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La danza "agìta" di Saburo Teshigawara

di Gabriella Gori
  Una scena dello spettacolo
Data di pubblicazione su web 20/12/2007  

Saburo Teshigawara è uno di quegli artisti di danza che se non ci fossero andrebbero inventati. E questo non solo perché è un eccellente animale da palcoscenico ma anche e soprattutto perché riesce a dare l’esatta percezione visiva ed emotiva della cosiddetta danza “agìta”. Una danza che nel suo farsi fluido e metamorfico mette in scena se stessa in rapporto alla forma, allo spazio, al tempo, e lo fa attraverso il corpo. Medium di una fisicità melodica, sinuosa, plastica, ipnotica, in cui quello che conta non è il sostrato tematico, quanto la drammaturgia del movimento in relazione alle tre componenti della danza stessa e all’”Io” danzante, cioè l’individuo pensante come motore dell’azione.

E Saburo Teshigawara nello spettacolo Here to Here dà forma, in rapporto al tempo e allo spazio, al “noumeno” (‘ciò che è pensato’) coreutico, mostrandone l’essenza fisiologica, e al tempo stesso svela l’equilibrio di forze che creano il fenomeno (‘ciò che è visto’) danza. Presentato con successo in prima europea al Teatro Comunale di Ferrara, Here to Here è una rielaborazione a ‘sei mani’ di un precedente lavoro nato dalla mente del coreografo nipponico nel 1995 e oggi rivisto con la collaborazione di Kei Miyata e Rihoko Sato del gruppo Karas, l’ensemble guidato da Saburo che ha scelto come emblema il corvo, animale portafortuna nel paese del Sol Levante.

Teshigawara, di casa a Ferrara per aver presentato nel 2001 Light behind Light e nel 2006 Black Water, si e imposto all’attenzione internazionale con Absolute Zero, una creazione del 1998 improntata ad una danza fuori dagli schemi, frutto di una personalissima rielaborazione della tradizione ballettistica occidentale e orientale e di una concezione filosofica del movimento che –per citare l’artista – “non è solo locomozione, spostamento da un punto all’altro, ma mescolanza di più dati sensoriali, da leggere restando in contatto con il corpo intero”.

E questa danza, intesa come “movimento di sensi, visibile e invisibile, costante e cangiante”, “noumeno” e fenomeno, trova nell’emozionante Here to Here il fertile humus per esprimersi ed essere appunto “agìta” in un’abbagliante e ovattata scatola scenica. Tutto infatti comincia in uno spazio geometrico con le pareti semoventi di cui una all’occorrenza sale, scende, si inclina, e per tutta la prima parte Saburo, unico protagonista, si relaziona alla forma, allo spazio e al tempo.



Nella nebbia dell’inizio, che nasconde il danzatore posizionato sul fondo, la stasi sembra avere il sopravvento ma è solo  apparente perché, appena la luce comincia a filtrare, ci si accorge che il corpo era già in movimento. Un movimento reso più esplicito quando il ballerino inizia a muovere le mani e le braccia senza spostare i piedi, rinnovando l’arte del gesto ritmico che i greci chiamavano chironomia. Piano piano poi, come nella moviola, Teshigawara avanza, indietreggia, si sposta a destra e a sinistra, disegna delle diagonali, si sdraia per terra, rasenta le pareti, imprime su di esse la sua sagoma, estendendo il moto in tutte le direttrici spaziali e arricchendo la danza, diventata fenomeno riconoscibile, con figurazioni contemporanee. Figurazioni a cui fa da contrappunto il ritmo, legato all’altra componente fondamentale, ovvero il tempo. La danza così, esprimendo ritmi differenti, diventa veloce e lenta, piana e parossistica, in un raffinato gioco di antinomie cinetiche a cui corrispondono il disegno bellissimo delle luci, giocate su toni pastello e ideate dallo stesso Saburo, e i suoni delle musiche elettroniche e meteorologiche firmati da Kei Miyata.    

E se nella prima parte dello spettacolo il coreografo giapponese, come sempre in nero ad accentuare il carisma della sua magnetica presenza, concentra la sua performance sul rapporto tra forma, spazio, tempo, è nella seconda che privilegia l’”Io” danzante nella sua complessità fisica, sentimentale ed intellettuale. L’aspetto psicologico viene infatti in primo piano con l’apparizione di una indistinta figura femminile (Key Miyata) che si muove con straordinaria lentezza e la proiezione di un iperbolico e mostruoso volto che, posizionato di profilo, sembra voler fagocitare l’individuo, preda di ancestrali conflitti interiori. Da ultimo una nuova figura di donna in impermeabile chiaro e bacchetta imprime un nuovo sviluppo all’azione del protagonista che, ‘dialogando’ con lei, concede spazio alle emozioni attraverso una danza drammaturgicamente “testuale”, di cui cogliamo e apprezziamo il senso e la struttura.




Here to Here
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