E' un "coreoAutore" con la A maiuscola il valenciano Nacho Duato, ballerino e direttore della Compania National de Danza. L'organico nato nel 1979 come Ballet Nacional de Espana Clàsico e dal 1990 diretto da Duato. Succeduto nella direzione artistica a Victor Ullate, Marìa de Avila e Maya Plisetskaya, Nacho ha dato nuovo smalto alla formazione contribuendo alla cosiddetta rinascita 'duatiana'. Una renovatio che nel rispetto della tradizione accademica ha rimodellato la compagnia allinsegna dell'eclettismo stilistico e della versatilità interpretativa. Doti particolarmente apprezzate al Teatro Romolo Valli di Reggio Emilia in occasione della prima italiana di Gilded Goldbergs, Castrati e White Darkness, il trittico di Nacho Duato.
La compagnia sotto l'egida di Nacho ha affrontato il repertorio contemporaneo dautore, ha interpretato apprezzati lavori del direttore (Concierto madrigal, Duende, Mediterrania, Per vos muero, Multiplicidad, Formas de Sylencio y Vacìo, L'Amoroso), ha varcato i patrii confini ottenendo tali e tanti consensi da essere considerata il fiore all'occhiello della coreutica iberica odierna. Gratificazioni che, di pari passo, sono andate anche al volitivo artista spagnolo insignito dal governo nel 1998 della Medaglia d'oro al merito in Belle Arti, vincitore nel 1999 del Premio "Benois de la Danse" (XI edizione) e del Premio Nacional de Danza 2003.
Nacho Duato
Nacho, formatosi alla Rambert School di Londra, al Mudra di Béjart, all'Alvin Ailey American Dance Centre di New York, ha iniziato la carriera di ballerino nel 1980 presso il Cullberg Ballet e poi dal 1981 nel Nederlands Dans Theater di Jirì Kyliàn. La compagine che lo ha lanciato come tersicoreo e come coreografo consentendogli di creare Jadi Tancat (1983), Synaphai (1986), Arenal (1988), Cor Perdu (1989). Prove "d'autore" che sono state il trampolino di lancio per altri balletti commissionati dal Cullberg Ballet, lo Stuttgart Ballet, il Royal Ballet, lAmerican Ballet Theater, l'Australian Ballet, e dai quali traspare l'innegabile influenza del mentore Kyliàn. Una filiazione che il dancemaker di Valencia rivendica ma dalla quale ha preso le distanze riuscendo a sposare la limpida e astratta 'nordicità' del maestro praghese con la sua solare e vigorosa 'ibericità'. Una commistione che ha generato uno stile inconfondibile e individuato in Nacho il "Kyliàn ispanico".
La danza 'duatiana' è infatti "rappresentativa" in quanto, sulla base della lezione 'kyliana', nasce da un continuo dialogo con la partitura musicale ed esiste nel momento in cui rappresenta se stessa, ma anche "militante" perché all'insegna del classico "utile miscere dulci" veicola messaggi e contenuti morali. E proprio questa militanza, che fa capo ad una idea di "bellezza etica", è evidente nel secondo e terzo balletto della serata reggiana, Castrati del 2002 e White Darkness del 2001, che affrontano temi scottanti del passato e del presente.
Castrati
Il primo con l'atroce consuetudine praticata ancora nel Settecento di evirare i bambini per avviarli alla professione di cantanti come accadde al celebre Farinelli, spinge a riflettere sulla prevaricazione di individui su altri individui. Il secondo, includendo nel 'poetabile' in danza un argomento come la dipendenza dalla droga, si sofferma sull'abisso fisico e mentale a cui condanna l'eroina. La "bianca oscurità" dell'ossimoro scelto come titolo. Castrati, su musica di Vivaldi, è un balletto maschio non solo per la presenza di otto splendidi uomini in corsetto e gonna nera disegnati da Francis Montesinos, ma anche per l'atmosfera che si respira. La violenza di gruppo nei confronti della vittima sacrificale, simbolicamente in calzamaglia e body color carne, risalta grazie a luci potenti, a tratti 'taglienti', ideate da Brad Fields, e a un susseguirsi di ensemble e duetti in cui esplode la prorompente fisicità 'duatiana'. La coreografia trasuda violenza ed emblematici sono le sequenze marziali di certi passaggi, il tentativo di fuga del cantore che esprime la sua disperazione con un linguaggio di matrice neoclassica ma contemporaneo nella contorsione del corpo, nelle gestualità delle braccia, nell'uso dello spazio, nella disarmonia dei "legati". Una disarmonia solo apparente e improntata all'elegante fluire del disegno coreografico e al "buon gusto", lo stesso "buon gusto" che, nonostante la tematica affrontata, caratterizza anche White Darkness.
Entrato nel repertorio dell'Opéra di Parigi, White Darkness è un "balletto etico" sul potere distruttivo della polvere bianca e Duato per renderlo visibile mette in scena la sconfitta dell'Amore, unico possibile baluardo contro l'incombere del male. In un'ambientazione plumbea e minimale, a tratti rischiarata da lampi luminosi di Joop Caboort, i protagonisti, vestiti di scuro da Lourdes Frìas, ballano una danza di morte inanellando una serie di intensi passi a due sulle musiche di Karl Jenkins. E se 'kyliana' può apparire la successione di duetti e insiemi, nei tipici corpo a corpo con le gambe che ostacolano o favoriscono il congiungimento, la creazione risplende di luce propria nei disperati abbandoni e ritorni della coppie, nell'energia dei contatti, nell'irresistibile richiamo dell'eroina che, vera protagonista di White Darkness, ruba la scena finale inondando dall'alto una danzatrice e sommergendola.
L'amato Bach torna a costituire la fronte di ispirazione di Duato per Gilded Goldbergs, la creazione che ha debuttato al Teatro de la Zarzuela di Madrid a metà novembre. Presentato in apertura della serata reggiana ed esempio di "danza rappresentativa" 'duatiana', Gilded Goldbergs è un balletto che si riverbera nella riscrittura per due pianoforti delle "Variazioni Goldbergs" di Bach. Una partitura del compositore Robin Holloway che, daccordo con Duato, ritiene utile e stimolante "ritrascrivere" un capolavoro per infondergli nuova vita. Il coreografo spagnolo nella mise en danse utilizza simbolicamente un coltello che trapassa lo spartito e poi trafigge un redivivo Bach, fa calare dall'alto un pianoforte da cui scivolano pagine di pentagramma e cadono su una donna, 'costringe' i ballerini in abiti scuri a ridanzare la partitura affidando a Brad Fiels il disegno delle luci.
In Gilded Goldbergs la "danza rappresentativa" ha il sopravvento e con eleganza le "Variazioni" di Bach-Holloway si sposano alle "Variazioni" di Duato in un continuo dialogo tra partitura coreografica e musicale. Un'interrelazione impreziosita da una concatenazione di passi e sequenze da cui traspare, come del resto nella "danza militante" di Castrati e White Darkness, la bravura della Compaņia National de Danza e la genialità di Nacho Duato, novello hidalgo della danza spagnola.
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