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Le Parc di Angelin Preljocaj

di Gabriella Gori
 
Data di pubblicazione su web 16/11/2007  

E’ e resterà il bacio più lungo e più bello della storia della danza e del balletto quello che avvince i protagonisti di Le Parc. L’elegante fabula coreografica di Angelin Preljocaj andata in scena al Teatro alla Scala di Milano con le étoiles Massimo Murru e Aurélie Dupont, il Corpo di Ballo, l’Orchestra  diretta da Marcello Rota e il piano di Takahiro Yoshikawa.
Creato da Preljocaj nel 1984 per il Ballet de l’Opéra National de Paris, Le Parc debutta al Piermarini come ultimo atto della direzione artistica di Frédéric Olivieri. Il francese che ha lasciato  la conduzione de Corpo di Ballo milanese ad Elisabetta Terabust e da settembre è a capo della Scuola di Ballo della Scala.
Da un francese dunque ad un altro francese, Preljocaj, per parlare d’amore e raccontare, dall’iniziale ritrosia all’abbandono finale degli amanti, il rituale del corteggiamento da sempre identico eppure diverso nel rappresentare un’epoca e la sua ars amandi. Quell’arte di amare che il coreografo ha colto nel milieu aristocratico del Settecento francese, un secolo in cui tutto ruota intorno all’amore e nell’amore trova la sua giustificazione, anche letteraria, con La Princessse de Clèves di Madame de La Favette, incentrata sul lacerante diniego amoroso, e Les liaisons dangereuses di Chodelos de Laclos, apoteosi della più cinica e lucida militia amoris.

Il Settecento, secolo libertino per eccellenza con Giacomo Casanova in testa, è scelto da Preljocaj per mostrare con la danza il gioco dell’amore e mettere in luce un sentimento che, mutatis mutandis,  adotta sempre lo stesso codice e segue sempre le stesse regole.


E la riprova che questa koiné sentimentale travalica costumi e secoli è la scenografia del balletto di Preljocaj che se da un lato cita due pittori francesi del tempo, Fragonard, famoso per i soggetti galanti e i temi erotici ritratti nel Gioco della mosca cieca, e Watteau, noto per i giardini delle “fetes galantes” dell’Imbarco per Citera, dall’altro con le scenografie di Thierry Leproust èrasforma la leziosa ambientazione in un geometrico spazio postmoderno. Il parco dell’amore diventa così un luogo in cui gli alberi sono enormi e stilizzati con fogliame rettangolare, i cespugli hanno la sagoma di piramidi, che ricordano quella trasparente nel piazzale del Louvre, e le luci di Jacques Chatelet accentuano l’atmosfera atemporale e metafisica di Le Parc. Un hortus conclusus metallico che rispetta l’ibridazione anche negli splendidi costumi indossati dai protagonisti e firmati da Hervé Pierre.
Alle crinoline, alle redingotes, ai capelli legati nel codino infiocchettato, ai deliziosi cappellini, alle imponenti e fruscianti gonne, alle morbide sottovesti, fa eco un quartetto dei giardinieri che presiede al gioco dell’amore. Inserendosi fra gli atti vestiti di pelle nera e occhiali da saldatore, i quattro  rompono l’illusione scenica settecentesca compiendo stranianti incursioni contemporanee sulla partitura di Goran Vejvoda. Un sostrato sonoro pieno di rumori e brusii che stridono con la suadente colonna sonora mozartiana, fatta di brani da concerti per pianoforte e per orchestra d’archi. 

E questa intertestualità a carattere narrativo, pittorico, costumistico, musicale, ha il suo corrispettivo   anche nella composizione coreografica in cui il linguaggio accademico interagisce con quello contemporaneo fondendo posture, movimenti, legazioni, di matrice opposta. Se infatti Preljocaj recupera dalla tradizione classica l’impostazione delle sequenze, il vocabolario dei singoli passi (pirouettes, arabesques, attitudes, batteries, ports de bras), i tipici ensembles, le variazioni solistiche, i pas de deux, al tempo stesso mutua dalla tradizione moderna e contemporanea i fuori asse, i ralentis, i fall and recovery ‘alla Doris Hamprey’, i contraction-release ‘alla Martha Graham’, l’utilizzo multidirezionale dello spazio e la danza pura ‘alla Merce Cunnighamm’. 
          

Angelin in questo si muove all’insegna di un sincretismo coreutico che se rende difficile etichettarlo come autore, dall’altro è anche quello che gli consente di spaziare senza preclusioni di sorta dal  balletto narrativo, basti pensare a Roméo et Juliette, a produzioni astratte come Empty Moves, fino alle audaci riletture di Parade, Le spectre de la rose, Le noces, Le sacre du printemps, dei Ballets Russes di Diaghilev. Tutti filoni comunque legati ad una precisa poetica del movimento che nella predilezione per un’articolata resa visiva del movimento in sé sulla scena, strettamente dipendente dalla gravità del corpo, accomuna Preljocaj a “coreoautori” odierni del calibro di Jirì Kyliàn, Mats Ek, William Forsythe, Nacho Duato. E in Le Parc la danza di Angelin è un’interminabile melodia cinetica generata ed eseguita da un corpo al massimo delle sue potenzialità e motore dell’azione.  

Una partita a scacchi dà inizio al balletto in cui un gruppo di uomini e di donne si confronta pur restando distanti. E’ il momento del primo approccio ma fra tutti solo una coppia sembra essere colpita dalle freccia di Cupido anche se la dama, in un pas de deux fatto di abbandoni e ritorni, si trincera dietro una pervicace ritrosia e rende nulli i tentativi del cavaliere di fare “scacco matto”.

Nel secondo atto l’iter amoroso prosegue e questa volta i certamina amoris portano a veri e propri  contatti con corpi che si avvinghiano, braccia e mani che stringono ed esplorano il proibito, bocche che sfiorano altre bocche, colli che si offrono al piacere, in un irresistibile gioco della seduzione a cui ancora la protagonista, novella “Princesse de Clèves, cerca di resistere nonostante gli assalti del nobile cortigiano, sempre più intenzionato ad espugnare la torre. E la torre cade nel terzo atto quando lei, in camicia da notte, cede al suo lui sull’Adagio del Concerto per pianoforte orchestra K 488 di Mozart. L’abbandono è suggellato da un intenso e languido passo a due che termina con un lunghissimo bacio rotante in cui lei, abbracciata a lui che la fa volteggiare senza mai staccare le labbra, disegna con il busto e le gambe stese in diagonale un ideale cerchio intorno all’incontenibile e avvolgente passione.   
Vera chicca di Le Parc questo interminabile basium di catulliana memoria chiude alla grande un balletto che ha avuto ottimi interpreti nel corpo di ballo, apprezzabilissimo per pulizia tecnica e resa interpretativa, e nei protagonisti. La coppia di amanti formata dal cavaliere Massimo Murru, étoile del Teatro alla Scala, e dall’ospite Aurélie Dupont, étoile del Ballet de l’Opéra National de Paris e nobile preda di Le Parc. Murru, capace di passare dal più raffinato libertino alla Valmont ad un amante sincero e appassionato, si è mostrato padrone della scena e degno partner di Aurélie. La Dupon, dolcemente rotonda per l’incipiente maternità, ha dato al suo personaggio un ineguagliabile spessore, confermandosi artista di straordinaria sensibilità e bravura. Una bravura particolarmente apprezzata dal pubblico che ha decretato il successo dello spettacolo e salutato con applausi calorosi i danzatori, Takahiro Yoshikawa, l’Orchestra e il direttore Marcello Rota.





Le Parc di Angelin Preljocaj
cast cast & credits
 

 

 

 



 

 

 



 

 

 

 

 

 




 

 




 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 







 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
  
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 



 
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