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Bentornati

di Roberto Fedi
  Cochi & Renato
Data di pubblicazione su web 12/01/2007  
Ci volevano Renato Pozzetto (classe 1940), Aurelio Ponzoni detto Cochi (1941), e ancora Enzo Iannacci (1935) e il ‘giovane’ Massimo Boldi (1945) per farci stare finalmente un paio d’ore, mercoledì 10 gennaio, davanti al televisore in prima serata senza bestemmiare o cambiare canale ogni cinque minuti (sul terzo c’era una inutilissima partita di calcio, Roma-Parma, che abbiamo lasciato perdere volentieri). Quindi: bentornati, ragazzi.

Ci riferiamo alla prima delle quattro puntate dello show Stiamo lavorando per noi (mercoledì, Rai due), che è forse la cosa migliore quanto a varietà che si sia vista in Tv da un po’ di tempo. Si sa che i due, Cochi & Renato, dopo i fortunatissimi inizi prima cabarettistici (il Derby di Milano) e poi televisivi (ma ormai sono passati più di trent’anni…), si erano divisi. Il secondo, Renato Pozzetto, per una serie lucrosa di filmetti che l’avevano, a dire la verità, imbolsito fino a perdersi; il primo per una poco felice e breve stagione di film non banali ma per lui ben poco produttivi, un silenzio lunghissimo, e un ritorno ansioso in televisione con Paolo Rossi, a nostro parere scadente. Nel 2005 a Zelig c’era stato un recupero dei due in coppia, auspice il conduttore Bisio: francamente affannato, ma di successo. Da lì, probabilmente, l’idea di una rentrée.

Che è stata ben preparata e ben realizzata. L’idea è quella di una strada (la scenografia è bella) in cui arrivano, per cui transitano e su cui si affacciano vari personaggi. Nel mezzo loro due, all’inizio un po’ impacciati (i ‘tempi’ comici non si improvvisano), e poi sempre più disinvolti. Niente operazione nostalgia (è una mossa intelligente), ma interventi un po’ surreali come nella loro specialità, in cui i mezzi poveri si giustificano come ‘segni’ di un altrove più mentale che reale – in questo senso l’ambientazione ‘di strada’ è geniale. La regia, di Paolo Beldì, non fa acrobazie proprio perché è al servizio degli attori. I testi sono quasi sempre appropriati, e salvo qualche caduta – ma limitata – discreti e intelligenti.

In questo generale clima di soddisfazione (finalmente uno spettacolo di varietà fatto col cervello, vivaddìo), due cadute e due lietissime sorprese. La prima caduta, rovinosa. Cosa ci stia a fare in questo contesto sobrio, quasi delicato, la sguaiata Simona Ventura (che con il duo inscena una lunga e noiosa parodia dell’Isola dei famosi da vergognarsi, anche per Renato e Cochi), non si sa. La Ventura sa solo gestire il nulla, e qui c’è invece sostanza. Speriamo che non si veda più. La seconda: cosa ci stia a fare eccetera l’imitatore Max Giusti che imita Malgioglio, è ancora più misterioso. È costui infatti un mistero, per noi: non fa ridere, è il tipico intrattenitore da domenica pomeriggio postprandiale, non è neanche simpatico. Boh. Speriamo che anche lui scompaia.

Due grandi ritorni. Iannacci, quasi 72 anni, bravissimo e qui, fra amici, meno nevrotico e scostante di come lo ricordavamo. E Massimo Boldi, strepitoso. Viene da mangiarsi i gomiti a pensare come questo grande attore surreale sia stato utilizzato nei filmacci di Natale e in televisione. Speriamo di rivederli. Bene gli altri, come si diceva una volta: anche se inutili, onestamente (Bebo Storti redivivo, e qualche altro comico senza infamia e senza lode ma, grazie al cielo e agli autori, per interventi brevissimi).

Insomma, qualche volta ritornano. Per fortuna.





 
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