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Giochiamo al gatto e al pubblico

di Sara Mamone
  Steven Berkoff
Data di pubblicazione su web 15/09/2002  
Steven Berkoff è un gatto, ormai un gattone attempato e sornione che sa esattamente come sedurre i suoi padroni e come ipnotizzarli anche nelle sue più crudeli e naturali azioni, quali quelle di caccia al topo. Può stare ore a guatare la preda e poi immancabilmete, zàcchete, zampata, passiamo ad un'altra vittima. Questa caccia, una caccia così seducente da essere cordiale e quasi priva di una, invece consustanziale, crudeltà, ha un suo terreno elettivo e prospero nella foresta shakespeariana da dove, sotto le apparenze sottomesse di un'infinita devozione, il nostro incantatore trae da anni le sue vittime elettive. Come i cacciatori di razza Berkoff non fa battute, ma caccia da solo, scegliendo con cura e fiuto infallibile i soggetti e il momento in cui colpire. Il grande attore, ormai uno dei pochi a poter portare i suoi solitari spettacoli in giro per il mondo con qualche speranza di autentica comunicazione, ha messo da anni gli occhi sulla più ghiotta di tutte le prese, e cioè i cattivi shakespeariani. Facendo finta di adattarsi ad un'endemica mancanza di mezzi ha costruito uno spettacolo che non solo è un cult, ma funziona benissimo.

Ha preso i più famosi tormentoni del settore: Jago, ovviamente, del quale presenta la faccia di una mediocre perversità, e poi via via il serpentino Riccardo III, l'inevitabile dark-coppia dei coniugi Macbeth, il vendicativo Shylock, un capriccioso Amleto vittima di un pessimo ambiente familiare, come Coriolano incapace di autonome decisioni rispetto ai voleri materni, un inatteso e squinternato Oberon dedito al consumo di erbe allucinogene.

Ecco così il suo Shakespeare villains (a masterclass in evil) percorrere le privilegiate piazze di Firenze e Bologna per la rassegna Percorsi internazionali organizzata dall'Eti e con il minimo dispendio di mezzi (solo in scena, niente scenografia, un esibito understatement vestimentario, accortissime luci) raggiungere il massimo risultato: quello di sedurre una platea non tutta di intendentissimi anglofoni ma tutti rapiti da una capacità di controllo del corpo e della voce, da un dominio dello spazio, da una capacità mitopoietica del gesto che fa apparire alla sue spalle come potenze protettrici i fantasmi di Marcel Marceau e di Dario Fo. Del primo ha afferrato la capacità di inventare spazi nitidi e magici insieme, del secondo (che in certi momenti pareva di sentir alitare nel suo travolgente gramelot) la forza dissacratoria e, soprattutto, l'incanto di una comunicazione diretta col pubblico. Sollecitato, svegliato, scosso, divertito, ultima vera preda di questo corso superiore di diavolerie, condotto con abilità diabolica - il diavolo essendo lui e non i suoi poveri inermi villains - al voluto trionfo.

Shakespeare's villains (a masterclass in evil)
cast cast & credits
 

 
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