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Pratica teatrale fra Cunto e Pupi

di Lucia Leggio
  Mimmo Cuticchio
Data di pubblicazione su web 08/06/2007  

Mimmo Cuticchio emblema della tradizione teatrale dell’Opera dei Pupi e del cunto, è riuscito a destare dall’isolamento secolare e da una “destinazione” esclusivamente turistica il suo patrimonio, imponendolo come fatto teatrale, artistico, poetico e spettacolare. La sua biografia è tutt’altro che idilliaca. Nasce a Gela (CL) il 30 marzo 1948; il padre Giacomo è oprante girovago e porta il suo teatro per la Sicilia, fermandosi per intere stagioni nei paesini dell’entroterra d’estate, in quelli di mare durante i mesi invernali. Mimmo nasce e cresce nel teatrino, immerso nel mondo dei pupi ed educato al mestiere attraverso le tappe del consueto apprendistato: da suonatore di pianino a combattente di prima quinta. Il "maasenu" (magazzino), dove si realizzava il teatro era anche la loro casa: i genitori dormivano dietro il palcoscenico o sul palco, i bambini si coricavano sulle panche. Mimmo, sin dall’infanzia, collabora dando la voce all’angioletto, suonando il pianino a cilindro, e dietro il palco a porgere i pupi, fino ad arrivare in prima quinta, dividendosi le voci dei personaggi assieme al padre. Il figlio di un puparo del dopoguerra poteva avere i suoi vantaggi, racconta Mimmo, in quanto possedeva certamente un immaginario superiore agli altri suoi coetanei, ma poteva anche crescere ossessionato da tutto quell’odore di legno, da quelle storie che un puparo straordinario come suo padre tramandava. Il suo apprendistato dura continuativamente fino all’età di vent’anni. "Un posto per ogni cosa, ogni cosa al suo posto", frase, tipica del padre Giacomo, che connota il clima di rigida disciplina che vigeva nel teatrino paterno e l’intolleranza verso qualsiasi innovazione.

Mimmo Cuticchio



Nel 1963 Mimmo partecipa con suo padre al Festival dei Due Mondi di Spoleto, dove ha la possibilità di conoscere altre tradizioni, altro teatro. Un’altra tappa importante sarà Parigi, dove il giovane puparo resterà per oltre sei mesi a dirigere un teatro sorto in una Cave al Boulevard St. Michel, nel quartiere latino. Ha inizio da questo momento il suo percorso autonomo rispetto al padre perché è proprio qui che intuisce la forza universale del pupo e la sua capacità di comunicare e di emozionare indipendentemente dalla lingua. 

Nel 1968 è costretto a tornare in Italia per fare il servizio militare. Nel 1969 riprende il posto nel teatro del padre che intanto ha aperto il Super Teatro Ippogrifo. L’insofferenza artistica si manifesta con tutta la sua forza adesso che il padre lavora esclusivamente per un pubblico di turisti, con un repertorio fissato, come chiedono le guide che devono tradurre il contenuto. "Era peggio – dice Mimmo – che lavorare alla catena di montaggio". Decide allora di lasciare Palermo per trasferirsi a Roma dove lavora un po’ con il cinema, contemporaneamente si iscrive all’Accademia "Pietro Sharoff" dove studia dizione e recitazione con Aldo Rendine. 

Il lavoro nel teatro paterno non è più possibile, tra i due nasce un conflitto che è più artistico che generazionale, per Mimmo diviene necessario fondare un altro teatro. Distanziatosi dal padre e stabilita la propria vocazione, Mimmo sente la necessità di un nuovo maestro e lo troverà in Peppino Celano, puparo e cuntista, a cui chiede di insegnargli a costruire i pupi. Dopo un primo periodo di diffidenza durante il quale Celano mette alla prova l’allievo, lasciandolo fuori dal suo laboratorio per alcuni mesi, tra i due si instaura un profondo legame che nasce dall’impegno concreto dell’insegnare e dell’imparare. L’apprendistato presso Celano dura tre anni, fino alla morte del maestro nel 1973: Mimmo ha imparato non solo a costruire i pupi ma anche la tecnica del cunto.

Mimmo Cuticchio




Nei primi anni settanta l’opera dei pupi langue, i vecchi pupari vendono il proprio mestiere (l’insieme dei pupi, cartelloni, scene, ecc.), i loro figli, come quasi tutti i figli degli artigiani, vagano per l’Italia in cerca di nuove occupazioni. Mimmo, andando in controtendenza, decide di aprire un suo teatro, nel cuore della Palermo antica, in Via Bara all’Olivella. Inizia da qui il suo percorso di approfondimento teatrale. Nascono nuovi copioni caratterizzati da uno studio all’interno della tradizione, storie nuove che diventano mezzo di rinnovamento del teatro dei pupi, dimostrando come esso si presti ad operazioni diverse dalle più note rappresentazioni dei testi cavallereschi.

Nel 1977 fonda l’Associazione "Figli d’Arte Cuticchio" che accorpa la compagnia omonima nata nel 1971: per la prima volta una compagnia di pupari instaura un rapporto con il Ministero del Turismo e dello Spettacolo e l’associazione viene riconosciuta come organismo professionale di interesse nazionale. L’opportunità di confrontarsi nuovamente con le tecniche del cunto si presenta nel 1980, quando Mimmo Cuticchio partecipa ad un convegno svoltosi a Trappeto presso il centro di Danilo Dolci. Questo incontro dedicato a  La ricerca teatrale e al diverso culturale, vede la partecipazione di numerosi studiosi e uomini di teatro tra cui Eugenio Barba, con il suo gruppo Odin Teatret, i registi Renzo Vescovi e Roberto Bacci, il prof. Ferdinando Taviani. Quest’ultimo spinse Mimmo a cimentarsi con il cunto, proponendogli il racconto dello spettacolo da strada che l’Odin aveva rappresentato la mattina stessa tra i vicoli di Trappeto. Questa esperienza gli fornisce occasione per riflettere sull’applicazione delle forme narrative a episodi reali e a repertori non tradizionali. Analoga esperienza si ripete qualche mese dopo al festival di Santarcangelo di Romagna, dove il regista Bacci, che lo aveva ascoltato a Trappeto, gli chiede il cunto per una Tosca itinerante. Questi due episodi sono sufficienti per far capire a Cuticchio che il teatro e il suo pubblico sono il nuovo ambiente per le tecniche del cunto.

La conferenza-spettacolo La Spada di Celano del 1983 consacra l’uso teatralizzato del cunto e segna il passaggio di Cuticchio dalla cultura performativa popolare alla cultura teatrale della grande scena.


Mimmo Cuticchio



Dal 1989 prende avvio quel percorso ormai definitivamente indirizzato verso la "rifondazione" del teatro dei pupi. Nascono gli spettacoli Visita Guidata all’Opera dei pupi, Francesco e il Sultano, L’Urlo del Mostro, (scritti in collaborazione con il giornalista e drammaturgo palermitano Salvo Licata), L’Infanzia d’Orlando e alcune “serate speciali” come L’Iliade, che legano i modelli del cunto e dell’opra tradizionali ad un impegno civile e artistico: la Terribile e Spaventosa Storia del Principe di Venosa e della bella Maria, con musiche di Salvatore Sciarrino,  El Retablo de Maese Pedro, realizzato con le musiche del Contempoartensemble e dirette dal Maestro Mauro Ceccanti (in prima nazionale al Teatro della Pergola di Firenze), primo esempio di studio sull’opera letteraria Don Chisciotte di Cervantes. Cuticchio realizza altri spettacoli su questo tema fino ad una originale trasposizione dell’opera di Cervantes tra narrazione, teatro da strada e opera dei pupi.

Non può non essere citata la direzione artistica del festival di teatro di figura e di narrazione La Macchina dei Sogni, giunto alla sua ventiquattresima edizione e ideato nel 1984 per onorare i cinquant’anni di attività artistica del padre Giacomo Cuticchio. Dal 1997 dirige la Scuola per pupari e Cuntisti, a Palermo. Dal gennaio 2005, in collaborazione con l’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica "Silvio D’Amico" ha avviato un corso di perfezionamento in opera dei pupi e cunto, presso il Teatro Duse di Roma e il Teatro e i Laboratori dell’Associazione "Figli d’Arte Cuticchio" a Palermo. Dal luglio 2005 è inoltre docente di Pratiche dello Spettacolo Popolare e di Figura presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Palermo.

L’ultima produzione (aprile 2007) è stata Aladino di tutti i colori, da una favola de Le mille e una notte, spettacolo indirizzato ad un pubblico multietnico e dedicato ai bambini di tutto il mondo.         





 
 

 


Lucia Leggio,
«Coazione allo spettacolo». L'Opera dei Pupi di Mimmo Cuticchio.

 



Maurizio Buscarino,
Dei Pupi
(recensione di Siro Ferrone)

 


 







Mimmo Cuticchio




 

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