Variegato, ibrido ma anche coraggioso nellostica missione di voler abbracciare le molteplici declinazioni della danza contemporanea, il Tanz Im August 2007 sembra essersi appropriato di molte delle caratteristiche della città che lo ospita da ormai 19 anni. Come a Berlino accade che convivano pacificamente nello stesso Kiez (isolato) giovani famigliole, artisti, punk e immigrati di ogni razza e colore, anche nei palcoscenici che hanno ospitato il festival si sono alternate pratiche coreutiche molto diversificate. E se lo sconfinare dalla danza "pura" in territori cross over, dove la musica o il testo hanno rubato la centralità al corpo e al movimento, può aver indispettito i puristi, il dato incontestabile è il grande successo di pubblico internazionale e locale, testimoniato dalle quotidiane file ai botteghini dei fiduciosi nel miracolo last minute.
Des Gens qui Dansent
20 le produzioni presentate dal 17 agosto al 2 settembre, e tra queste ben 11 premiere tedesche. Des Gens qui Dansent, del francese Jean-Claude Gallotta, ha portato sul palcoscenico dello Haus der Berliner Festpiele un campione di umanità quasi pescato a caso da una qualsiasi piazza cittadina. "Io danzo fino alla fine" è il motto programmatico iniziale che accomuna tutti i "ballerini" schierati in una fila impettita sul proscenio. Tra questi ci sono la nonnina dai capelli bianchi, il ragazzone alto e dinoccolato, l anziano panciuto modello "venditore di kebab dell angolo", la sbarazzina in shorts, la femme fatale dalle lunghe gambe sinuose in sottoveste di seta e tanti altri possibili prototipi umani. Quello che segue nellora e un quarto di spettacolo è un intrecciarsi di storie raccontate attraverso la gestualità e il movimento, incontri e scontri resi attraverso malinconici soli, sensuali duetti, briosi trii, in cui si sperimentano molteplici combinazioni di corpi, voci e movimento. Si potrà obiettare a questo punto che lidea di far danzare la gente comune e di portare il "quotidiano" sul palco non vanta di certo il primato delloriginalità. La forza e lefficacia dello spettacolo di Gallotta risiedono però nell essenzialità, frutto di un accurato processo di sottrazione e scrematura. Le coreografie, basandosi sulla nobilitazione e la cura dei piccoli gesti (le mani e le braccia rivestono un ruolo centrale), creano un alfabeto del corpo che, anche attraverso linterpretazione e luso della voce, arriva allo spettatore in maniera genuina e diretta.
Kindertotenlied
Di tuttaltre atmosfere è imbevuto Kindertotenlied (La canzone dei bambini morti), la favola dark-adolescenziale di Gisèle Vienne, filosofa e artista visiva prima ancora che coreografa. Basandosi sul testo di Dennis Cooper che ci parla di adolescenza estrema, tenera e violenta, vogliosa di baci indecenti come sadica e malvagia, la trentunenne di Grenoble ha trasformato il palco dei Sophiensaele in una landa oscura e innevata. Adagiate sul tappeto gelido ci sono immobili figurine di adolescenti dal volto pallido e triste, tutti vestiti, come spesso si conviene a questa età, con una stessa "uniforme" total black. Nel sottofondo di una musica elettro gotica e black metal eseguita live dallottimo duo Stephen O Malley e Peter Rehberg (KTL), limmobilità viene rotta da una di queste figure che esce lentamente, quasi impercettibilmente, da una bara adagiata nella neve. I ragazzini morti, con ritmi felpati e meccanici, si mescolano ai vivi e i vivi ai manichini di perfetta fattura sapientemente mimetizzati sul palco. Il rapporto tra reale-artificiale, animato-inanimato e la musica che cresce parossisticamente, contribuiscono a creare un originale percezione spazio-temporale.
Dal dramma adolescenziale si passa al transgender e alla scena promiscua e fumosa dei cabaret berlinesi anni Venti con Ladies First del duo italo-israeliano Matanicola (Matan Zamir e Nicola Mascia). Ad accoglierci dentro gli spazi del Radial System è una nube di fumo densa e giallastra in cui si intravede la silouette di una figura androgina, barcollante e singhiozzante. Come questa anche altre figure arrancano nella nebbia cercando di ergersi e trovare lequilibrio. Latmosfera asfittica viene squarciata repentinamente da quattro fari di luci potenti che si accendano, quasi ferendo la vista, sul retroscena. Accompagnate da un allegro motivetto al pianoforte fanno la loro comparsa sei splendide signorine vestite di lustrini e palletes (notevoli i costumi di Yehonatan Zohar) che procedono sorridenti e ammiccanti verso il pubblico per poi esibirsi in allegri sgambettamenti dal sapore cabarettistico. Peccato che lo spettacolo, dopo questa una prima parte in cui non mancano trovate estetiche e stilistiche interessanti, scada in un caotico magma erotico-orgiastico, dove la musica tecno pesante unita al bombardamento di luci e all abbondanza di movimenti pelvici penalizza lindubbia bravura dei ballerini (tra cui anche gli italiani Alessandro Bedosti e Andrea Fagarazzi).
THE QUIET DANCE + SPEAKING DANCE
Infine THE QUIET DANCE + SPEAKING DANCE è il progetto del coreografo Jonathan Burrows e del compositore Matteo Fargion con cui il rinomato duetto ha chiuso una trilogia sul rapporto tra musica e movimento. Apprezzati internazionalmente per lironia, lintelligenza e la musicalità delle loro creazioni, i due hanno deliziato laudience della Halle Tanzbühne di Toula Limnaios esibendosi in spassose gag post dada, in cui di volta in volta il movimento generava e influenzava i suoni prodotti dalla voce (nessuno strumento musicale o intervento elettronico) e viceversa. Una struttura formale complessa composta di parole, mimica e brevi parti danzate dove la geometricità e il sincronismo uniti alla visibile sintonia tra i due creano un codice giocoso di comunicazione in cui anche il pubblico si sente immediatamente coinvolto.
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Lettera da Berlino Tanz im August
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Des Gens qui Dansent
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Kindertotenlieder
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Ladies First
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THE QUIET DANCE + SPEAKING DANCE
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