere neanche una terzina in più di quelle che aveva letto (di malavoglia, per colpa di insegnanti spesso incompetenti) a scuola. E che l’università, la scuola, e la cultura italiana abbiano avuto bisogno di Benigni perché il nome di Dante potesse tornare in circolazione, la dice lunga sullo stato in cui versa questa triade nel cosiddetto Bel Paese (che è un’espressione dantesca: Inferno, XXXIII 80).

Ma Benigni, ormai, si sente un predicatore, o qualcosa del genere. Malattia contagiosa, in questo Brutto Paese (che è un’espressione di chi scrive, si parva licet). Non c’è comico, cantante, cabarettista o simili che, quando è in crisi di ispirazione, non si senta – zàcchete! –  ispirato dal Santissimo, o da qualsivoglia altra Fonte. Inutile fare nomi. Così, l’Ispirato ha concesso un’intervista al “Giornale” in cui si è messo a fare, anche, il Teologo. Questo, davvero, ci mancava. Così, secondo il Teologo, “tutta la nostra civiltà è cristiana senza saperlo - e il senza saperlo è forse la cosa più bella - lo si vede da ogni cosa che facciamo” (la sintassi sgangherata è nella fonte). Un giorno potrebbe venire qualcuno che ci dice che siamo musulmani senza saperlo: e che gli possiamo controbattere? Ma così parlò Benigni. Ipse dixit.

Per questo, sempre sulla stessa testata, l’11 febbraio monsignor Rino Fisichella, “vescovo e rettore della Pontificia università Lateranense, l’ateneo del Papa” (citiamo), ha praticamente elevato il Teologo agli altari. “Grande interprete della letteratura”, le sue parole “indicano quanto sia entrato nella profondità delle pagine evangeliche”, sentenzia il Fisichella. Cosa che ci fa piacere per lui, ci mancherebbe altro – noi lo si preferiva quando faceva il Cioni Mario, ma tutti i gusti son gusti.

È la frase successiva del Fisichella, però, che ci lascia un po’ sconcertati. Eccola: “Guardiamoci alle spalle: che cosa sarebbe stata l’umanità senza Omero, Sofocle, Dante Alighieri, Pascal o Papini, Bernanos e Peguy? In questi come in altri grandi autori risplende una capacità di esprimere la bellezza del cristianesimo, più che in tanti libri di teologia”. Lasciamo perdere il fatto che Dante sarebbe il poeta della bellezza del cristianesimo, e che  Papini sarebbe al pari di Dante. Trascuriamo che Pascal era giansenista e nemico dei gesuiti. Sorvoliamo su Bernanos e Peguy, che proprio giganti della letteratura non ci sembrano. Ma  forse abbiamo letto male. Dunque: Omero? Sofocle? E questi sarebbero autori in cui risplende la capacità di esprimere la bellezza del cristianesimo?

Nell’VIII-VII secolo avanti Cristo (Omero) e nel 496-406 avanti Cristo? (Sofocle). Forse erano cristiani senza saperlo anche loro?

Ragazzi: non c’è più religione. Qui non ci si capisce più nulla neanche coi preti. Figuriamoci col resto.








 
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