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Ottimo inizio di stagione

di Sara Mamone
  Sei personaggi in cerca d'autore
Data di pubblicazione su web 28/11/2003  
Quando si mettono in scena i Sei personaggi, opera tra le più rappresentate del teatro in Italia (e se non fosse che richiede troppi attori non passeremmo un anno senza averla) o lo si fa perché non si hanno altre idee o perchè si pensa di averne una nuova che possa in qualche modo spiazzare rispetto alla routine e ad un'apparentemente immutabile drammaturgia di ferro. Carlo Cecchi, nel bene e nel male, è uno che le idee ce l'ha e, anche se non sempre riesce a costruirci intorno uno spettacolo compiuto, raramente offre uno spettacolo banale.

Questi suoi personaggi sfuggono un poco alla regola perché si presentano, e per lungo tempo ne mantengono l'aspetto, come un allestimento corretto e incolore, imbrigliato in quella rigidissima struttura di cui parlavamo prima. Poi, a poco a poco, e in particolare con l'apparizione dei personaggi e il campo sempre più esteso occupato dal padre, il disegno diventa sempre più preciso, il "discorso" sempre più nitido. E finalmente ci troviamo di fronte al sogno finora sempre deluso di una regia post pirandelliana. La prima a nostra conoscenza che, pur rispettando sostanzialmente trama e battute, spoglia il testo (dandole giustamente per note e abusate) delle insopportabili risonanze filosofiche, i frusti pirandellismi dell'essere e dell'apparire, dell'uno nessuno centomila, della creatura imprigionata dal personaggio, della maschera e del volto etc.

Tutto all'apparenza è intatto, (non siamo certo dinanzi ai massacri testuali del teatro di ricerca) ma la compagnia degli attori si appiattisce sullo sfondo, non appare più come una vera interlocutrice, per quanto ottusa. Sulla scena campeggiano i personaggi; Il regista ( Cecchi ha riservato per sé, ed era ovvio, questo ruolo) pur nell'apparente sbigottimento dell'apparizione dello strano sestetto pare riprendersi abbastanza presto e conduce gli intrusi a recitare con chiarezza quello che un tempo si sarebbe stanislavskianamente chiamato il sottotesto: altro che storie, quelle storie raccontate dal padre tartufescamente travestito da raisonneur, con l'indicibile tenerezza per la nuova famigliola di lei e un certo demone meridiano.

Per merito della strepitosa individuazione di carattere di Paolo Graziosi (uno dei nostri più grandi attori, un'occasione sprecata del teatro italiano) viene fuori tutta la storiaccia che sta alla base (spesso in Pirandello le storie sono orribili plot ottocenteschi "dissugati") : una storia ipocrita di Italietta di provincia, agli albori del fascismo, lamentosa, con vizi nascosti e pubbliche virtù, separées e misfatti di famiglia, all'insegna dell'italico "tengo famiglia" qui forse meglioespresso, data anche la fertile pratica partenopea di Carlo Cecchi, dall'icastico "chiagne e fotte". Da vedere, da godere, da ragionare.


Sei personaggi in cerca d'autore
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Sei personaggi in cerca d'autore, regia di Carlo Cecchi





 
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