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Modena culla i sogni dell'infanzia

di Roberta De Piccoli
  Il Principe Granchio
Data di pubblicazione su web 01/12/2006  

La mostra dedicata alle Meraviglie del mare (Dipartimento del Museo di Paleobiologia e dell’Orto Botanico-Università degli studi di Modena e Reggio Emilia), presente in questi giorni al Foro Boario di Modena, appare in efficace sintonia con la prima assoluta del ''sogno lirico da camera'' Il Principe Granchio (la nuova opera commissionata dal Teatro Comunale di Modena) che ha avuto luogo domenica 12 novembre nel Teatro musicale della città.

Gli esperti autori (molteplici e pluriennali le esperienze messe in pratica con l’Arte dedicata ai ragazzi dal Maestro Paolo Furlani e da Marcello Chiarenza, per l'occasione anche librettista, ma soprattutto celebre regista-scenografo), infatti, prendendo spunto dalla fiaba veneziana El Granzio (più nota al pubblico nella versione di Italo Calvino) si sono divertiti a giocare con un soggetto marino più o meno reale, più o meno fantasioso.

Il Principe Granchio (gli interpreti)
Il Principe Granchio (gli interpreti)


Il prodotto si è offerto come la rappresentazione sono-visiva di una quotidianità improbabile, possibile solo nelle fiabe e percepibile come sogno, appunto, ma essenziale per assimilare a livello inconscio ipotesi e soluzioni che aiutino i bambini (e gli adulti) ad affrontare più o meno serenamente i momenti di 'crescita' e la vita di tutti i giorni. L'immaginario simbolico popolare è stato proposto attraverso rivisitazioni contemporanee basate su un uso sperimentale del linguaggio musicale ed effetti speciali non macchinosi, ma raffinati (molto suggestive, ad esempio, le apparizioni e i movimenti della scala, della luna e della medusa).

Due sono state le caratteristiche più incisive e più direttamente decodificabili.

La prima, la più originale, è stata la ricerca di un'unità simbiotica, di scambio, di fusione tra gli elementi naturali del cielo e quelli del mare (simboleggiati dall’immagine di un'«onda in cui galleggia una piuma»). Al 'blu', in pratica, è stata attribuita la funzione di 'luogo nuovo' dove i pesci volano e gli uccelli nuotano; il colore, assimilato al mondo degli opposti, dei contrari, della molteplicità, è servito per suggerire una realtà dove il paradosso può diventare sinonimo di alterità verificabile, di verità relativa.

La seconda è stata una scelta più 'classicamente' novecentesca, condotta sull'uso dei concetti di Benjamin Britten, che voleva il pubblico (soprattutto quello giovanile) direttamente implicato nelle sue rappresentazioni come protagonista attivo. Per il compositore inglese l'Opera doveva essere intesa, musicalmente e civilmente, come uno dei momenti didattici, pedagogici ed educativi più intensi e doveva perciò avere spazi attivi per tutti (interpreti, musicisti e spettatori).

Il pensiero è stato anche sottolineato ed espresso pubblicamente in una chiara e generosa esposizione concessa dai due creatori al pubblico dell'Invito all'opera, svoltosi al Ridotto del Teatro nel pomeriggio antecedente la prima.

La 'chiave' di ricerca principale per la creazione musicale è stata la conoscenza del mare (già oggetto di studio per Paolo Furlani con il lavoro sinfonico Mare monstrum del 2004, prodotto per la Biennale di Venezia), anzi, una indagine puntigliosa svolta sulla nascita e la formazione delle onde, sul loro ampliarsi e restringersi (basata su formule applicate dalla matematica e dalla geometria). Questa ha trovato una soluzione felice nella riproduzione di schemi sonori e ritmici (in gergo definiti serie) posti dal basso all'alto in progressione discendente o retrograda inversa e in modo direttamente proporzionale, per cui maggiore era la distanza delle altezze, maggiore era anche il valore dei suoni e viceversa. Per quanto riguarda il contesto letterario, invece, la meditazione più rilevante è stata destinata all'elemento salvifico della ''piuma'' (che Calvino nella sua traduzione ha modificato in ''fiore''), alla quale è più conducibile un concetto di 'volo'.

Il Principe Granchio
Il Principe Granchio


Questi sono stati, in pratica, il centro propulsivo dal quale ha preso avvio la creazione dell'intera opera. E, difatti, il ''cielomare'' o ''acqualuce'', concordemente suggerito da partitura, libretto e soluzioni scenografiche, si è presentato come il soggetto principale, ha assunto le vesti di vero protagonista. Esso ha avuto la capacità di condurre il pubblico ad una sorta di stato fetale, nel quale movimenti, immagini, oggetti e suoni della fiaba giungono a livello cosciente e incosciente come flashes nel fluttuare del liquido amniotico. Implicitamente si sono trovate a coincidere, così, sia la teoria che vede l'uomo come un essere evoluto dai pesci (questi furono i primi vertebrati apparsi sulla terra 350 milioni di anni fa circa), sia le varie enunciazioni colte e popolari sull'origine della musica e sulla sua percezione come flatus e come agua, come aria, come mare che genera e avvolge (limitandoci a due esempi: nella tradizione ebraica l'alito/il soffio divino fu un suono, e per i teorici trecenteschi, tra i quali Philippe de Vitry, era assodata l'opinione che il termine musica derivasse da ''Moys' e da ''Ycos'', da loro tradotti come acqua e come scienza).

La presenza del granchio appare, in questo modo, un mero pretesto (e poco appare di 'granchiesco' in effetti in scena), manifestandosi più come opzione di un archetipo, di un modello, come una semplice scelta 'fiabica' (ben congeniata, in questo senso, l'idea di non attribuire un unico interprete ad ogni personaggio, che intreccia e sviluppa, invece, uno scambio continuo tra evento narrato e momento vissuto).

Veneziana la fiaba, veneziani gli autori (anche se non oriundi), veneziana la ricreazione d'ambiente. Tempo, spazio, personaggi, suoni… tutto è stato percepito come sospeso in un velo, anzi in una luccicante e iridescente rete da pesca, in un modus che solo a Venezia è più direttamente avvertibile.

Un 'sogno' veneziano, dunque. Un sogno ricorrente per Modena. Già nel 2004, infatti, con Lavinia Fuggita di Sandro Cappelletto e di Matteo D'Amico, Venezia è stata protagonista dello stesso palcoscenico, ma se quella veniva proposta ricca di suggestioni e pulsioni tardoadolescenziali, questa si manifesta più fiabesca e delicatamente dedicata all’infanzia.

È mancato a Il Principe Granchio un po' di fuoco…A parte qualche accorgimento tecnico (in particolare per ciò che riguarda il coinvolgimento del pubblico che, evidentemente troppo abituato al torpore televisivo, non si aspetta di dover partecipare ad un'invasione di suoni), facilmente risolvibile per la prossima esecuzione primaverile a Lucca, non è risultata all'altezza del prodotto musico-scenico, purtroppo, la qualità degli interpreti (meritano di essere citate solo la simpatica attrice Tamara Balducci, e la piacevole, anche se migliorabile, soprano Cristina Baggio). In generale, la presenza scenica si è dimostrata un po' deludente e le voci sono apparse poco espressive, sottratte anche della loro virtuale potenza dall'orchestra, che in più occasioni ne ha sovrastato il canto a scapito della comprensione del testo (impetuosi e non sempre amalgamati i giovanissimi interpreti dell'Orchestra da Camera del Teatro diretti da il giovane direttore Federico Longo); di buon livello l'intervento del Coro di Voci Bianche preparato da Melitta Lintner.

Le onde della sinfonia
Le onde della sinfonia


Il problema della qualità del cast, però, è una questione non nuova nell'ambito dell'Opera per ragazzi. Non esiste, infatti, una sorta di specializzazione nel settore (Modena, forse, vuole provarci con i Corsi di Alta Formazione all'Istituto di musica ''Orazio Vecchi''): i grandi nomi si rifiutano di prendevi parte (per gli scarsi guadagni e per la non facile 'repertorializzazione' delle produzioni), i giovani interpreti spesso si trovano, loro malgrado, incapaci di gestire l'emozione.

Un dato, questo, che dovrebbe far riflettere, assieme al fatto che ad occuparsi di produzioni e commissioni di questo tipo sia un Teatro di tradizione e non un Ente Lirico… Certi, dunque, che gli sforzi profusi dal Teatro Comunale di Modena per la gioventù porteranno a dei benefici sempre più concreti nell'ambiente culturale italiano, unendoci all'applauso finale di Rajna Kabaiwanska, ci appropriamo della frase conclusiva della Storia della Foresta che si vendica, dello stesso Calvino, per parafrasare il ritornello finale del Principe Granchio, nell’attesa fiduciosa del «giorno in cui un volo di piuma butterà giù la torre di Nembrotte, per nuotare nel cielo quaggiù» invasi dalla consapevolezza musicale!





Il Principe Granchio
Un sogno lirico da camera


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