Alla domanda che cosè un classico è facile rispondere che José Limon è un classico della modern dance americana. Pupillo di quella Doris Hamphrey che, insieme a Martha Graham, ha iniziato la rivoluzione copernicana della danza statunitense del primo Novecento.
Ballerino, coreografo, maestro, direttore di compagnia, ideatore della tecnica Limon, questo messicano doc, nato nel 1908 e morto nel 1972, è un autore che – per usare le parole di Sainte-Beuve - ha saputo arricchire “lo spirito umano”, si è espresso “in uno stile tutto suo”, “felicemente contemporaneo di tutte le epoche”.
Lungi dal voler legittimare uneccessiva e disinvolta “contemporaneizzazione” dei classici, lultimo enunciato di Sainte-Beuve coglie in realtà il senso della classicità di Josè, ovvero quella capacità di mantenere intatto nel tempo il proprio valore e di trasmettere il proprio messaggio, anche col mutare delle condizioni storiche.
Di fronte allobbligo morale ed artistico di non dimenticare un classico nellaccezione ‘sainte-beuviana del termine, ma tenendo anche presente quella ‘oraziana che privilegia lequilibrio e la bellezza dellopera darte, è di fondamentale importanza che a trentacinque dalla morte di Limon, e a sessantanni dalla fondazione della José Limon Dance Company, si tenga vivo un patrimonio orchestico di inestimabile valore, riuscendo a vincere loblio dei tempi e a salvare i capolavori del maestro di Culiacan.
Limon Dance Company
Fondata da José Limon e Doris Humphrey nel 1946 e diretta dal 1978 da Clara Maxwell, la José Limon Dance Company ha come scopo il recupero del repertorio della danza moderna americana ed è arrivata in Italia per celebrare il genetliaco.
Al Teatro Sistina di Roma, ultima tappa della tournée dopo Modena, Asti, Mestre, Trieste, ha presentato con successo Choreographic offering, The Moors Pavane e Psalm. Tre pezzi forti in cui è stato possibile riscoprire il codice espressivo di Limon con la sua danza maschia ed espressiva, il movimento dinamico e possente, luso del pavimento come fonte di energia, lequilibrata partitura di stampo ‘oraziano ma ‘sainte-beuviano nel tratteggio dei moti dellanimo.
Affascinato da Michelangelo e Bach e definito il “grande umanista“ della modern dance, Josè colpisce per la contemporanea classicità della sua poetica e questo nonostante lodevoli operazioni come quelle della Limon Dance Company possano portare alla “museificazione” del movimento.
Se infatti è esente da questo rischio la ripresa di coreografie passate, non lo è altrettanto la resa tecnica del movimento che, allinizio del terzo millennio, è cambiata rispetto a quella dei decenni in cui agiva Limon. I componenti della Limon Dance Company, pur nel loro generoso rigore, ballano con una qualità e una dinamica che sembra non aver risentito dellevoluzione del linguaggio del corpo degli ultimi decenni.
Oggi il ballerino deve mostrare una profonda coscienza del movimento che, a sua volta, deve trasparire dal lavoro sul corpo che deve essere flessibile, eppure forte, lungo eppure capace di contrarsi e vibrare come una corda di violino. I danzatori statunitensi sono davvero bravi ma i loro corpi compatti non ‘vibrano e renderebbero ugualmente omaggio al loro maestro se riuscissero ad ‘attualizzare il movimento ‘limoniano, senza peraltro snaturarlo.
Detto questo, simili considerazioni non inficiano la validità dellottimo spettacolo, vogliono semmai spingere ad unattenta riflessione sui cambiamenti che la tecnica ha subito nel tempo e come non si possa più prescindere da questi senza cadere nella “museificazione” della danza che, proprio per la sua natura di arte del movimento perennemente in fieri, non può e non deve essere cristallizzata in forme assolute.
Choreographic Offering è un lavoro creato nel 1963 in memoria di Doris Hamphrey e riproduce sullOfferta musicale di Bach gli inconfondibili stilemi ‘hamphreyani, filtrati dalla sensibilità dellallievo messicano.
A corona la coreografia si apre e si chiude con un ensemble di tredici elementi, mentre al suo interno si alternano soli, quintetti, duetti. In un continuum di vitalità, leggerezza, eleganza, gli occhi dello spettatore colgono il nitore del disegno compositivo, il gioco delle braccia nella classica posizione a volo di uccello o nella quarta posizione aperta in cambré, i salti poderosi in attitude, i continui attraversamenti del palcoscenico, accompagnati dal frusciare dei morbidi costumi firmati da Marion Williams e illuminati dalle luci pastello di Steve Woods.
Psalm, del 1967, è, come ha scritto Limon, “unevocazione del potere eroico dello spirito umano e del trionfo di questo sulla morte”. Ispirato ad unantica tradizione ebraica secondo cui tutto il male del mondo riposa in trentasei sapienti, chiamati “Lamed-Vov”, la coreografia ha avuto un nuovo allestimento di Carla Maxwell e una nuova partitura musicale di John Magnussen in occasione delle Olimpiadi Invernali nello Utah del 2002.
Con indosso pantaloni e tuniche dai colori delicati gli interpreti, accarezzati dalle luci di Steve Woods, alternano astratte sequenze solipsistiche e corali, dando voce allumanità ‘limoniana che ritrae “lultimo dei Giusti” nella sua dolente e composta danza di dolore, nel suo ‘dialogo a distanza con il gruppo, simbolo di unumanità ignara eppure sofferente.
Vero e proprio capolavoro, The Moors Pavane su musica di Purcell, arrangiata da Simon Sadoff, è una creazione del 1949 che mette in scena non la fabula shakespeariana di Otello ma lintreccio delle passioni rappresentate da quattro emblematiche figure: il Moro, la moglie del Moro, lamico del Moro e la moglie dellamico.
Limon Dance Company
Negli splendidi costumi rinascimentali di Pauline Lawrence, bordeaux il Moro, ocra lamico, marrone la moglie dellamico, bianco la consorte del Moro, i quattro protagonisti danno corpo ai sentimenti con una danza che intreccia stilemi moderni a inchini, volte e riverenze secenteschi, tipici di una danza di corte come la pavana.
Limon, focalizzando lattenzione sugli stati danimo, mette in scena il furor amoris di Otello, linnocenza di Desdemona, la perfidia di Iago, lincoscienza di Emilia, in un balletto di incredibile concisione e profondità, rese ancora più e videnti dal linguaggio del corpo. La danza possente del Moro, un bravo Francisco Buvalcaba, stride con quella scivolosa e insinuate di Jago, il convincente Roel Seeber, e si scontra con quella ineffabile della moglie, una deliziosa Roxane dOrlèans Juste, a sua volta circuita dai modi eleganti di Ryoko Kudo nel ruolo di Emilia.
Tutto, anche per leffetto luci di Steve Woods, si snoda in unatmosfera claustrofobia e dimostra quanto ancora, al di là degli anni trascorsi, José sappia toccare le corde giuste ed essere un classico per eccellenza.
|
|