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Come la levità di un ventaglio può scatenare il turbine dei sentimenti

di Carmelo Alberti
  Massimo de Francovich
Data di pubblicazione su web 14/02/2007  

Nell’ambito della regia contemporanea Luca Ronconi è l’artista che nel corso di una lunga e intensa carriera ha saputo coniugare al meglio genialità ed esperienza, applicandola sia al grande repertorio drammatico, sia a testi eccentrici, fuori dal contesto della tradizione. Le sue soluzioni sfuggono quasi sempre ad ogni possibile classificazione formale, perché sa muoversi con sicurezza lungo il tracciato della teatralità allo stato puro, e agisce svelando la matrice segreta del sistema scenico e dei suoi meccanismi, ponendo spesso in primo piano la finzione e l’apparato su cui si basa la comunicazione teatrale.

Così è accaduto con la messinscena del Ventaglio di Carlo Goldoni, in cartellone al Piccolo Teatro di Milano, prima di raggiungere l’Odéon di Parigi e altre capitali europee. Il capolavoro della maturità e dell’esilio parigino del commediografo veneziano offre a Ronconi una materia semplice e insieme complessa, utile comunque a sviluppare un’azione esplorativa ad ampio raggio. L’impronta impressa dal regista lascia senza fiato già all’alzarsi del sipario, per quel disporre in una fissità ritagliata i personaggi di una commedia, basata sulla coralità, alla stregua di figurine di un dipinto d’epoca, alla Pietro Longhi, in un ambiente aperto/chiuso, descritto con sobria efficacia dalla scenografia di Margherita Palli, dai fini costumi di Gabriele Mayer, dalle luci dettagliate di Gerardo Modica e dalle limpide musiche di Paolo Terni.

Il ventaglio nelle mani di Candida
Il ventaglio nelle mani di Candida


All’inizio, dunque, ciascun abitante della Villa delle Case Nove, nel milanese, enuncia la sua collocazione sociale, dicendo la didascalia che lo riguarda; poi, s’avvia a vivere una quotidianità monocorde e goffa, fuori dal tempo, i cui gesti e parole si ripetono quasi stancamente. In tal modo, si dilata il sistema spazio-temporale entro il quale i protagonisti agiscono alla stregua di varianti del sentimento e dell’emozione, fino al limite del caricaturale. Ad uno ad uno costoro suggeriscono la chiave del loro carattere, manifestano in modo impalpabile, quasi per caso, una concordanza di toni interiori, che rimandano allo stadio primario della solitudine e dello smarrimento.

In un piccolo borgo sperduto tra le campagne del territorio milanese, simbolicamente a metà strada tra Parigi, dove nel 1765 Goldoni risiede, e Venezia, città in cui continua a inviare le sue opere, contadini sempliciotti e artigiani furbastri, borghesi in ascesa e nobili sopravvissuti dichiarano in pubblico il disappunto (talvolta vestito da vano orgoglio) di essere là, chiusi nella gabbia del consueto. Proprio per questo esprimono una vasta ed eterna tipologia di sensibilità.

Un momento dello spettacolo
Un momento dello spettacolo


Sopra una passerella-balcone sospesa nel vuoto, quasi a mezz’aria tra terra e cielo, s’affacciano la signora Gertruda e la nipote Candida, mentre sotto, distesi sul palcoscenico, s’incastrano il desco del ciabattino Crespino, l’osteria di Coronato, la merceria di Susanna, la farmacia di Timoteo e la bottega da caffè di Limoncino: è un groviglio inestricabile che unifica l’ambito del lavoro e quello dello svago, in cui scorazzano Evaristo, un borghese gaudente e cacciatore, un Barone del Cedro affettato e fuori posto, un Conte di Rocca Marina spiantato e visionario. Oltre le quinte, poi, s’immagina la terra che coltivano il rude Moracchio e la vivace sorella Giannina. L’asprezza dei loro dialoghi, che Ronconi accende di violenza a stento trattenuta, nasce da un segreto rancore che li fa gridare o parlare sopra le righe, irrompe sotto la monotonia delle azioni di ogni giorno.

Poi, la rottura del flabello caduto dalle mani di Candida, spinge Evaristo all’acquisto presso la modista di un altro ventaglio, quello che passando di mano in mano recherà scompiglio e disordine. Proprio come avviene in una commedia degli equivoci o in una pochade, Evaristo affida l’oggetto a Giannina, alla contadina contesa da Crespino e Coronato; ma per equivoco e maldicenza Candida si convince che il suo promesso le preferisca la palpitante popolana. La saggia e malinconica Gertruda, l’affettato pretendente Barone, il malandato Conte di Rocca Marina, il depresso speziale Timoteo, l’effeminato garzone Limoncino, il rustico Moracchio contribuiscono a complicare un testo in cui Goldoni sperimenta un’inedita soluzione del proprio sistema teatrale.

Ronconi accentua e arricchisce il contrasto fra linguaggio e gestualità, spingendo gli attori ad esagerare la tensione, nata forse dalla delusione di non poter raggiungere l’oggetto del desiderio.

Le scene di Margherita Palli
Le scene di Margherita Palli


Sulla scia del lieve e sfuggente ventaglio, che ad un certo momento svolazza liberamente in aria, sobbalzano i cuori e s’accendono le rivalità, nascono trambusti e parapiglia, ci si sfida alle pistole, tra corse ad ostacoli, sussurri e grida. Evaristo e Giannina, più che padrone e serva, paiono due giovani morbosamente avvinghiati, mentre sospirano per i rispettivi amanti. Candida accentua i tratti di una stinta figura di donna che teme di rimanere zitella. La zia Gertruda si fa saggia per rassegnazione; il Conte si rifugia nelle favole per nascondere la perdita della sua autorevolezza e l’inutilità della sua protezione; e così via.

Il fragile svolazzare del ventaglio provoca, per un effetto a catena, una tempesta di vento che solleva in aria gli scenari e rovescia gli arredi e i mobili. È un passaggio di grande effetto, che infrange l’immobilità del quadro iniziale, lascia smarriti gli abitanti delle Case Nove, polverizza le differenze sociali. Quando, infine, il frastuono si placa è tempo di confermare le unioni tra le coppie promesse, come vuole la convenzione. Ma gli oggetti stentano a tornare al posto di prima; non solo il ventaglio, ma anche sedie, tavoli e balconate risentono del caos che finalmente li ha rianimati.

Bravi e applauditi con trasporto l’intera schiera di interpreti: Giulia Lazzarini è Gertruda, ragionevole e amabile governatrice del borgo; Massimo De Francovich fa del Conte un elegante quanto inutile maître du village; Raffaele Esposito esalta abilmente le voglie erotiche di Evaristo; Pia Lanciotti sospira perdutamente le pene d’amore di Candida; Giovanni Crippa protende il suo Barone, che appare un estraneo, fuori dai confini del paese; Riccardo Bini è un Timoteo orgogliosamente incapace; Federica Castellini dona alla figura di Giannina l’irruente sessualità di una ragazza che tutti vogliono soggiogare; Francesca Ciocchetti recita la pettegola e maliziosa merciaia; Gianluigi Fogacci è un oste senza ritegno; Simone Toni brilla nelle vesti di Crespino ora candido ora terrigno; Giovanni Vaccaro è un aspro Moracchio e Pasquale Di Filippo un orgoglioso Limoncino.

Si ride e si pensa dinanzi al Ventaglio realizzato da Ronconi perché, al pari degli altri suoi viaggi goldoniani, propone agli spettatori una sorprendente prospettiva scenica e critica, che oltrepassa i limiti della rappresentazione e proietta in avanti, negli anni a venire, la drammaturgia del grande veneziano.




Il ventaglio
cast cast & credits
 


Foto di Marcello Norberth

 



 

Giulia Lazzarini e Federica Castellini
Giulia Lazzarini e Federica Castellini

 

 


Piccolo Teatro di Milano






 

 
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